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Esofago di Barrett: quale follow up? |
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Inserito il 10 novembre 2013 da admin. - gastroenterologia - segnala a:
Due studi confermano che nell'esofago di Barrett l'intensità della sorveglianza endoscopica deve essere personalizzata sulla base della presenza o assenza di fattori di rischio evolutivi per degenerazione neoplastica.
In una pillola precedente si è recensito uno studio irlandese secondo il quale il rischio degenerativo dell'esofago di Barrett sarebbe inferiore a quello che comunemente si crede [1].
Nel nostro commento concludevamo che il messaggio take away per il medico pratico poteva essere il seguente:
1) è consigliabile una sorveglianza frequente negli uomini, soprattutto dopo i 50 anni, con metaplasia intestinale specializzata e/o con displasia anche di basso grado. 2) la sorveglianza può essere meno intensa nei casi a minor rischio evolutivo (per esempio se dopo ripetuti controlli viene confermata l'assenza di metaplasia intestinale e di displasia).
Arrivano ora due studi che convalidano questa impostazione.
Il primo è una review clinica pubblicata da JAMA [2] che ha, come punto di partenza, alcune controversie circa il Barrett. In particolare si discute ancora di quale debba essere il follow up ottimale, se di debba o meno eradicare l'Helicobacter pylori nel Barrett e quale sia il ruolo della eradicazione endoscopica. I dati che ci sembrano più interssanti sono questi: 1) il rischio per anno di degenerazione neoplastica nel Barrett è di 0,25% se non c'è displasia e del 6% nel caso di dispalsia di alto grado 2) il reflusso gastroesofageo dovrebbe essere trattato come nei pazienti senza Barrett e non sembrano esserci differenze per il rischio di degenerazione tra terapia medica o chirurgica 3) l'ablazione endoscopica con radiofrequenze riduce in modo significativo il rischio di cancro in caso di displasia di alto grado e quindi è consigliata, è opzionale se vi è una dispalsia di basso grado e non è consigliata se non vi è displasia 4) nei casi di Barrett senza displasia si raccomanda un controllo endoscopico ogni 3-5 anni.
Il secondo studio [3] è di tipo caso-controllo su 8272 pazienti con esofago di Barrett. I risultati sono per certi versi sorprendenti: la sorveglianza periodica non è risultata associata ad una riduzione del rischio di morte per cancro esofageo rispetto a chi non era stato sottoposto a follow up. Gli autori ammettono che il loro studio non può escludere un beneficio della sorveglianza piccolo o moderato, in ogni caso minore di quanto comunemente si ritenga. Due fattori, comuqnue, sono risultati associati ad una maggiore mortalità: un Barrett più lungo di 3 centimetri e la presenza di displasia.
In conclusione: la discussione sul Barret è ancora aperta. In attesa che altri studi portino ulteriori contributi riteniamo ancora valido quanto consigliato in precedenza: la sorveglianza periodica del Barrett dovrebbe essere più frequente in alcuni casi (uomini dopo i 50 anni, segmento del Barrett > 3 cm, presenza di displasia) e meno intensa nei casi a minor rischio (assenza di displasia, Barrett "corto").
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5277
2. Spechler ST. Barrett Esophagus and Risk of Esophageal Cancer. A Clinical Review JAMA. 2013 Aug 14;310(6):627-636.
3. Corley DA et al. Impact of Endoscopic Surveillance on Mortality From Barrett's Esophagus–Associated Esophageal Adenocarcinomas. Gastroenterology 2013 Aug. 145:312-319.e1
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