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Rosiglitazone in associazione con antidiabetici orali: valutazione su outcome cardiovascolari
Inserito il 24 marzo 2010 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’associazione del rosiglitazone ad una terapia antidiabetica orale in pazienti con diabete di tipo 2 aumenta il rischio di insufficienza cardiaca e di alcune fratture, principalmente nelle donne.


Lo studio RECORD (Rosiglitazone Evaluated for Cardiovascular outcomes in Oral agent combination therapy for type 2 Diabetes) è uno studio prospettico, multicentrico (sono stati coinvolti 364 centri in 25 paesi, compresa l’Italia), randomizzato in aperto versus comparator attivo che ha valutato gli effetti della terapia con il rosiglitazone in combinazione con un secondo antidiabetico orale su outcome cardiovascolari.
L’analisi ad interim del RECORD era stata pubblicata nel 2007 (Home et al. N Engl J Med 2007; 357: 28-38). In questo articolo sono stati riportati, invece, i risultati finali dell’analisi.

L’obiettivo dello studio era valutare la non inferiorità del rosiglitazone in associazione a metformina o una sulfanilurea rispetto alla terapia combinata di metformina+sulfanilurea su outcome cardiovascolari.

Da aprile 2001 sono stati reclutati pazienti (età 40-75 anni) con diabete di tipo 2, BMI >25 kg/m2, in monoterapia con metformina o con una sulfanilurea (a scelta dello sperimentatore glimepiride, gliclazide o glibeclamide) e con controllo della glicemia non ottimale (HbA1c >7,0-9,0%).
Criteri di esclusione sono stati il ricovero per un evento cardiovascolare maggiore entro 3 mesi dall’arruolamento, un intervento cardiovascolare programmato, e la presenza, la storia o il trattamento dell’insufficienza cardiaca.

I pazienti sono stati randomizzati a ricevere rosiglitazone o metformina (se stavano già assumendo la sulfanilurea), rosiglitazone o una sulfanilurea (se stavano già assumendo metformina).
La terapia antidiabetica è stata aggiustata con lo scopo di correggere l’HbA1c ad un valore <=7,0%.
La dose iniziale di rosiglitazone era di 4 mg/die, incrementata a 8 mg dopo almeno 8 settimane di terapia nel caso di mancato raggiungimento del valore desiderato dell’HbA1c.
Le dosi iniziali di metformina e delle sulfaniluree erano differenti, in base all’esperienza del centro coinvolto e gli incrementi sono stati consentiti a partire da 8 settimane dall’inizio della terapia. Le dosi giornaliere massime sono state 2550 mg di metformina, 15 mg di glibeclamide, 240 mg di gliclazide, 4 mg di glimepiride.

Un valore confermato del HbA1c >=8,5% è stato il criterio per il passaggio alla terapia di salvataggio: aggiunta di un terzo antidiabetico orale nel gruppo rosiglitazone e lo switch ad insulina nel gruppo metformina+sulfanilurea. In caso di ulteriore persistenza di valori di HbA1c >=8,5% i pazienti nel gruppo rosiglitazone hanno interrotto l’assunzione del rosiglitazone e sono passati alla terapia con insulina.

L’outcome primario è stato il tempo al primo ricovero o alla decesso per cause cardiovascolari. L’ipotesi primaria da valutare è stata la non inferiorità del rosiglitazone rispetto al controllo attivo, con un margine di non inferiorità di HR di 1,20.

Dei 7428 pazienti arruolati, 4458 sono stati randomizzati ai trattamenti: rosiglitazone+meformina (n=1117), rosiglitazone+sulfanilurea (n=1103), metformina+sulfanilurea (n=2227). Il follow-up medio è stato di 5,5 anni corrispondente a 12338 e 12272 anni-persona, rispettivamente per il gruppo rosiglitazone e per il coontrollo.
Le caratteristiche basali dei pazienti sono state simili tra i gruppi: età media 57-59,8 anni, 50% circa maschi, 99% caucasici, HbA1c 7,8-8,0%, BMI 30,1-32,8 kg/m2 e diagnosi del diabete 6,1-7,9 anni.
I soggetti che stavano assumendo prima dello studio metformina erano più giovani (età media 57 anni), più obesi (BMI 32,7 kg/m2) e con una diagnosi più recente di diabete (6,2 anni).

L’end point primario si è verificato in 321 pazienti del gruppo rosiglitazone e in 323 pazienti di quello di controllo (HR 0,99, CI 95% 0,85-1,16), soddisfacendo il criterio di non inferiorità.
Il valore di HR calcolato per l’end point secondario composito di morte per cause cardiovascolari, infarto del miocardio e stroke è stato di 0,93 (0,74-1,15) a favore del rosiglitazone.
Un valore maggiore è stato invece osservato includendo anche l’insufficienza cardiaca (HR 0,99, 0,81-1,20). La percentuale di insufficienza cardiaca è risultata circa doppia nel gruppo rosiglitazone rispetto a quello di controllo.
I valori di HR per le singole componenti dell’end point secondario sono state 0,84 (0,59-1,18) per la morte cardiovascolare, 1,14 (0,80-1,63) per l’infarto del miocardio, 0,72 (0,49-1,16) per lo stroke e 2,10 (1,35-3,27; p=0,0010) per l’insufficienza cardiaca.
Rispetto al gruppo di controllo, in quello con rosiglitazone si sono verificati più decessi correlati all’insufficienza cardiaca (10 vs 2) ma non allo stroke (0 vs 5).
Il numero di pazienti ricoverati per cause cardiovascolari è risultato simile tra i due gruppi (288 vs 284). Rispetto al gruppo di controllo quello con rosiglitazone ha avuto più ricoveri correlati all’insufficienza cardiaca (57 vs 29) e per procedure cardiovascolari invasive (85 vs 100) ma non per stroke (46 vs 63).

L’incidenza degli eventi avversi dovuti all’ipoglicemia è stata più alta nei pazienti che hanno assunto le sulfaniluree (sulfanilurea+metformina 18%, metformina+sulfanilurea 13% e rosiglitazone+sulfanilurea 16%) rispetto all’associazione di rosiglitazone con metformina (5%).
Il numero di pazienti con tumori è risultato simile tra i due gruppi (126 vs 148, rispettivamente per rosiglitazone e controllo). Un numero significativamente minore di pazienti con tumore del pancreas è stato rilevato nel gruppo rosiglitazone (2 vs 13; p=0,0074).

L’incidenza totale di fratture è risultata maggiore nel gruppo rosiglitazone rispetto al controllo (RR 1,57; CI 95% 1,26-1,97; p<0,0001). Il rischio è stato maggiore per le donne (RR 1,82; 1,37-2,41) rispetto agli uomini (RR 1,23; 0,85-1,77).
L’aumento del rischio di fratture nei pazienti del gruppo rosiglitazone ha riguardato gli arti superiori (RR 1,57; 1,12-2,19; p=0,0095) e il segmento distale di quello inferiore (RR 2,60; 1,67-4,04; p<0,0001).


L’associazione del rosiglitazone ad una terapia antidiabetica orale in pazienti con diabete di tipo 2 aumenta il rischio di insufficienza cardiaca e di alcune fratture, principalmente nelle donne.
Il rosiglitazone non aumenta il rischio complessivo di morbilità e mortalità cardiovascolare rispetto ai farmaci antidiabetici standard, tuttavia i dati relativi all’infarto del miocardio non sono conclusivi.



Punti di forza dello studio sono la cecità nel reclutamento e nella valutazione degli end point in una popolazione clinicamente rappresentativa arruolata in diversi paesi tra Europa e Oceania. Inoltre, i comparator scelti, cardioprotettivi e alternative di scelta al rosiglitazone, offrono un contesto clinico significativo per l’interpretazione dei risultati. Da rilevare la limitata potenza statistica per le componenti individuali dell’end point primario.

Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dalla GSK, ditta produttrice del rosiglitazone. Alcuni autori dichiarano di aver ricevuto finanziamenti dalla GSK e da quelle produttrici di metformina e sulfanilurea.

Dottor Gianluca Miglio


Riferimento bibliografico

Home et al. Rosiglitazone evaluated for cardiovascular outcomes in oral agent combination therapy for type 2 diabetes (RECORD): a multicentre, randomized open-label trial. Lancet 2009; DOI:10.1016/S0140-6736(09)60953-3.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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