Uno studio danese ha analizzato qual è la probabilità di sviluppo di epatocarcinoma nella cirrosi alcolica.
Si ritiene che la cirrosi alcolica sia un fattore di rischio per lo sviluppo do epatocarcinoma. Ma quanto è frequente questa neopalsia nel paziente cirrotico? E un follow up periodico laboratoristico e strumentale attuato al fine di diagnosticare precocemente una evoluzione in questo senso è utile a ridurre la mortalità?
Per rispondere a queste domande alcuni studiosi [1] hanno analizzato un ampio database nazionale danese in cui erano archiviati tutti i pazienti con una prima diagnosi di cirrosi alcolica effettuata dal 1993 al 2005 (n = 8482). I parametri cosniderati fino al 2009 sono stati lo sviluppo di epatocarcinoma e i decessi a partire da un anno dalla diagnosi. Il follow up medio è stato di poco più di 4 anni. In tutto sono stati diagnosticati 169 casi di epatocarcinoma. Durante il follow up sono morti 5734 partecipanti. In questi soggetti l'epatocarcinoma si era sviluppato in 151 pazienti. Tuttavia si è visto che solo nell'1,8% dei casi deceduti la causa era da attribuire all'epatocarcinoma. Sono stati poi esaminati i dati dei pazienti che erano seguiti da specialisti in epatologia ma si è visto che la loro mortalità era simile a quella registrata per l'intera popolazione in esame. Sulla abse di questi risultati gli autori concludono che il rischio di sviluppo di un epatocarcinoma nel paziente cirrotico è basso e bassa è pure la mortalità dovuta a questa neoplasia, tanto che è poco probabile che il follow up strumentale e laboratoristico sia efficace a ridurre la mortalità.
Insomma, dallo studio danese esce confermato il dato che la la mortalità della cirrosi è elevata: durante lo studio è deceduto il 67% dei partecipanti. Tuttavia sembra che la probabilità di sviluppare un epatocarcinoma e di morire a causa di esso sia bassa. Va considerato che dallo studio sono stati esclusi pazienti con infezione da virus epatitico B e C, pertanto i risultati trovati si applicano solo alla cirrosi su base alcolica.
Si dovrebbe quindi smettere di seguire con esami di laboratorio (alfafetoproteina) e strumentali (ecografia) i pazienti con cirrosi alcolica al fine di evidenziare precocemente una evoluzione maligna? In realtà è difficile rispondere perchè non ci sono studi randomizzati e controllati che abbiano confrontato pazienti sottoposti a controlli regolari e pazienti non controllati e che abbiano valutati endpoint hard come la mortalità.
Si sarebbe tentati di dire che probabilmente i controlli regolari servono a poco, tuttavia forse è opportuno aspettare altri studi e nel frattempo attenersi a quanto previsto dalle linee guida, anche se le raccomandazioni ivi contenute riguardano soprattutto pazienti con epatite B, epatite C o epatite autoimmune. Recentemente per questi pazienti l'American Association for the the Study of Liver Disease ha consigliato il monitoraggio ecografico ogni sei 6, mentre riconosce che il dosaggio dell'alfafetoproteina manca di specificità e sensibilità sufficienti sia per la diagnosi che per il monitoraggio periodico [2]. Alla luce dei risultati dello studio danese per il paziente con cirrosi alcolica potrebbe essere ragionevole un controllo ecografico annuale.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Jepsen P et al. Risk for Hepatocellular Carcinoma in Patients With Alcoholic Cirrhosis: A Danish Nationwide Cohort Study. Ann Intern Med 2012 jun 19;156:841-847.
2. Bruix J et al. AASLD Practice Guideline. Management of hepatocellular carcinoma: An Update. Hepatology 2011 March; 53:1020.