Nei pazienti con BPCO ricoverati per infarto miocardico i betabloccanti aumentano la sopravvivenza sia quando vengono prescritti durante il ricovero sia quando i pazienti erano già in trattamento con questi farmaci prima dell'evento acuto.
E' noto che i betabloccanti possono dare, come effetto collaterale, una broncostruzione, per cui, spesso, il medico è riluttante ad usarli nei pazienti con affezioni respiratorie come l'asma bronchiale e la broncopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Tuttavia i betabloccanti sono farmaci molto utili in alcune cardiopatie come per esempio la cardiopatia ischemica e lo scompenso cardiaco. Come comportarsi quando nel paziente con BPCO coesistono condizioni morbose che indicano fortemente l'uso dei betabloccanti?
In questi casi si tende a preferire i betabloccanti cardioselettivi per il loro minor impatto sull'albero bronchiale. Infatti l'azione dei betabloccanti cardioselettivi si esercita soprattutto sui recettori beta 1 cardiaci ed in misura minore sui recettori beta 2 bronchiali.
In realtà ci sono studi che suggeriscono che il timore di usare i betabloccanti nella BPCO potrebbe essere infondato e che questi farmaci potrebbero addirittura ridurre la mortalità [1,2].
Anche uno studio osservazionale di coorte inglese conclude che i betabloccanti usati nei pazienti con BPCO ed infarto miocardico migliora la sopravvivenza [3].
Lo studio ha valutato i dati clinici di oltre 1000 pazienti affetti da BPCO e ricoverati per un primo infarto miocardico. Il trattamento con betabloccanti iniziato durante il ricovero risultava associato ad un aumento della sopravvivenza dopo un follow up medio di poco meno di 3 anni. Un aumento della sopravvivenza era evidiente anche nei pazienti che già erano in trattamento con betabloccanti prima dell'infarto.
Ovviamente si tratta di uno studio osservazionale con tutti i limiti legati a questo tipo di disegno.
Però i dati attualmente a nostra disposizione sembrano indicare che i betabloccanti non dovrebbero essere negati ai pazienti con BPCO qualora esistano condizioni cliniche che ne indicano fortemente l'uso. A nostro avviso, però, prudenza e attento monitoraggio dovrebbe essere usati nei casi di forme respiratorie gravi.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Rutten FH et al. β-Blockers May Reduce Mortality and Risk of Exacerbations in Patients With Chronic Obstructive Pulmonary Disease. Arch Intern Med. 2010 may 24;170(10):880-887
3. Quint JK et al. Effect of β blockers on mortality after myocardial infarction in adults with COPD: population based cohort study of UK electronic healthcare records. BMJ 2013;347:f6650