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I farmaci nel post-infarto: un ruolo da riconsiderare?
Inserito il 13 maggio 2018 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Riconsiderati gli effetti della mancata aderenza terapeutica nel post-infarto miocardico: aumento sensibile del rischio

Gli ACE inibitori/ antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB), I betabloccanti e le statine sono raccomandati dalle Linee Guida nel post infarto, ma nella realtà i pazienti non sempre riescono a seguire alla lettera la terapia ottimizzata per questa condizione.
Gli autori di questo studio hanno indagato sugli effetti della mancata aderenza terapeutica nel post-infarto miocardico e hanno identificato oltre 90 mila pazienti del registro Medicare con più di 65 anni con storia clinica di infarto miocardico e dimessi con la prescrizione di un beta-bloccante, un ACE-inibitore/ARB e una statina. L’aderenza alla terapia era misurata attraverso il calcolo della Proportion of Days Covered (PDC), cioè il rapporto tra il numero dei giorni di un periodo in cui è assunta la terapia ed il totale dei giorni del periodo temporale considerato: in questo caso, 180 giorni dopo la dimissione. L’analisi statistica è stata condotta attraverso il modello COX di rischio proporzionale.

Solo il 49% dei soggetti studiati aderiva alla terapia ottimizzata che utilizzava le tra classi di farmaci (PDC >80%) Dall’analisi dei sottogruppi con tutte le combinazioni possibili di non aderenza è emerso che
• nei pazienti che avevano assunto tutti e tre i farmaci come prescritto, il tasso di mortalità a un anno è stato del 9,3%;
• nei pazienti che erano stati aderenti alla terapia con un ACE-inibitore o un ARB e una statina, ma non un beta-bloccante, il tasso di mortalità era del 9,1%, una differenza statisticamente non significativa;
• nei pazienti che non avevano assunto alcuna delle medicine come da prescrizione, il tasso di mortalità è stato del 14,3%, con un incremento quasi del 54% rispetto ai pazienti aderenti.

Gli autori concludono che i pazienti ultrasessantacinquenni che hanno avuto un infarto del miocardio e che assumono regolarmente una terapia con un ACE-inibitore o un ARB e una statina, ma non sono in grado di assumere il beta-bloccante, non presentano un significativo aumentato del rischio di mortalità.
Nei pazienti che hanno avuto un infarto, la terapia prevede l’assunzione di circa 10 farmaci al giorno e, a sei mesi dalla dimissione dall’ospedale, solo la metà dei pazienti è aderente alle cure. Questa condizione, osservano gli autori, espone questi pazienti a un elevato rischio di decesso o di costosi ricoveri ospedalieri per un altro infarto miocardico, ictus e insufficienza cardiaca.
Identificare un regime di trattamento che riduca il numero di farmaci da assumere senza modificare gli outcome clinici potrebbe favorire l’aderenza alle cure e la speranza di vita.

Commento:
Perfetto! Conclusione convincente, campione numericamente rilevante ed eccellente metodologia statistica: ma con la popolazione adulta di età < 65 anni come ci comportiamo?
Prima di pensare a rivoluzionare le Linee Guida attuali, a mio parere, serve uno studio condotto con la medesima metodologia che non escluda la popolazione degli infartuati di età < 65 anni! Adelante, Pedro, con juicio ……

Enzo Pirrotta

Bibliografia
Adherence Tradeoff to Multiple Preventive Therapies and All-Cause Mortality After Acute Myocardial Infarction. J Am Coll Cardiol, 2017;70(13):1543-54.

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