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Stent medicati con paclitaxel versus stent metallici nell'infarto miocardico |
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Inserito il 18 marzo 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
In pazienti con infarto del miocardio con innalzamento del tratto ST sottoposti a PCI, rispetto agli stent metallici, l’impianto di stent medicati con paclitaxel ha ridotto l’incidenza di restenosi valutata angiograficamente e di ischemia ricorrente che necessita di ripetute procedure di rivascolarizzazione entro il primo anno.
In pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST, gli stent metallici riducono il rischio di ischemia ricorrente e di riocclusione e la conseguente rivascolarizzazione della lesione target con ripetuti interventi coronarici percutanei (PCI) o bypass. Nonostante ciò, in >20% dei pazienti con impianto di stent metallici si verifica una restenosi. Inoltre, in pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST, rispetto all’angioplastica con palloncino, gli stent metallici non hanno ridotto la mortalità nè l’incidenza di reinfarto. Rispetto agli stent metallici, gli stent medicati riducono l’iperplasia neointimale e si sono dimostrati sicuri ed efficaci nel trattamento di lesioni semplici in pazienti con coronaropatia stabile. Tuttavia, quando l’impianto di stent medicato viene effettuato in pazienti ad alto rischio e con lesioni più complesse, l’incidenza di rivascolarizzazione della lesione target, di trombosi dello stent e la mortalità aumentano.
Lo studio HORIZONS-AMI, un RCT multicentrico (tra cui gli Ospedali Riuniti di Bergamo), ha confrontato gli stent medicati con paclitaxel e quelli metallici in pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST. Il trial comprendeva due fasi di randomizzazione per consentire un confronto tra bivalirudina (un inibitore diretto della trombina) da sola con eparina+inibitori della glicoproteina IIb/IIIa e tra stent medicati con paclitaxel e quelli metallici.
Sono stati inclusi nello studio i pazienti (età >18 anni) che si sono presentati entro 12 ore dall’insorgenza dei sintomi e con innalzamento del tratto ST >1 mm in >2 derivazioni vicine, blocco di branca sinistra di nuova insorgenza o infarto miocardico posteriore. Sono stati esclusi i pazienti con controindicazioni ai farmaci in studio o con patologie che aumentano il rischio di emorragia e che non potevano assumere clopidogrel per 6 mesi dopo la procedura. Dopo la prima randomizzazione, è stata effettuata un’angiografia coronarica d’urgenza con ventricolografia sinistra e, in seguito, i pazienti sono stati assegnati a ricevere un trattamento con PCI o by-pass (CABG). I pazienti sono stati considerati eleggibili per impianto di stent medicato con paclitaxel o metallico se nell’arteria, correlata all’infarto acuto, tutte le lesioni che richiedevano PCI avevano un diametro compreso tra 2,25 e 4 mm, senza eccessive tortuosità o calcificazioni. I criteri di esclusione di tipo angiografico comprendevano un impianto di stent programmato di un’arteria principale sinistra non protetta (cioè un’arteria principale sinistra senza bypass aperto verso l’arteria discendente anteriore sinistra o l’arteria circumflessa sinistra), una lesione alla biforcazione che necessitava di impianto di stent sia nel vaso principale sia nella branca laterale, una lunghezza dello stent >100 mm, un infarto per trombosi dello stent e la necessità di effettuare un bypass entro 30 giorni.
I pazienti risultati eleggibili sono stati randomizzati secondo un rapporto 3:1 a stent medicato con paclitaxel (TAXUS Express, Boston Scientific) o stent metallici (Express, Boston Scientific). Le visite di follow-up sono state effettuate a 30 giorni, 6 mesi ed 1 anno e poi annualmente per un totale di 5 anni. Gli end point clinici primari della prima fase di randomizzazione (fase farmacologica) sono stati predefiniti a 30 giorni, mentre quelli della seconda fase di randomizzazione (fase dell’impianto degli stent) a 12 mesi. Il follow-up angiografico a 13 mesi (dopo accertamento dell’end point clinico primario a 12 mesi) è stato predefinito per 1800 pazienti randomizzati a ricevere stent in cui l’impianto ha avuto successo (stenosi del diametro <10%), non si è verificata la trombosi dello stent e non è stato effettuato il bypass entro 30 giorni dall’impianto dello stent. I due outcome clinici primari predefiniti a 12 mesi includevano la rivascolarizzazione della lesione target guidata da ischemia e un end point composito di sicurezza relativo ad eventi avversi cardiovascolari maggiori (mortalità, reinfarto, stroke e trombosi dello stent).
Tra il 25 marzo 2005 e il 7 maggio 2007, un totale di 3602 pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST, sottoposti a PCI in 123 centri di 11 paesi, è stato randomizzato a ricevere un trattamento con eparina+inibitori della glicoproteina IIb/IIIa (n=1802) o bivalirudina da sola (n=1800). Su 3006 pazienti sottoposti ad impianto di stent, 2257 hanno ricevuto stent medicati con paclitaxel versus 749 stent metallici. I due gruppi avevano caratteristiche basali simili (età media 59,7 anni; 76,7% uomini), eccetto che nel gruppo trattato con stent metallici era presente una percentuale lievemente superiore di fumatori correnti, mentre nel gruppo con stent medicati con paclitaxel era presente una percentuale lievemente superiore di pazienti con anemia. Anche le caratteristiche angiografiche erano simili, eccetto che nel gruppo con stent medicati nel quale le lesioni erano lievemente più lunghe.
Outcome clinici
Nel gruppo trattato con stent medicati con paclitaxel, l’incidenza dell’outcome primario di efficacia (rivascolarizzazione della lesione target guidata da ischemia a 12 mesi) era pari a 4,5% vs 7,5% con stent metallici (HR 0,59; 95% CI 0,43-0,83), che rappresentava un beneficio per altri 3 pazienti per 100 trattati per 1 anno con stent medicati con paclitaxel rispetto a quelli metallici (0,9-5,1; p=0,002), con una riduzione del rischio pari al 41%. Anche l’incidenza di rivascolarizzazione del vaso target guidata da ischemia a 12 mesi era inferiore tra i pazienti con stent medicati rispetto a quelli metallici (5,8% vs 8,7%; 0,65; 0,48-0,89; p=0,006). Nei due gruppi, l’incidenza dell’outcome primario di sicurezza relativo agli eventi avversi cardiovascolari maggiori era simile (8,1% nel gruppo con stent medicati vs 8% con stent metallici; 1,02; 0,76-1,36; differenza assoluta 0,1 punti percentuali; da –2,1 a 2,4; p=0,01 per non inferiorità; p=0,92 per superiorità). In 12 mesi di follow-up, i tassi individuali di mortalità, reinfarto, stroke e trombosi dello stent sono risultati simili nei due gruppi. Anche dopo correzione per le differenze tra i due gruppi relative all’abitudine al fumo e all’anemia e all’utilizzo di tienopiridine, i risultati non subivano modifiche statisticamente significative (HR per rivascolarizzazione della lesione target ischemica nel gruppo con stent medicati 0,62; 0,44-0,87; p=0,006; HR per eventi avversi cardiovascolari maggiori 1,03; 0,76-1,40; p=0,84).
Outcome angiografici I dati di follow-up angiografici a 13 mesi erano disponibili per 910 pazienti che hanno ricevuto stent medicati con paclitaxel (1081 lesioni) e per 293 pazienti con stent metallici (332 lesioni). Nel gruppo con stent medicati con paclitaxel, l’incidenza di end point secondari maggiori di efficacia, restenosi binaria del segmento in analisi (incluse le misurazioni all’interno dello stent e 5 mm prossimali e distali allo stent) in tutte le lesioni, era pari al 10% vs 22,9% con stent metallici, con una differenza del 56% (RR 0,44; 0,33-0,57; p<0,001). Su 1062 lesioni nel gruppo con stent medicati con paclitaxel e 328 nel gruppo con stent metallici in cui gli stent sono stati impiantati, rispetto agli stent metallici, nel gruppo con stent medicati risultavano inferiori sia la perdita tardiva del lume dentro lo stent (0,41±0,64 mm vs 0,82±0,70 mm; p<0,001) sia l’incidenza di restenosi (9,6% vs 23,2%, p<0,001). Tra i due gruppi, non sono state osservate differenze statisticamente significative nell’incidenza di riocclusione dell’arteria correlata all’infarto, ulcerazione, ectasia e formazione di aneurismi. In questo RCT, in pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST, rispetto all’impianto di stent metallici, il trattamento con stent medicati con paclitaxel ha ridotto in misura statisticamente significativa l’incidenza di restenosi valutata angiograficamente e di ischemia ricorrente che necessita di ripetute rivascolarizzazioni con PCI o bypass. Inoltre, rispetto agli stent metallici, gli stent medicati con paclitaxel risultavano non inferiori per quanto riguarda l’end point composito primario di sicurezza relativo agli eventi avversi cardiovascolari maggiori a 12 mesi, con incidenze simili delle componenti individuali (mortalità, reinfarto, stroke e trombosi dello stent).
Tuttavia, lo studio presenta diversi limiti. Innanzitutto, essendo stato necessario condurre uno studio in aperto, gli autori hanno cercato di ridurre i potenziali bias con un’elevata incidenza di compliance e tramite procedure di protocollo e valutazioni cliniche e di laboratorio in cieco. Inoltre, anche se, rispetto al gruppo con stent metallici, nel gruppo con impianto di stent medicati con paclitaxel, l’uso di tienopiridine tra 6 e 12 mesi era lievemente superiore, dopo aggiustamento delle variabili, la stima degli outcome di efficacia e sicurezza primaria non risultava statisticamente modificata. In terzo luogo, anche se tra i due gruppi l’incidenza degli eventi cardiovascolari maggiori era quasi identica, è necessario un follow-up a lungo termine per caratterizzare il profilo rischio/beneficio degli stent medicati, soprattutto perchè dopo l’impianto dello stent l’utilizzo della duplice terapia antiaggregante si riduce nel tempo e perchè l’aumento del rischio di trombosi dello stent può emergere solo dopo 1 anno dall’impianto. Inoltre, anche se erano limitati i criteri di esclusione, i risultati si possono applicare soltanto ai pazienti con le stesse caratteristiche di quelli arruolati nello studio e agli stent medicati con paclitaxel.
Lo studio ha evidenziato che, in pazienti con infarto del miocardio con innalzamento del tratto ST sottoposti a PCI, rispetto agli stent metallici, l’impianto di stent medicati con paclitaxel ha ridotto l’incidenza di restenosi valutata angiograficamente e di ischemia ricorrente che necessita di ripetute procedure di rivascolarizzazione entro il primo anno.
Conflitto di interesse
Lo studio ha ricevuto un grant dalla Boston Scientific Corporation e dalla Medicines Company. Gli autori hanno dichiarato di aver ricevuto in precedenza finanziamenti da ditte farmaceutiche.
Dottoressa Alessandra Russo
Riferimento bibliografico
Stone GW et al. Paclitaxel-eluting stents versus bare-metal stents in acute myocardial infarction. N Engl J Med 2009; 360: 1946-59.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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