Benchè i cannabinoidi e la cocaina vengano compresi e comunemente nella stessa categoria di farmaci stupefacenti, sono stati sempre considerati come sostanze chimicamente e fisiologicamente indipendenti. Questa convinzione potrebbe essere inesatta, sulla base di uno studio olandese effettuato su animali. I ricercatori sono partiti dal presupposto che i cannabinoidi endogeni sono coinvolti in vari processi chimici cerebrali e il sistema recettoriale che risponde ai cannabinoidi svolge un ruolo fondamentale anche nel bisogno compulsivo dell'assunzione di cocaina anche dopo periodi di astinenza prolungati. Per verificare questo assunto i ricercatori hanno sperimentato su alcuni topi cocaino-dipendenti gli effetti di un'agonista del tetraidrocannabinolo (il principio attivo della marijuana). La somministrazione di questa sostanza ha provocato nei topi il desiderio compulsivo di cocaina, anche dopo un prolungato periodo di astinenza. Questo effetto è stato bloccato in modo efficace da un'antagonista specifico. Il fatto dimostrerebbe come i recettori specifici dei cannabinoidi siano coinvolti nelle ricadute di assunzione di cocaina e potrebbero quindi diventare un utile bersaglio farmacologico finalizzato alla prevenzione delle crisi. I ricercatori hanno voluto anche esaminare la risposta dei topi a stimoli fisiologici e sensoriali: l'induzione di un riflesso pavloviano, indotto con stimoli luminosi intermittenti prima della somministrazione di stupefacenti, richiamava la crisi durante il periodo di astinenza; tale crisi era però attenuata da somministrazione dell'antagonista sintetico del cannabinolo. Le crisi invece provocate mediante condizionamento fisico (scosse elettriche) non venivano attenuate dall'uso dell'antagonista. Sembrerebbe quindi che esitano diversi circuiti neuronali e diversi recettori implicati nella ricerca compulsiva dello stupefacente. Questo lavoro potrebbe aprire importanti strade in quanto è ben noto come le terapie attuali per la dipendenza da cocaina sono caratterizzate da una alta frequenza di insuccessi e ricadute anche dopo lunghi periodo di astinenza. È sperabile quindi che, sostanze antagoniste capaci di agire sui recettori specifici possano servire come utile arma terapeutica.