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Uso di antibiotici per la bronchite acuta
Inserito il 10 agosto 2014 da admin. - infettivologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La bronchite acuta è una malattia respiratoria con sintomo predominante la tosse, che dura meno di tre settimane. Per più di 40 anni i trials hanno dimostrato che gli antibiotici non erano efficaci nella bronchite acuta. Nonostante ciò, tra il 1980 e il 1999, il tasso di antibiotici prescritti per la bronchite acuta era tra il 60% e l’80% negli USA. Durante gli ultimi 15 anni, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha fatto molti sforzi per ridurre la prescrizione di antibiotici per la bronchite acuta. Dal 2005, una misura della Health Care Effectiveness Data and Information Set (HEDIS) ha stabilito che il tasso di prescrizione di antibiotici per la bronchite acuta avrebbe dovuto essere uguale a zero.

Per stimare l’associazione con gli sforzi incorso della CDC e la implementazione della misura HEDIS, gli autori di questo lavoro hanno valutato il cambiamento dei tassi di prescrizione antibiotica per la bronchite acuta negli USA tra il 1996 e il 2010, utilizzando il The National Ambulatory Medical Care Survey e il National Hospital Ambulatory Medical Care Survey (NAMCS/NHAMCS), che sono indagini di probabilità di cura ambulatoriale annuali, rappresentativi a livello nazionale in USA.
Sono state incluse visite per nuovi problemi fatte da adulti dai 18 ai 64 anni presso i medici di medicina generale, le cliniche di medicina generale, o derivate dall’ED dal 1996 al 2010, con diagnosi di bronchite acuta. Sono stati esclusi pazienti ricoverati in ospedale, o visite associate a malattie polmonari croniche, immunodeficienza, cancro, o diagnosi di infezioni concomitanti. Sono stati classificati gli antibiotici, macrolidi o altri, e l’esito principale.

Risultati:

Hanno incontrato i criteri di inclusione e di esclusione 3153 visite per bronchite acuta tra il 1996 e il 2010. Il tasso complessivo di antibiotici era del 71% (95% IC, 66%-
76%) ed aumentava tra il 1996 e il 2010 (odds ratio aggiustata per il periodo di 10 anni, 1.75 [95% IC, 1.06-2.90]; P = 0 .03). Vi era un significativo aumento del tasso di prescrizione di antibiotici in ED. I medici avevano prescritto i macrolidi nel 36% (95% IC, 32%-41%) delle visite per bronchite acuta e la prescrizione dei macrolidi era aumentata dal 25% delle visite nel periodo 1996-1998 al 41% nel periodo 2008-2010 (P = 0.01). Altri antibiotici erano stati prescritti nel 35% delle visite (95% IC, 30%-39%), e per la maggior parte si trattava di fluorchinoloni, amino penicilline, e cefalosporine. Il tasso di prescrizione degli altri antibiotici non si modificava significativamente nel tempo (48% delle visite nel periodo 1996-1998, 35% delle visite nel periodo 2008-2010; P =0 .55).

Gli autori concludono che, nonostante le chiare evidenze, le linee guida, le misure di qualità, e più di 15 anni di sforzi educativi che stabilivano che la prescrizione antibiotica avrebbe dovuto avere un tasso uguale allo zero, la prescrizione antibiotica per la bronchite acuta era del 71% ed aumentava durante il periodo in esame. I medici, quindi, continuano a prescrivere costosi antibiotici ad ampio spettro.
Evitare il sovrauso di antibiotici per la bronchite acuta dovrebbe rappresentare una pietra miliare della qualità della cura. I medici, i servizi sanitari ed i pazienti dovrebbero collaborare per creare maggiore responsabilità e ridurre il sovrauso di antibiotici.

Limitazioni ammesse dagli autori:

1. Il campione in esame per alcune stime era piccolo
2. La revisione non riesce a comprendere le cure fornite all’infuori delle visite cliniche
3. La revisione riesce a comprendere limitate informazioni cliniche
4. Come analisi delle visite, un paziente singolo potrebbe teoricamente essere incluso più di una volta, anche se poco probabile.

Fonte:

Antibiotic Prescribing for Adults With Acute Bronchitis in the United States,1996-2010.Barnett, M.L. Linder J.A.
JAMA 2014, 311(19). 20121-22.

Commento di Patrizia Iaccarino

Secondo il Rapporto OSMED (Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali) sul consumo dei farmaci nei primi nove mesi del 2013, in regime di assistenza convenzionata (farmaci erogati dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso le farmacie pubbliche e private), sono state consumate 22,3 dosi giornaliere ogni mille abitanti di antibiotici, con un aumento, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, del +5,4%. Anche la spesa per questa categoria di farmaci ha fatto segnare un incremento, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, del +3,2%. I consumi hanno continuato a mostrare un'ampia variabilita' regionale e, in particolare, sono stati caratterizzati da un gradiente Nord-Sud. La Campania (32,4 dosi giornaliere per 1.000 abitanti), seguita dalla Puglia (29,6 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) e dalla Calabria (27,7 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) continua ad essere la Regione con il maggior consumo di antibiotici, mentre i consumi meno elevati sono stati registrati nella P.A. di Bolzano (12,8 dosi giornaliere per 1.000 abitanti), in Liguria (15,1 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) e in Friuli Venezia Giulia (15,8 dosi giornaliere per 1.000 abitanti).
Lungi dal voler operare, in tale sede, un’analisi di questi dati (peraltro di complessa valutazione), ci limitiamo a ricordare che, spesso, la prescrizione di antibiotici risulta inappropriata. L’uso inappropriato degli antibiotici non rappresenta soltanto un problema di costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma soprattutto un problema di sanità pubblica, poiché favorisce l’insorgenza di resistenze batteriche con progressiva perdita di efficacia di tali farmaci.
Una prescrizione farmacologica può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e all’interno delle sue indicazioni d’uso (dose e durata del trattamento). Le infezioni acute delle vie respiratorie (IAR) sono fra le condizioni cliniche per le quali si osserva più frequentemente l'impiego di antibiotici, insieme alle infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie (IVU). Le IAR rappresentano una delle maggiori cause di morbosità e di mortalità nel mondo; si stima che esse rappresentino circa il 75% degli interventi medici nella stagione invernale ed un quarto del carico di lavoro complessivo presso gli ambulatori di Medicina Generale. Le IAR presentano prevalentemente un'eziologia virale (>80% dei casi), pertanto, gli antibiotici non sono solitamente efficaci per trattarle. Alla luce di tali considerazioni, viene considerato inappropriato l'uso di qualunque antibiotico in presenza di una diagnosi di influenza, raffreddore comune, o laringotracheite acuta e l'uso di macrolidi, fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta, considerato che, anche in presenza di S. pyogenes (unico agente eziologico di origine batterica coinvolto in questa infezione), la mancanza di una dimostrata resistenza batterica rende le penicilline la terapia di elezione.
Inoltre, viene considerato inappropriato il trattamento con cefalosporine iniettive e fluorochinoloni nei pazienti con bronchite acuta, in assenza di BPCO, vista l'eziologia prevalentemente virale di tali forme infettive. Infatti, qualora la bronchite acuta interessi soggetti anziani e/o con alto grado di severità, l'impiego di beta-lattamici orali e/o macrolidi può essere sufficiente per prevenire sovra infezioni batteriche che potrebbero portare all'insorgenza di polmoniti.
Nel trattamento delle infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie (cistite semplice) viene considerato inappropriato l'uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe dei fluorchinoloni.
(AIFA: Rapporto OSMED 2012/2013)


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