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Le capsule endoscopiche |
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Inserito il 14 aprile 2010 da admin. - gastroenterologia - segnala a:
Quali sono le indicazioni, le limitazioni, i vantaggi e gli svantaggi delle capsule endoscopiche?
Cos'è la capsula endoscopica? La capsula endoscopica deve la sua nascita ad un ingegnere israeliano, Gavriel Iddan, che la progettò nel lontano 1981. Tuttavia la sua applicazione negli animali è iniziata nel 1994 e si è poi estesa all'uomo, fino ad ottenere, nel 2001, l'approvazione della FDA per l'uso routinario in diagnostica. Il principio è semplice: si tratta di un involucro dalle dimensioni, di una capsula di antibiotico (circa 1 cm x 2,5 cm) che all'interno contiene, miniaturizzati, una videocamera a colori, una fonte di luce e due batterie, un trasmettitore ed un'antenna. La capsula viene inghiottita e, durante il suo tragitto nel tubo dgerente, trasmette delle immagini alla frequenza di una al secondo circa. Queste immagini vengono registrate da particolari sensori applicati sulla parete addominale e poi trasmesse ad un registratore incorporato in una cintura portata dal paziente stesso. Successivamente le immagini registrate vengono rielaborate da un software e possono essere visionate su un monitor. Il tragitto intestinale viene compltetato dalla capsula in circa otto-dieci ore e non impedisce al paziente di svolgere le sue normali occupazioni. La preparazione dell'intestino e la somministrazione di procinetici probabilmente migliora le prestazioni diagnostiche della procedura.
Indicazioni e controindicazioni La videocapsula è utile soprattutto per la diagnostica dell'intestino tenue. Questo tratto intestinale, infatti, attualmente non è ben esplorabile dall'endoscopia. Solo sporadicamente patologie di rilievo possono interessare il tenue, ma, in tali casi, la diagnosi può risultare particolarmente difficile. Si possono usare, è vero, endoscopi molto lunghi e sottili che vengono fatti progredire per circa 100-150 cm oltre il duodeno. Tuttavia questo tipo di esame richiede, in genere, l'anestesia generale, ed in ogni caso non esplora completamente il tenue. L'ultimo tratto ileale può, invece, essere talora esplorato in corso di colonscopia. La radiografia con pasto opaco del piccolo intestino è praticata da molti anni, ma la sua utilità diagnostica è modesta. Si tratta, comunque, di metodiche di indagine non soddisfacenti. I vantaggi della videocapsula sono quindi chiari: migliore compliance del paziente, trattandosi di una procedura ambulatoriale non invasiva e possibilità di esplorare tutto il tratto interessato. Vi sono tuttavia ancora dei limiti che probabilmente saranno superati nei prossimi anni: ottenere una miglior illuminazione per esplorare compiutamente anche la porzioni intestinali a calibro maggiore, possibilità di poter controllare e manovrare la capsula dall'esterno. Un altro limite è costituito dalla impossibilità di usare la videocapsula quando si sospetta una lesione ostruttiva. Il costo non costiuisce invece un limite in quanto è, all'incirca, paragonabile a quello di un esame endoscopico. Rispetto a questa non permette però il prelivo bioptico. Le indicazioni principali della videocapsula, per il momento, sono soprattutto le sospette emorragie del tenue oppure la presenza di sintomi (come per esempio una perdita di peso di origine sconosciuta) che possono orientare verso una patologia (neoplastica o non) del piccolo intestino. Altre indicazioni sono la malattia di Crohn (sia nel sospetto che nel paziente con diagnosi già acceratta), la sorveglianza nella poliposi ereditaria, il morbo celiaco (in fase di follow-up nei pazienti non responders alla dieta e nei pazienti con sierologia positiva che non vogliono sottoporsi ad endoscocpia tradizionale). Non si ricorre alla videocapsula, in genere, in caso di sintomi come dolore addominale o diarrea cronica in quanto, in questi casi, la probabilità di patologia del tenue è molto bassa.
Complicanze La mancata espulsione della capsula si verifica in percentuali molto basse (inferiori all'1%), a meno che non siano presenti lesioni stenosanti: per esempio nel morbo di Crohn già diagnosticato la percentale di ritenzione sale a circa l'8% mentre se si sospetta clinicamente un'ostruzione si può arrivare fino al 20% e oltre. Il suo recupero può avvenire per via endoscopica o chirurgica.
Videocapsula per lo screening del cancro del colon? Come si vede l'utilizzo delle videocapsule è per ora limitato ad indicazioni specifiche. Potrebbe in futuro essere usata come screening per i cancro del colon? Per il momento la risposta è negativa. Infatti, in un recente studio pubblicato dal New England Journal of Medicine [1], è stata paragonata la performance diagnostica della videocapsula con la colonscopia ottica in 328 soggetti (età media 58 anni) con patologia nota o sospetta del colon. Si è così visto che, per la diagnosi di polipi di diametro maggiore di 6 mm la sensibilità della videocapsula era del 64% e la specificità dell' 84%, mentre per la diagnosi di adenoma avanzato era rispettivamente del 73% e del 79%. Su 19 cancri diagnosticati alla colonscopia ottica, solo 14 erano svelati dalla videocapsula (sensibilità 74%). Una sensibilità ed una specifictà così basse non possono, attualmente, collocare la videocapsula tra le metodiche da consigliare per effettuare lo screening del cancro del colon. Se in futuro, con i miglioramenti tecnologici, la performance migliorerà, si potrebbe disporre di una metodologia che avrebbe alcuni vantaggi: migliore compliance, meno invasività, meno complicanze rispetto alla colonscopia ottica e non esposzione a radiazioni ionizzanti rispetto alla colonscopia mediante TC.
Renato Rossi
Referenze
1. Van Gossum A et al. Capsule Endoscopy versus Colonoscopy for the Detection of Polyps and Cancer. N Engl J Med 2009 Jul 16; 361: 264-270.
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