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Le linee guida del NCCN sul cancro prostatico
Inserito il 22 agosto 2010 da admin. - urologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo le linee guida del NCCN i cancri prostatici clinicamente localizzati a basso e bassissimo rischio di progressione dovrebbero essere trattati, in prima istanza, con vigile attesa.



Sono state aggiornate le linee guida sul cancro prostatico del NCCN (National Comprehensive Cancer Network). Vi è una novità importante: è prevista la sorveglianza attiva non come possibile opzione, ma come sola scelta terapeutica nel trattamento iniziale dei pazienti a basso rischio.
In pratica i pazienti vengono distinti due categorie: quelli a rischio molto basso e quelli a rischio basso. Per i primi la sorveglianza attiva deve essere offerta come prima linea se vi è una aspettativa di vita inferiore ai 20 anni, per i secondi se l'aspettativa di vita è inferiore ai 10 anni.
Si calcola che grazie al dosaggio del PSA circa il 40% dei casi di tumore prostatico diagnosticati ogni anno riguardi pazienti di questo tipo. Si tratta di pazienti che presentano un cancro istologicamente maligno, ma dal comportameto clinico poco aggressivo o indolente, i quali, se trattati, possono andar incontro a inutili complicanze della terapia, mentre il trattamento non comporta un aumento della sopravvivenza (overtreatment).
Ma come si fa a definire il rischio del paziente? I parametri da prendere in considerazione sono la stadiazione TNM, lo score di Gleason, il valore del PSA, la PSA density e il risultato della biopsia prostatica.
Secondo il NCCN il paziente con cancro clinicamente localizzato [/b]a basso rischio[/b] ha un tumore in stadio T1 o T2a, uno score di Gleason compreso tra 2 e 6 e un PSA inferiore a 10 ng/mL.
Invece un paziente con cancro clinicamente localizzato a rischio molto basso ha un tumore in stadio T1a, uno score di Gleason fino a 6, un PSA inferiore a 10 ng/mL, meno di tre foci positivi alla biopsia (con meno del 50% di tumore in ognuno) e una PSA density inferiore a 0,15 ng/mL/grammo.
(la PSA density si calcola dividendo il valore del PSA per il volume prostatico calcolato tramite ecografia transrettale).
Per vigile attesa le linee guida intendono il dosaggio del PSa almeno ogni 6 mesi ed un esame digitale del retto almeno una volta all'anno. In caso di basso rischio ed aspetattiva di vita superiore ai 10 anni si consiglia anche di ripetere la biopsia prostatica una volta all'anno. Negli altri casi la ripetizione della biopsia è opzionale: può essere prevista entro 6-18 mesi a seconda del numero di foci neoplastici ritrovati al primo esame. In caso di progressione della malattia si avvia il paziente al trattamento ritenuto più idoneo.


Nella tabella 1 vengono sintetizzate le raccomandazioni delle linee guida a seconda del tipo di cancro prostatico.



TABELLA 1

CANCRO PROSTATICO CLINICAMENTE LOCALIZZATO

A RISCHIO MOLTO BASSO (T1a, Gleason fino a 6, PSA inferiore a 10 ng/mL, meno di tre foci positivi alla biopsia con meno del 50% di tumore ognuno, PSA density inferiore a 0,15 bg/mL/grammo)
Se aspettativa di vita inferiore ai 20 anni: solo vigile attesa

A RISCHIO BASSO (T1 o T2a, Gleson fino a 6, PSA inferiore a 10 ng/mL)
Se aspettativa di vita inferiore a 10 anni: solo vigile attesa
Se aspettativa di vita superiore a 10 anni: sorveglianza attiva oppure radioterapia oppure prostectomia radicale con eventuale asportazione dei linfonodi pelvici.

A RISCHIO INTERMEDIO (T2b o T2c, Gleason 7, PSA compreso tra 10 e 20 ng/mL):
Se aspettativa di vita inferiore a 10 anni: sorveglianza attiva oppure radioterapia oppure prostatectomia radicale con eventuale asportazione dei linfonodi pelvici
Se aspettativa di vita superiore a 10 anni: prostatectomia con eventuale asportazione dei linfonodi pelvici oppure radioterapia

A RISCHIO ELEVATO (T2a, Gleason 8-10, PSA > 20 ng/mL)
Prostatectomia con eventuale asportazione dei linfonodi pelvici oppure radioterapia


CANCRO PROSTATICO LOCALMENTE AVANZATO
In questo caso si tratta di tumori T3b o T4, in cui il rischio di progressione è elevato.
Sono possibili tre opzioni: radioterapia, prostatectomia, terapia ormonale


CANCRO PROSTATICO METASTATICO
In caso di metastasi linfonodali senza segni di metastasi sistemiche: radioterapia con eventuale ciclo (4-6 mesi) di terapia ormonale
In caso di metastasi sistemiche: terapia ormonale





Nella tabella 2 viene sintetizzata la classificazione TNM per il cancro prostatico



TABELLA 2


T = Tumore
T1 = tumore clinicamente inapparente non visibile e non palpabile diagnosticato in seguito ad un esame istologico dopo TURP (T1a = presente nel 5% o meno del tessuto resecato, T1b = presente in più del 5% del tessuto resecato) o ad una agobiopsia per un PSA elevato (T1c)
T2 = tumore confinato alla prostata, T2a se ad un solo lobo, T2b se ad entrambi i lobi
T3 = tumore esteso alla capsula prostatica (T3a) oppure anche alle vescichette seminali (T3b)
T4 = tumore che invade le strutture adiacenti (collo vescicale, retto, ecc)
TX = tumore non valutabile

N = Linfonodi
0 = no interessamento linfonodale
N+ = interessamento linfonodale
NX = linfonodi non valutabili

Metastasi sistemiche
M0 = non metastasi a distanza
M+ = metastasi a distanza. M1a = linfonodi non regionali – M1b = ossa – M1c = altri tessuti




Che dire? Queste nuove linee guida differiscono dalle precedenti perchè nei pazienti con cancro clinicamente localizzato a rischio evolutivo molto basso o basso la sorveglianza attiva diventa non una scelta opzionale insieme alle altre (chirurgia o radioterapia), ma una scelta raccomandata come prima linea. In questo senso viene riconosciuto che molti cancri prostatici scoperti mediante screening possono essere forme indolenti che evolvono lentamente o non evolvono, per cui il trattamento porterebbe a maggiori rischi che benefici.
Tuttavia vi sono alcune criticità che è bene tenere presenti.
Anzitutto non è sempre facile determinare con esattezza l'aspettativa di vita di un individuo perchè si devono considerare non solo le tabelle statistiche di sopravvivenza ma anche le comorbilità eventualmente presenti.
In secondo luogo non esistono ancora studi su larga scala che abbiano paragonato la sorveglianza attiva al trattamento chirurgico o radiante in pazienti con tumore prostatico localizzato. E' in corso attualmente uno studio di fase 3, randomizzato e controllato, denominato STAR (Surveillance Therapy Against Radical Treatment), ma i risultati non saranno disponibili per alcuni anni.
Infine, il punto critico principale: quanti pazienti, soprattutto se relativamente giovani, pur correttamente e dettagliatamente informati, riusciranno a scegliere la sorveglianza attiva, accettando l'idea di vivere con un tumore istologicamente maligno senza trattarlo? La scelta in effetti non sarebbe facile neppure per un medico, figurarsi per un paziente.


Renato Rossi


Referenze

NCCN. Clinical Practice Guidelines in Oncology. Prostate cancer. V.I.2010


Commento di Luca Puccetti

Tali raccomandazioni appaiono davvero poco sensate e poco giustificate. Prendiamo la sitazione italiana un uomo di 62 anni ha una speranza di vita media di oltre 20 anni. Questo vorrebbe dire che si dovrebbe sottoporre, non si sa per quanti anni, ad una sorta di "tagliando annuale" in cui si dovrebbero ottenere gli indici su cui costruire il profilo di rischio che comporta, tra l'altro anche un'ecografia.
Ma che cosa accade del rischio anno dopo anno? Esso non rimane eguale, ma cambia dinamicamente, sia per intrinseci motivi statistici, sia per possibili sopraggiungenti patologie. Quali prove esistono che un intervento dopo 5 anni di vigile attesa risulti ancora egualmente potenzialmente efficace come quello che fosse stato eseguito 5 anni prima? Non esiste alcuna seria prova di tutto ciò. Per non parlare, come già osservato da Renato Rossi, della difficilissima situazione di convivenza psicologica con una tale minaccia, che potenzialmente potrebbe indurre stress e depresione e quindi diminuire anche per questo motivo la speranza di vita e che assai probabilmente, ne minerebbe la qualità. I confini tracciati dalla presente linea guida sono pertanto inaccettabili e viene il sospetto che siano dettati da pure esigenze economiche da parte delle compagnie di assicurazione. Stanno inoltre affacciandosi nuove techiche, che, sia pur tutte da verificare, prospettano un possibile recupero dall'eventuale incontinenza postprostatectomia. La regola, fino ad oggi spesso usata, del discrimine di età di 7 anni di speranza di vita per decidere sull'intervento chirurgico, senza elucubrare su improbabili quanto complesse previsioni della progressione, appare molto più applicabile e ragionevole, per lo meno per il setting culturale italiano. Inoltre sarebbe interessante verificare, e cercheremo di farlo, la precisione di un tale modello anche solo dal punto di vista statistico. Lo score di predittività del rischio di progressione appare troppo complesso. Solitamente le cose più implementabili si basano su score semplici e di rapido calcolo. Invece, altro dubbio malevolo, sembra che sia necessaria una competenza specialistica per poter avere i dati necessari al calcolo. Insomma una LG che non ci sentiremo mai di seguire.



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