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Metformina o repaglinide associate all'insulina nel diabete tipo 2
Inserito il 01 luglio 2010 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La metformina e la repaglinide associate all'insulina portano ad un controllo glicemico paragonabile, ma con la metformina l'aumento ponderale è minore.



Questo studio si è proposto di confrontare due regimi diversi di trattamento del paziente con diabete tipo 2, non obeso, con compenso metabolico insufficiente con la terapia orale.
Per essere arruolati i pazienti dovevano avere un BMI non superiore a 27 ed una emoglobina glicata >= 6,5% dopo un periodo di run in di 4 mesi in cui era stato instaurato un trattamento combinato di metformina e repaglinide. La durata media del diabete era di 10 anni e tutti i pazienti dovevano avere una buona riserva pancreatica di insulina.
I partecipanti sono stati trattati con insulina bifasica aspart 70/30 (70% di insulina aspart ad azione intermedia e 30% di insulina aspart ad azione rapida) alla dose di 6 U/die somministrate prima del pasto per 12 mesi. Le dosi di insulina venivano in seguito aggiustate sulla base della glicemia a digiuno con un target di emoglobina glicata inferiore a 6,5%. Il trattamento insulinico veniva portato a due o tre somministrazioni al giorno se il target glicemico non veniva raggiunto. Dopo randomizzazione i pazienti sono stati trattati, oltre che con insulina, con metformina (2000 mg/die) o repaglinide (6 mg/die).
L'end point primario era la concentrazione di emoglobina glicata.
Dei 459 pazienti eligibili, 102 sono stati randomizzati e 97 hanno completato il trial.
Alla fine dei 12 mesi la glicoemoglobina risultò simile nei due gruppi: 6,72% nel gruppo insulina + metformina e 6,90% nel gruppo insulina + repaglinide. Anche le dosi totali di insulina usata e gli episodi ipoglicemici furono simili nei due gruppi. Tuttavia l'aumento del peso corporeo fu minore nel gruppo metformina: in media - 2,51 kg.
Gli autori concludono che nel diabete tipo 2 non obeso che richieda insulina il controllo glicemico si ottiene in modo simile aggiungendo metformina o repaglinide, tuttavia l'aumento ponderale è minore con la metformina.



Fonte:

Lund SS et al. Combining insulin with metformin or an insulin secretagogue in non-obese patients with type 2 diabetes: 12 month, randomised, double blind trial. BMJ 2009 Nov 14; 339:b4324



Commento di Renato Rossi

In uno studio recente su 390 pazienti [1] l'aggiunta di metformina all'insulina in diabetici di tipo 2 non ha ridotto l'end point primario dopo oltre 4 anni di terapia (mortalità e morbilità micro e macrovascolari), tuttavia, rispetto al placebo, ha ridotto gli eventi macrovascolari (end point secondario). In quell'occasione facemmo notare che formalmente si dovrebbe concludere che lo studio ha avuto esito negativo. Infatti il risultato positivo sugli eventi macrovascolari, end-point secondario, pur con un valore di P = 0,02 dovrebbe essere considerato un'ipotesi da verificare con uno studio ad hoc. Tuttavia va considerato che questo risultato è in linea con quanto già si conosce dallo storico UKPDS, studio nel quale solo la metformina ha dimostrato di essere in grado di ridurre gli eventi macrovascolari associati al diabete. Vi è da notare inoltre che lo studio ha avuto un follow-up relativamente breve se valutato nell'ottica di una malattia cronica che dura per tutta la vita, quindi non è possibile escludere che nel lungo periodo i benefici della metformina potrebbero essere maggiori di quanto rilevato. D'altra parte le ultime linee guida [2] consigliano, in caso di necessità di insulina, il mantenimento della metformina e l' eventuale sospensione della sulfanilurea (dato che questo tipo di antidiabetico orale non ha una sinergia d'azione con l'insulina).
Lo studio recensito in questa pillola è inadatto a rispondere alla domanda se effettivamente l'aggiunta di metformina alla terapia insulinica sia la scelta migliore, sia per il numero di pazienti arruolato sia per la durata di appena 12 mesi. Il trial ci dice solo che il controllo glicemico è simile sia con metformina che con repaglinide, però il rischio di aumento ponderale indotto dall'insulina è minore con la prima opzione.
Una revisione Cochrane [3] su 20 RCT per un totale di 1811 pazienti (durata media degli studi 10 mesi) ha concluso che il controllo glicemico che si riesce ad ottenere è simile sia che si usi insulina da sola sia che la si associ ad antidiabetici orali. Tuttavia anche questa revisione conferma che l'aumento di peso è minore se il farmaco associato è la metformina.
Mancano per il momento RCT di potenza statistica e follow up adeguati e con end point clinici "hard" che possano indicare se, nei diabetici di tipo 2 che non è possibile controllare con i soli farmaci orali, sia preferibile usare la sola insulina oppure associare un antidiabetico orale (ed in questo caso quale sia la scelta migliore).
In assenza di evidenze forti la raccomandazione delle linee guida di privilegiare la metformina può essere accettata sulla base della riduzione del rischio di aumento del peso associato alla terapia insulinica e dei risultati sugli esiti macrovascolari registrati nell'UKPDS.
Un editorialista, commnentando lo studio, concorda che la metformina debba essere il farmaco di prima scelta, mentre in caso di intolleranza o controindicazioni può essere ragionevole prescrivere la repaglinide [4].



Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4570
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4308
3. Goudswaard AN et al. Insulin monotherapy versus combinations of insulin with oral hypoglycaemic agents in patients with type 2 diabetes mellitus. Cochrane Database Syst Rev 2009;(3):CD003418.
4. Kooy A. Continuation of metformin after introduction of insulin in type 2 diabetes. BMJ 2209 Nov 14;339:b4227







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