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Alterazioni metaboliche degli antipsicotici di seconda generazione nell'Alzheimer |
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Inserito il 10 marzo 2010 da admin. - neurologia - segnala a:
Uno su 5 dei pazienti con malattia di Alzheimer ha sviluppato un incremento ponderale significativo dopo 36 settimane di trattamento con antipsicotici atipici.
I sintomi neuropsichiatrici sono altamente prevalenti nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer e gli antipsicotici di seconda generazione sono frequentemente utilizzati per il loro trattamento. Questi farmaci, in modo particolare l’olanzapina, sono associati all’insorgenza di alterazioni metaboliche in modo particolare ad aumento ponderale, aumento del rischio di diabete mellito ed alterazioni del profilo lipidico nei pazienti affetti da schizofrenia. Per quanto riguarda i pazienti con malattia di Alzheimer non è stata effettuata una valutazione sistematica degli effetti degli antipsicotici di seconda generazione in questi soggetti.
Questo studio ha valutato gli effetti degli antipsicotici di seconda generazione sui fattori metabolici mediante un’analisi prospettica dello studio CATIE-AD (*), utilizzando le valutazioni metaboliche effettuate all’inizio e durante lo studio di origine. Gli outcome dell’analisi erano le variazioni ponderali e altre misure metaboliche dal basale all’ultima osservazione.
Sul totale dei 421 pazienti, non sono state rilevate differenze nelle caratteristiche basali tranne che per la pressione sistolica media (p=0,02). Circa la metà dei soggetti era in trattamento antipertensivo, il 60% assumeva anticolinesterasici o memantina, il 24% ipolipemizzanti e il 10% ipoglicemizzanti orali.
Durante il trial 349 pazienti (83%) hanno ricevuto un antipsicotico di seconda generazione per almeno un giorno, mentre 72 (17%) non sono stati esposti a questi farmaci perché hanno assunto citalopram, placebo o trattamenti differenti da quelli in studio. Questi pazienti costituivano il gruppo di controllo. La durata del trattamento variava da 0 a 46 settimane, con una media di 12,1 settimane di terapia. Tra i soggetti sottoposti alla terapia con i farmaci in studio il 21% assumeva olanzapina, il 18% quetiapina e il 17% risperidone. Il 12% dei pazienti assumeva olanzapina e quetiapina, il 12% quetiapina e risperidone e il 7% tutti e tre gli antipsicotici.
Dall’analisi statistica dei dati è emerso che la durata della terapia con antipsicotici era fortemente correlata all’incremento ponderale (p=0.02). Nei pazienti che hanno assunto antipsicotici atipici si è assistito ad un incremento del BMI di 0.02 kg/m2 per ogni settimana di trattamento (p=0.006) con una significativa correlazione tra la durata della terapia ed il sesso (p=0.005). Le donne hanno mostrato un incremento settimanale nel BMI di 0.03 kg/m2 (p=0.004) a differenza degli uomini (-0.003 kg/m2 ogni settimana, p=0.64). Questa differenza era verosimilmente dovuta al fatto che la donna anziana ha una maggiore massa grassa rispetto all’uomo, di conseguenza è più suscettibile all’incremento ponderale.
Se confrontati con il gruppo di controllo i pazienti sottoposti a terapia con antipsicotici di seconda generazione dopo 24 settimane di trattamento presentavano maggiori probabilità di avere un incremento ponderale clinicamente significativo, definito come un aumento del 7% del peso originario. L’aumento ponderale era simile per olanzapina, quetiapina e risperidone. Il trattamento con olanzapina era inoltre associato ad aumento della circonferenza addominale e riduzione dei valori ematici di HDL. Non sono state notate influenze degli antipsicotici sui livelli di pressione arteriosa sistolica o diastolica, glicemia o trigliceridemia.
Rappresenta un limite il fatto che molti pazienti hanno cambiato la loro terapia nel corso del trial, solo 78 soggetti hanno concluso il trial con lo stesso farmaco con il quale hanno iniziato. Inoltre il fatto che i dati di laboratorio siano stati raccolti ogni 12 settimane non ha permesso di rilevare le variazioni rapide di glicemia e trigliceridemia.
Il 20% dei pazienti con malattia di Alzheimer ha sviluppato un incremento ponderale significativo dopo 36 settimane di trattamento con antipsicotici atipici. In particolare i pazienti trattati con olanzapina hanno dimostrato sfavorevoli variazioni nei livelli ematici di HDL e di grasso addominale. Tutti questi sono rischi addizionali da considerare quando si intraprende una terapia per i disturbi comportamentali in questi soggetti.
(*) Lo studio CATIE-AD, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato versus placebo ha valutato l’effetto di 36 settimane di trattamento con antipsicotici di seconda generazione sulla psicosi e sull’agitazione di pazienti affetti da malattia di Alzheimer. Era suddiviso in 4 fasi; nella fase 1, 421 pazienti (186 uomini e 235 donne, età media 77,9 anni) sono stati randomizzati ad olanzapina, quetiapina, risperidone o placebo secondo un rapporto 2:2:2:3; nella fase 2, i pazienti che non traevano giovamento dalla terapia in fase 1 venivano randomizzati in doppio cieco ad uno degli altri antipsicotici o all’antidepressivo citalopram. I pazienti che hanno interrotto la fase 2 entravano in fase 3 venivano randomizzati ad un farmaco in studio ma il disegno era in in aperto. I pazienti avevano anche la possibilità di passare da una qualunque delle 3 fasi ad una fase in aperto nella quale erano sottoposti a terapia con un farmaco non in studio.
Conflitto di interesse
Due ditte farmaceutiche hanno contribuito a finanziare lo studio. Diversi autori dichiarano di avere ricevuto fondi da varie ditte farmaceutiche.
Dottoressa Daniela Carli
Riferimento bibliografico
Zheng L et al. Metabolic changes associated with second-generation antipsychotic use in Alzheimer's disease patients: the CATIE-AD study. Am J Psychiatry 2009;166: 583-90
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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