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ASA previene recidive tromboembolismo venoso |
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Inserito il 02 luglio 2012 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
La terapia con aspirina in pazienti con tromboembolismo venoso non provocato che hanno interrotto il trattamento anticoagulante, diminuisce il rischio di recidiva senza apparentemente aumentare quello dei sanguinamenti maggiori.
A Cura del Dottor Gianluca Miglio
Il rischio di recidiva del tromboembolismo venoso persiste per anni dopo la sospensione del trattamento anticoagulante e a 2 anni dall’interruzione della terapia con gli antagonisti della vitamina K circa il 20% dei pazienti con storia di tromboembolismo non provocato (cioè che si è manifestato in assenza di noti fattori di rischio) ha una recidiva. Il proseguimento del trattamento con questi farmaci comporta la diminuzione del rischio di recidiva, l’aumento del rischio di sanguinamento e si associa agli inconvenienti e ai costi legati ai periodici esami di monitoraggio necessari per gli aggiustamenti del dosaggio. Il trattamento anti-aggregante con l’aspirina, nell’ambito della prevenzione primaria del tromboembolismo venoso, determina una diminuzione del rischio dal 20% al 50%.
Scopo dello studio WARFASA è stato valutare i benefici clinici della terapia con aspirina per la prevenzione delle recidive in pazienti con storia di tromboembolismo venoso non provocato trattati con antagonisti della vitamina K.
WARFASA è stato uno studio multicentrico (ha visto la partecipazione di numerosi centri italiani e di uno austriaco), randomizzato in doppio cieco. Eleggibili sono stati i pazienti con età >18 anni, che per 6-18 mesi hanno assunto antagonisti della vitamina K (INR target 2,0-3,0) per trattare il primo episodio confermato in modo oggettivo, sintomatico e non provocato, di trombosi venosa profonda prossimale, di embolia polmonare o di entrambi. A 2 settimane dall’interruzione del trattamento con gli antagonisti della vitamina K i pazienti sono stati randomizzati al trattamento, della durata prevista di 2 anni, con aspirina (100 mg/die) o con placebo. L’outcome primario di efficacia è stato il tromboembolismo venoso sintomatico e confermato in modo oggettivo, definito come il composito di trombosi venosa profonda, di embolia polmonare fatale o non fatale. Gli outcome secondari di efficacia hanno compreso l’infarto del miocardio non fatale, l’angina instabile, lo stroke, l’attacco ischemico transitorio, l’ischemia acuta degli arti inferiori e la morte per qualunque causa. L’outcome principale di sicurezza è stato il sanguinamento maggiore. Un episodio di sanguinamento è stato definito ‘maggiore’ se: ha causato il decesso del paziente; ha interessato un sito critico (versamento intracranico, intraspinale, intraoculare, retroperitoneale, intrarticolare, pericardiaco o intramuscolare, che ha portato a una sindrome del compartimento); è stato associato a una diminuzione del livello dell’emoglobina di almeno 2,0 g/dl, oppure ha richiesto una trasfusione di ≥2 unità di sangue intero o di emazie. L’outcome secondario di sicurezza ha compreso tutti i sanguinamenti che non incontravano i criteri per poter essere definiti come ‘maggiori’, ma che sono stati definiti ‘clinicamente rilevanti’ perché hanno richiesto l’intervento medico. I partecipanti sono stati esaminati ogni 3 mesi durante il primo anno e ogni 6 mesi successivamente. E’ stato chiesto loro di contattare immediatamente il centro dello studio in caso di comparsa di sintomi suggestivi di recidiva del tromboebolismo o di sanguinamento; i casi sospetti sono stati valutati in modo oggettivo. Da maggio 2004 ad agosto 2010, 403 pazienti sono stati randomizzati al gruppo aspirina (n=205) e a quello placebo (n=197; 1 paziente non ha ricevuto il trattamento). La mediana della durata del trattamento è stata 24,0 mesi per il gruppo aspirina e 23,5 mesi per quello placebo. Nel corso del follow-up sono stati persi 3 pazienti del gruppo aspirina (1,4%) e 4 di quello placebo (2,0%). Al basale le caratteristiche dei partecipanti non sono state significativamente diverse tra i gruppi: età ~62±15 anni, maschi ~64%, bianchi ~99%. Gli eventi indice sono stati la trombosi venosa, ~63% dei pazienti e l’embolia polmonare, ~37%. La durata del trattamento con gli antagonisti della vitamina K è stata: 6 mesi, ~35%; 12 mesi, ~55%; 18 mesi, ~10%. Recidive del tromboembolismo venoso hanno interessato 28 pazienti del gruppo aspirina e 43 pazienti di quello placebo (6,6% vs. 11,2% per anno; HR 0,58; IC 95% 0,36-0,93; p = 0,02). Hanno avuto recidive mentre stavano assumendo il trattamento in studio 23 pazienti del gruppo aspirina e 39 pazienti di quello placebo (5,9% vs. 11,0% per anno; HR 0,55; 0,33-0,92; p = 0,02). Le frequenze di recidiva sono state: 11/83 nel gruppo aspirina e 16/67 in quello placebo, tra i pazienti con embolia polmonare come evento indice (6,7% vs. 13,5% per anno; HR 0,38; 0,17-0,88; p = 0,02); 17/122 e 27/130, tra quelli con trombosi venosa profonda come evento indice (6,5% vs. 10,2% per anno; HR 0,65; 0,65-1,20; p = 0,17). Un’analisi aggiustata per età, genere, evento indice e durata della terapia anticoagulante ha confermato che il trattamento con l’aspirina ha diminuito il rischio di recidiva (HR aggiustata 0,53; 0,32-0,85; p = 0,009). Sono stati riportati 2 episodi di sanguinamento maggiore non fatale: 1 dovuto a ulcera gastrica in un paziente del gruppo placebo e 1 dovuto ad angiodisplasia intestinale in 1 paziente del gruppo aspirina. Sanguinamenti clinicamente rilevanti hanno interessato 6 pazienti: 3 del gruppo aspirina (sanguinamento gengivale 1 paziente, ematomi cutanei 2 pazienti) e 3 di quello placebo (sanguinamento muscolo-scheletrico post-trauma 2 pazienti e gastrite emorragica 1 paziente). Ci sono stati 11 decessi: 6 nel gruppo aspirina (1,4% per anno) e 5 in quello placebo (1,3% per anno). Due sono state le morti improvvise (1 in ciascun gruppo), entrambe per embolia polmonare. Quattro sono stati i decessi da cancro e 5 da altre cause. Sono stati riportati 8 eventi arteriosi nel gruppo aspirina (1,9% per anno) e 5 in quello placebo (1,3% per anno). Cinque pazienti hanno interrotto il trattamento a causa degli eventi avversi: dolore gastrico, 3 pazienti (1 nel gruppo aspirina e 2 in quello placebo), reazione cutanea 1 paziente nel gruppo aspirina, insufficienza renale 1 paziente nel gruppo aspirina.
La terapia con aspirina in pazienti con tromboembolismo venoso non provocato che hanno interrotto il trattamento anticoagulante, diminuisce il rischio di recidiva senza apparentemente aumentare quello dei sanguinamenti maggiori. Pertanto, essa costituisce una potenziale alternativa al trattamento anticoagulante per la prevenzione secondaria a lungo termine del tromboembolismo venoso.
Il coinvolgimento delle piastrine nella formazione dei trombi venosi e l’osservazione di livelli aumentati dei marker di attivazione piastrinica ed endoteliale nei pazienti con tromboembolismo venoso costituiscono le premesse del razionale biologico-meccanicistico a favore dell’efficacia dell’aspirina nella prevenzione primaria e secondaria del tromboembolismo venoso. L’efficacia della terapia antiaggregante nella prevenzione secondaria del tromboembolismo venoso, dimostrata in questo studio, conferma i risultati di un piccolo trial nel quale è stata confrontata l’associazione aspirina+dipiridamolo al placebo (Steele P. Lancet 1980;2:1328-1329). Inoltre, confrontati al placebo, anche il dabigatran (inibitore della trombina, per os) e il rivaroxaban (inibitore del fattore Xa, per os) si sono dimostrati capaci di diminuire il rischio di recidiva del tromboembolismo venoso in misura >80% (Schulman, et al. J Thromb Haemost2011; 9: 731-732; Schulman, et al. J Thromb Haemost 2011; 9: 22; The EINSTEIN Investigators. N Engl J Med 2010; 363:2499-510). Rispetto agli antagonisti della vitamina K tutti questi farmaci hanno il vantaggio di non richiedere il monitoraggio di laboratorio per gli aggiustamenti del dosaggio. L’aspirina, inoltre, è economica e la sua sicurezza è stata ampiamente valutata. I limiti dello studio sono la durata (sono stati necessari 6 anni per il completamento a causa del lento reclutamento) e la potenza statistica insufficiente per poter stabilire gli effetti dell’aspirina sulla cardiopatia ischemica e sulla malattia cerebrovascolare, che sono entrambe comuni tra i pazienti con tromboembolismo venoso non provocato. Inoltre, i risultati ottenuti non sono estendibili ai soggetti che potrebbero richiedere la terapia con aspirina per la prevenzione degli eventi arteriosi, dato che i pazienti con malattia aterosclerotica sono stati esclusi. Punti di forza sono il disegno dello studio, la durata del trattamento (maggiore rispetto agli studi menzionati) e la consistenza dei risultati anche applicando metodi di analisi diverse. Nel suo commento Richard C. Becker sottolinea che in base alle evidenze disponibili i pazienti con tromboembolismo venoso e con rischio di sanguinamento da basso a moderato sono quelli che potrebbero ottenere i maggiori benefici dal proseguimento della terapia anticoagulante e non con aspirina. I convincenti risultati dello studio WARFASA potrebbero costituire la base per l’evoluzione della terapia del tromboembolismo venoso. Tuttavia, affinché la terapia con aspirina possa entrare nella pratica quotidiana di cura dei pazienti ad alto rischio di sanguinamento associato alla terapia con anticoagulanti o di quelli a basso rischio di recidiva, sono necessari, rispettivamente, studi di conferma o indirizzati alla personalizzazione della terapia attraverso l’identificazione e validazione dei profili dei pazienti su base clinica o di biomarker. Entro il 2012 è prevista la pubblicazione dei risultati dello studio Aspirin to Prevent Recurrent Venous Thromboembolism (ASPIRE), il cui disegno è simile a quello dello studio WARFASA, e nel quale 822 pazienti sono stati randomizzati ad aspirina (100 mg/die) o a placebo. È auspicabile che l’analisi dei risultati dei due studi fornisca evidenze migliori sugli effetti dell’aspirina nei pazienti con tromboembolismo venoso non provocato. Conflitto d’interesse
Lo studio è stato finanziato dall’Università di Perugia e da aziende farmaceutiche. Alcuni autori dichiarano di aver ricevuto contribuiti da aziende farmaceutiche. Riferimento bibliografico
1) Becattini et al. Aspirin for preventing the recurrence of venous thromboembolism. N Engl J Med 2012; 366: 1959-1967.
2) Becker RC. Aspirin and the prevention of venous thromboembolism.N Engl J Med2012; 366: 2028-2030.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - Farmaci in evidenza n. 104 http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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