|
|
|
|
Empagliflozin riduce eventi cardiovascolari nei diabetici ad alto rischio |
|
|
Inserito il 27 settembre 2015 da admin. - metabolismo - segnala a:
Lo studio EMPA-REG OUTCOME suggerisce che l'empagliflozin (un inibitore del SGLT-2) riduce la mortalità in diabetici tipo 2 ad alto rischio.
Il trattamento ipoglicemizzante del diabete tipo 2 può giovarsi di numerose alternative farmacologiche. Oltre agli storici sulfaniluree, biguanidi, inibitori dell'alfa-glucosidasi e insulina, in questi ultimi anni si sono aggiunti: derivati della meglitinide (per esempio repaglinide, nateglinide), tiazolidinedioni (pioglitazone, rosiglitazone), gli agonisti del glucagonlike peptide 1 o GLP-1 (exenatide, liraglutide, etc.), gli inibitori della dipeptidil peptidasi 4 o DDP 4 (sitagliptin, saxagliptin, linagliptin), gli inibitori selettivi del co-trasportatore sodio-glucosio tipo 2 o SGLT-2 (canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin).
In particolare gli inibitori del SGLT-2 agiscono riducendo la soglia renale per il glucosio. In questo modo riducono la glicemia aumentando l'escrezione urinaria di glucosio.
Vengono ora resi noti al meeting 2015 dell'EASD (European Association for the Study of Diabetes) e contemporaneamente pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio EMPA-REG OUTCOME [1].
Si tratta di uno studio che ha valutato l'efficacia dell'empagliflozin su endpoint clinici e non solo su outcomes surrogati.
Nel trial sono stati arruolati 7020 pazienti affetti da diabete tipo 2 considerati ad alto rischio cardiovascolare. Infatti i partecipanti, oltre al diabete, avevano anche una diagnosi di malattia cardiovascolare (precedente infarto miocardico, angina instabile o coronaropatia, ictus o arteriopatia periferica).
Dopo randomizzazione i pazienti sono stati trattati, in aggiunta alla terapia standard che comprendeva anche farmaci ipoglicemizzanti di classi diverse dagli inibitori del SGLT-2, con empagliflozin 10 mg/die, empagliflozin 25 mg/die oppure placebo.
L'endpoint primario era di tipo composto e comprendeva morte da cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale e ictus non fatale.
Il follow up è stato in media di 3,1 anni.
L'endpoint primario si verificò nel 10,5% del gruppo empagliflozin e nel 12,1% del gruppo placebo (HR 0,86; 0,74–0,99). Questa differenza era dovuta alla riduzione del 38% dei decessi cardiovascolari (3,7% versus 5,9%) mentre non c'era differenza tra i due gruppi trattati e il gruppo controllo per l'infarto e l'ictus non fatali. Non si sono riscontrate differenze tra le due dosi di empagliflozin. Con l'empagliflozin, inoltre, si è registrata una riduzione significativa dei decessi totali (5,7% versus 8,3%) e delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (2,7% versus 4,1%).
Tra gli effetti collaterali dell'empagliflozin si è registrato un aumento delle infezioni genitali, un effetto collaterale noto del farmaco, ma non di altri eventi avversi (fratture e chetoacidosi diabetica).
Che dire?
Lo studio è certamente interessante perchè suggerisce che un farmaco ipoglicemizzante è in grado di ridurre endpoint clinici come la mortalità cardiovascolare e totale. Un evento che la comunità scientifica aspettava dallo storico UKPDS [2] in cui la metformina aveva ridotto del 34% la mortalità totale nei pazienti diabetici obesi. Secondo i dati dello studio EMPA-REG OUTCOME occorre trattare 38-39 pazienti per circa 3 anni per evitare un decesso.
Ovviamente sarà importante che altri studi confermino i risultati dell'empagliflozin anche perchè il meccanismo con cui il farmaco produce benefici clinici non è noto e sembra andare al di là della sua azione ipoglicemizzante. Secondo gli autori dello studio EMPA-REG si possono ipotizzare vari meccanismi: cambiamenti della rigidità della parete arteriosa, effetti sulla funzionalità cardiaca e renale, riduzione dell'albuminuria, effetti sul peso corporeo, sul grasso viscerale e sulla pressione arteriosa. Studi futuri potranno meglio chiarire la questione. Infine va considerato che i pazienti arruolati erano diabetici ad alto rischio per la coesistenza di una patologia cardiovascolare: non sappiamo se questi risultati siano trasferibili anche a diabetici senza malattia cardiovascolare nota.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Zinman B et al. for the EMPA-REG OUTCOME Investigators. Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. Pubblicato online il 17 settembre 2015.
2. Effect of intensive blood-glucose control with metformin on complications in overweight patients with type 2 diabetes (UKPDS 34). UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) Group Lancet. 1998 Sep 12;352:854-65.
|
|
|
Letto : 4612 | Torna indietro | | |
|
|
|
|
|
|
|
|