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Anticoagulazione nel paziente oncologico
Inserito il 26 ottobre 2014 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con cancro e tromboembolismo venoso una profilassi estesa con eparine a basso peso molecolare riduce il rischio di recidiva tromboembolica.



E' noto che le neoplasie costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo di tromboembolismo venoso (TEV). Tanto è vero che nei pazienti che manifestano uno o più episodi di TEV apparentemente idiopatico si consiglia di espletare accertamenti per la ricerca di un'eventuale neoplasia occulta.
La chemioterapia costituisce poi un ulteriore fattore predisponente.

Ma quali farmaci anticoagulanti sono preferibili per il trattamento a lungo termine del TEV nel paziente con tumore?

Ha cercato di stabilirlo una revisione Cochrane [1] in cui sono stati analizzati studi randomizzati e controllati in cui venivano paragonati vari trattamenti in pazienti con cancro e TEV sintomatico.

In totale sono stati ritenuti validi per l'analisi 10 RCT per un totale di quasi duemila pazienti.
Si è visto che l'uso di un'eparina a basso peso molecolare, rispetto al warfarin, risultava associata ad una riduzione del rischio di un nuovo episodio di TEV del 53%, anche se non si aveva una corrispondente riduzione della mortalità.
Per quanto riguarda il rischio emorragico o di piastrinopenia non è stata riscontrata una differenza statisticamente significativa tra eparine a basso peso molecolare e warfarin.
In uno studio sono stati paragonati warfarin e dabigatran e non si sono riscontrate differenze significative tra i due farmaci.
In un altro studio non si sono riscontrate differenze tra 6 e 18 mesi di trattamento con ximelagatran.
Infine in un altro studio è stato paragonato il trattamento con idraparinux per 3-6 mesi (una iniezione s.c una volta alla settimana) con il trattamento standard (eparina seguita da warfarin o
acenocumarolo): a 6 mesi si è avuta una riduzione del TEV con idraparinux, con nessuna differenza per quanto riguarda mortalità ed eventi emorragici.

In conclusione: nei pazienti con cancro e pregresso episodio di TEV l'eparina a basso peso molecolare come terapia a lungo termine riduce il rischio di nuovi episodi rispetto al warfarin, ma non ci sono differenze per quanto riguarda mortalità e sanguinamenti.
La necessità di iniezione sottocutanea potrebbe costituire un problema della terapia con eparine per alcuni pazienti, mentre per gli anticoagulanti orali classici vi è la necessità del monitoraggio ematico.
Secondo gli autori, quindi, la scelta del trattamento deve tener conto anche delle preferenze del paziente.

Ma cosa dicono le linee guida? In genere vengono privilegiate le eparine a basso peso molecolare da continuare per circa sei mesi [2,3]. Dopo tale periodo si consiglia di valutare e pesare i benefici e i rischi di continuazione della terapia anticoagulante.


Renato Rossi


Bibliografia

1. Akl EA et al. Anticoagulation for the long-term treatment of venous thromboembolism in patients with cancer. Cochrane Database Syst Rev. 2014 Jul 8;7:CD006650.

2. Venous thromboembolic diseases: the management of venous thromboembolic diseases and the role of thrombophilia testing. NICE guidelines [CG144]. Giugno 2012.

3. Kearon C et al. Antithrombotic therapy for VTE disease: antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest. 2012 Feb;141(2 Suppl):e419S-94S.











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