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La calcolosi renale |
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Inserito il 28 aprile 2010 da admin. - urologia - segnala a:
Una breve messa a punto sulla nefrolitiasi
La calcolosi renale (o nefrolitiasi) è una patologia molto frequente. Si calcola che negli Stati Uniti circa il 13% degli uomini e il 7% delle donne siano colpiti dalla malattia. La probabilità di recidiva è molto alta, tanto che nel giro di 5-10 anni quasi 6-7 persone su 10 che hanno avuto un calcolo renale andranno incontro ad una ricaduta. Quali sono le cause della calcolosi renale? In circa la metà dei pazienti con calcolsi renale è presente familiarità. Sono stati chiamati in causa anche vari fattori come l'eccessiva quantità di sale nella dieta, un'alimentazione ricca in ossalati o proteine di origine animale, malattie metaboliche come l'obesità, il diabete e l'iperparatitroidismo, oppure un ridotto apporto di liquidi con conseguente riduzione della diuresi, terapie a base di calcio, terapie antibiotiche (che provocano una riduzione dei batteri intestinali che metabolizzano l'ossalato con aumentato assorbimento dell'ossalato stesso da parte della parete intestinale). Un altro fattore che favorisce la produzione di calcoli renali è l'infezione urinaria perchè aumenta il pH delle urine. Anche alcuni farmaci possono favorire la nefrolitiasi: topiramato, trianterene, inibitori dell'anidrasi carbonica, etc. Quali sono i sintomi della nefrolitiasi? Un calcolo renoureterale può essere del tutto asintomatico oppure manifestarsi con il quadro della classica colica renale: dolore in loggia renale irradiato in avanti e verso la regione inguinale omolaterale ed i genitali. Sintomi di accompagnamento sono spesso la nausea ed il vomito. Manca la febbre a meno che non sia presente una sovrapposizione infettiva. Tipicamente il paziente con una colica renale trova qualche beneficio dal movimento, per cui lo si vede spesso camminare per la stanza. Se il calcolo è localizzato nella vescica o nella porzione dell'uretere che sbocca in vescica i sintomi sono più spesso di tipo cistitico (disuria, urgenza minzionale, dolore in sede pubica). Altri sintomi possono essere l'ematuria macroscopica o la microematuria che può essere messa in evidenza con le apposite strisce reattive. La mancanza di microematuria non esclude però la colica renale. La diagnosi differenziale si pone con altre cause di dolore addominale: colica epatica, appendicite, torsione di cisti ovarica, gravidanza extrauterina, etc.
Quali accertamenti radiologici richiedere in un paziente con sospetta nefrolitiasi La radiografia standard dell'addome può evidenziare i calcoli x-opachi (di solito calcoli di calcio); tuttavia i calcoli di urato non sono x-opachi mentre quelli di cistina e di struvite possono non esserlo. L'esame più spesso eseguito, anche per la facilie disponibiluità, è l'ecografia delle vie urinarie e della vescica. Con questo esame si evidenziano anche anomalie renali ed eventuali processi endoluminali vescicali. Tuttavia i calcoli presenti nel tratto intermedio dell'uretere non sono spesso visibili agli ultrasuoni. La TAC rappresenta il gold standard in quanto la sua performanca diagnostica si è dimostrata superiore sia agli ultrasuoni che alla pielografia endovenosa.
Quali esami di laboratorio richiedere nel paziente con nefrolitaisi? Tra gli esami di laboratorio sono utili l'emocromocitometrico, l'esame urine, l'urocoltura, la calcemia, la fosforemia, l'uricemia, la sodiemia, la potassiemia ed eventualmente (in caso di nefrolitiasi recidivante) il dosaggio del paratormone Nel caso di nefrolitiasi recidivante o di dimensioni importanti oppure di nefrolitiasi pediatrica è utile richiedere la concentrazione urinaria/24 ore di calcio, ossalato, citrato, acido urico. Se si riesce a recuperare un calcolo è opportuno determinarne la natura chimica. La maggior parte dei calcoli sono formati da ossalato di calcio e/o fosfato di calcio. I calcoli di acido urico rappresentano circa il 10% dei casi, mentre molto più rari sono i calcoli di cistina.
Come trattare la colica renale? Di solito la colica renale viene trattata con un FANS per via parenterale (per esempio diclofenac o ketorolac). Nei paesi anglosassoni si usano anche gli oppiacei nei casi che non rispondono ai FANS. In Italia più spesso di ricorrere alla associazione tra un FANS e un antispastico per via parenterale. In alcuni pazienti può rivelarsi utile l'applicazione di calore locale. Farmaci come gli alfalitici e i calcioantagonisti diidropiridinici hanno dimostrato di essere in grado di facilitare l'esplusione di calcoli di dimensioni medio-piccole [1]. Si ritiene che i calcoli fino a 0,5 cm vengono espulsi spontaneamente nella quasi totalità dei casi. Vanno inviati in ospedale i pazienti con colica renale che non recede alla somministrazione di un FANS per via intramuscolare. Il ricovero deve essere preso in considerazione se coesiste febbre da infezione sovrapposta oppure in caso di calcolo ostruttivo. Una visita urologica è opportuna se le dimensioni del calcolo superano 0,5 cm perchè in questo caso è improbabile un'espulsione spontanea, oppure in presenza di complicanze o di infezione.
Quando sono indicate la litotripsia extracorporea o le terapie invasive? La litotripsia extracorporea è indicata nei calcoli dell'uretere prossimale fino ad 1 cm di diametro mentre per diametri maggiori si ricorre alla litotomia effettuata per via ureteroscopica o per via percutanea. Se il calcolo è localizzato a livello dell'uretere distale si può ricorrere all'ESWL oppure alla litotomia ureteroscopica. Nel caso di calcoli a stampo (di solito localizzati a livello dei calici o del bacinetto renale) si ricorre alla nefrolitotomia percutanea.
Quali sono le misure preventive da consigliare al paziente con nefrolitiasi? Si deve consigliare un apporto idrico di almeno due litri al giorno. La dieta per la prevenzione delle ricadute sembra meno importante di quanto generalmente ritengano i pazienti, anche se può essere utile consigliare di ridurre le proteine animali (soprattutto per i calcoli di acido urico) e il sale. Probabilmente non è utile ridurre l'apporto di calcio con la dieta, anzi sembra che il calcio alimentare si leghi a livello intestinale con l'ossalato e ne riduca l'assorbimento. L'obesità è un fattore di rischio per nefrolitiasi, quindi la perdita di peso, in caso di sovrappeso/obesità, dovrebbe essere consigliata. L'uso di potassio citrato o sodio citrato in modo da alcalinizzare le urine può ridurre il rischio di recidiva. La maggior parte dei calcoli renali è composta da ossalato di calcio. In questi casi è necessario dosare la calciuria e se questa è aumentata (> 250 mg/24 ore), una volta escluso un iperparatiroidismo primario, il trattamento preventivo può giovarsi di un diuretico tiazidico. Se invece vi è iperossaluria (escrezione urinaria > 45 mg/24 ore) può essere utile aumentare l'introito alimentare di calcio (come s'è detto nell'intestino il calcio lega l'ossalato e ne riduce l'assorbimento) e probabilmente ridurre i cibi contenenti ossalato (spinaci, cioccolato, the, fragole, soia, nocciole, cavoli, pomodori, piselli, rabarbaro, asparagi, aranciata, limonata, coca-cola, pompelmo). In caso di iperuricosuria (escrezione urinaria > 800 mg/24 ore) si consiglia l'allopurinolo. Se i calcoli sono composti principalmente da fosfato di calcio di solito si tratta di una acidosi tubulare renale (con ipercalciuria e ipocitraturia): conviene allora evitare di alcalinizzare troppo le urine e, se vi è una ipercalciuria importante, usare un tiazidico. I calcoli di acido urico sono associati di solito ad iperuricosuria (più rara la normouricosuria); questi calcoli tendono a precipitare quando il pH urinario scende al di sotto di 5,5 per cui è utile alcalinizzazre le urine con potassio citrato e associare allopurinolo se vi è iperuricemia e/o gotta. Infine i più rari calcoli di cistina sono dovuti ad un ridotto riassorbimento renale di cistina (cistinuria > 250 mg/die). La terapia si basa sull' idratazione e sull' alcalinizzazione delle urine con potassio citrato. In caso di recidive nonostante queste misure si usano i leganti la cistina (penicillamina, tiopronina) che però sono gravati da notevoli effetti avversi (gastrointestinali, cutanei, reumatologici, ecc.).
E' necessario un monitoraggio del paziente con pregressa nefrolitiasi Pur in mancanza di evidenze di letteratura si può consigliare, nel paziente con pregressa nefrolitiasi, un esame ecografico dopo sei mesi, da ripetere ad ulteriore distanza di sei mesi. Successivamente, se non compaiono recidive, si può prevedere un ulteriore controllo a distanza variabile (per esempio 18-24 mesi). Tuttavia non vi sono dimostrazioni che questa strategia sia efficace nel ridurre le complicanze della nefrolitiasi. Può servire però per rinforzare nel paziente l'aderenza alle misure preventive suggerite.
Renato Rossi
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4119
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