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Diagnostica ultrasonica della trisomia 21
Inserito il 29 aprile 2002 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



È stato compiuto un altro passo in avanti nell'ambito della diagnostica prenatale della "sindrome di Down". Tale alterazione cromosomica, certamente una delle più frequenti, è stata finora indagata con diversi mezzi tra cui, soprattutto, tramite l'esame del cariotipo con l'amniocentesi.
Uno studio, pubblicato su "Lancet", ha evidenziato come l'ecografia ultrasonica permette di analizzare lo stato di ossificazione del setto nasale del feto: in questo modo verrebbero evidenziati, con notevole anticipo e in modo non invasivo, i soggetti portatori di trisomia 21.
I pazienti con "sindrome di Down" sono in effetti caratterizzati da un dismorfismo facciale caratterizzato da viso schiacciato e naso piccolo. L'aspetto del dismorfismo facciale si manifesta in tutti i pazienti già durante lo sviluppo fetale, visibile ecograficamente.
Altro metodo incruento finora utilizzato era quello dell'esame ultrasonico della regione nucale che appare in questi pazienti ispessita e più opaca.
Mentre l'indagine genetica comporta un rischio d'aborto spontaneo pari a circa l'1%, l'esame ecografico della regione nucale, esente da rischi, ha una sensibilità superiore all'80% e una percentuale di falsi positivi dell'8%.
Al fine di approfondire l'utilità del controllo ecografico dello sviluppo nasale, sono stati esaminati più di 700 feti; all'esame ultrasonografico è seguita poi un'indagine genetica di verifica.
È stato evidenziato come un esame ecografico effettuato tra l'undicesima e la quattordicesima settimana mostrasse come, in più del 99% dei casi di feti normali, le ossa del naso erano ben formate, mentre questo non si verificava nel 70% dei feti con trisomia 21.
Questo elemento diagnostico si rivela perciò molto efficace, anche se da solo non può essere conclusivo. Andrebbe perciò utilizzato in associazione con altri criteri già esistenti, in modo da ridurre il numero dei falsi positivi.

Fonte: Lancet 2001;358:1665-1667

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