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A quali intervalli ripetere la densitometria ossea? |
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Inserito il 27 maggio 2012 da admin. - reumatologia - segnala a:
Non esistono ancora evidenze forti che possano guidare il medico nel decidere qual è l'intervallo ottimale di ripetizione della densitometria ossea.
Ogni quanto tempo ripetere la densitometria ossea (DXA)? Non vi sono risposte certe. In alcune pillole precedenti ci siamo occupati di alcuni lavori che avevano esaminato questo problema. In uno studio si osservò che la ripetizione della densitometria dopo 8 anni da un test basale non migliorava il potere predittivo del rischio di frattura, perlomeno in donne anziane sane [1]. Un altro studio suggeriva che durante i primi tre anni di trattamento con bifosfonati il monitoraggio della densità minerale ossea (BMD) non è generalmente necessario e dovrebbe essere evitato perchè può portare ad errate valutazioni circa l'efficacia della terapia in atto [2]. Recentemente la United States Preventive Services Task Force ha concluso che non esistono evidenze per dire a quali intervalli si dovrebbe eseguire una densitometria dopo un test basale di screening, anche se forse la ripetizione dell'esame dopo 2 anni potrebbe migliorare il potere predittivo di frattura [3]. Gli autori dello studio SOF hanno seguito per circa 15 anni quasi 5000 donne (età >/= 67 anni, con BMD normale o con osteopenia, con anamnesi negativa per fratture osteoporotiche). In tal modo sono stati in grado di determinare la velocità con cui si sviluppa l'osteoporosi. I risultati sono molto interessanti. Infatti un quadro di osteoporosi si sviluppa in meno del 10% delle donne esaminate in 15 anni se al basale la BMD è normale o vi è osteopenia lieve, entro 5 anni se al basale è presente osteopenia moderata ed entro 1 anno se al basale vi è osteopenia grave [4].
Anche quest'ultimo studio, però, non permette di rispondere alla domanda iniziale di quale sia l'intervallo ottimale di ripetizione della DXA. In effetti per poter determinare ogni quanto tempo richiedere l'esame bisognerebbe disegnare un RCT complesso in cui si confrontassero donne con quadri densitometrici diversi sottoposti al test a intervalli diversi. Lo studio, inoltre, dovrebbe avere una durata tale da poter stabilire quale sia la migliore strategia che ci permette di ridurre le fratture, unico end point che interessi al paziente. Si capisce bene che uno studio del genere ha poche probabilità di essere portato a termine (e probabilmente anche di essere ipotizzato).
Ne deriva che la decisione di quando ripetere la DXA deve basarsi più che altro sui pochi dati che abbiamo a disposizione e sul buon senso clinico. In termini generali possiamo dire che nel caso di un paziente non in trattamento e con BMD basale normale o con lieve ostepenia la DXA potrebbe anche non essere ripetuta per molti anni mentre, nel caso di osteopenia più grave si può prevedere un nuovo esame dopo alcuni anni. Nel caso invece di un paziente in trattamento per osteoporosi un esame di controllo potrebbe essere ragionevole dopo 2-3 anni di terapia e in seguito a intervalli variabili da modulare sulla base della rispota terapeutica.
Renato Rossi
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3083 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4709 3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5170 4. Gourlay ML et al. for he Study of Osteoporotic Fractures Research Group. Bone-Density Testing Interval and Transition to Osteoporosis in Older Women. N Engl J Med 2012 Jan 19; 366:225-233.
Commento di Luca Puccetti
La risposta al quesito deve prenedere in consideraqzioni aspetti legati al contesto clinico e al metodo di valutazione della massa ossea. Ogni sitema di misura ha dei limiti in termini di riproducibilita'. Tanto piu' un sistema di misurazione e' preciso tanto piu' piccolo e' l'errore legato alla ripetizione dell'esame pur se effettuato con i medesimi strumenti, nelle stesse sedi e nelle condizioni il piu' possibilmente simili a quelle della misura di confronto. La metodica che presenta la miglior precisione e' la DEXA (Dual Energy Xray Absorptiometry) che presenta un coefficiente di variazione di 1 - 1,5 per cento in condizioni ideali, ossia cercando di riprodurre condizioni di misura legate alla macchina, all'operatore e al paziente le piu' simili possibili e nella sede piu' favorevole ossia il femore. Pur con un coefficiente di variazione cosi' contenuto una misura ripetuta presenta un margine di errore in condizioni reali del 3 -6 per cento a seconda della sede misurata e questo e' riferito ai migliori centri. A parita' di condizioni anche il tempo che intercorre tra le valutazioni aumenta la variabilita'. Questo significa che il medico non potra' sapere se una differenza in termini percentuali del 3 - 5 per cento esprimano realmente variazioni biologiche o siano semplicemente legate all'errore insito nel sistema di misura variabile anche in funzione della sede.
Partendo dalla conoscenza di questi limiti il clinico deve chiedersi se e quando sia utile rivalutare la massa ossea.
La risposta, in termini teorici, deve prendere in considerazione le aspettative. Se il paziente presenta una condizione in cui e' presumibile che possa andare incontro ad una variazione rilevante della massa ossea, tale da superare, in un determinato periodo temporale, l'errore insito nel sistema di misura, la valutazione della reale variazione della massa ossea potrebbe essere stimabile, almeno in termini teorici. Le variazioni in termini quantitativi e temporali della massa ossea sono influenzati dalle condizioni patologiche dal soggetto, dalla sede di misura, dall'apparecchiatura, dall'operatore, dal trattamento e dal tempo intercorso tra le misure. A mero titolo esemplificativo citeremo come esempio di condizione ad elevato rischio di depauperazione rapida della massa ossea la terapia steroidea a dosi medio-elevate in cui, specialmente a livello della colonna, si apprezza comunemente una diminuzione quantitavamente rilevante e rapida della massa ossea. Una condizione di rapido incremento della massa ossea, con variazioni rapide e quantitavamente rilevanti, si osserva in corso di terapia con calcio e vitamina D nelle osteoporomalacie associate, ad esempio, ad una celiachia misconosciuta. Si tratta di due esempi in cui e' lecito attendersi variazioni rilevanti e rapide della massa ossea ed in tali casi un tempo di un anno tra una misura basale ed il controllo puo' essere un intervallo appropriato al fine di monitorare l'evento biologico e clinico. Al contrario, se l'aspettativa della variazione non e' rapida e' inutile, anche solo da un punto di vista strumentale, ripetere la misura prima che sia passato un tempo tale da ritenere probabile che si sia verificata una variazione della massa ossea tale da sopravanzare quella correlata alla ripetizione della misura, che aumenta con l'aumentare del tempo trascorso tra una misura e l'altra.
In termini pratici in nel monitoraggio di pazienti con osteoporosi postmenopausale o senile, non secondaria, un tempo di 24 mesi appare quello minimo per poter osservare, nella maggior parte dei casi, variazioni superiori al margine di errore insito nella ripetizione della misura.
Infine rimane da dirimere l'aspetto piu' importante ossia se e quando la ripetizione sia clinicamente utile e non solo quando abbia senso effettuarla da un punto di vista del puro rilevamento del dato biologico.
Su questo punto occorre ricordare che la maggior parte delle terapie per l'osteporosi sono assunte solo per poco tempo nella maggior parte dei soggetti cui sono prescritte, che le opzioni terapeutiche alternative ad eventauli trattamenti inefficaci sono praticamente assai limitate, da evidenti motivazioni di rapporto costo/beneficio e da effetti collaterali ed che il ruolo di rinforzo positivo del monitoraggio della BMD sulla compliance terapeutica e' negato da molti autori (Osteoporos Int 2007;18:711-9.)
Dalle considerazioni sovraesposte appare evidente che la ripetzione della misura della massa ossea e' poco utile nella maggior parte dei casi e che, quando e' potenzialmente utile, deve essere ripetuta tenendo presenti le limitazioni insite nella misura in rapporto all'andamentro atteso della massa ossea e valutando la sussistenza di concrete alternative terapeutiche praticabili.
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