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Tradimento coniugale: scatta anche un risarcimento?
Inserito il 31 gennaio 2021 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'infedeltà coniugale può essere la causa di danni risarcibili se lede diritti costituzionalmente garantiti, ma e’ onere del tradito provare il nesso causale con il tradimento (Cass. 26383/2020).

Una coppia si era separata giudizialmente a seguito del tradimento della donna, con addebito a carico della stessa.
La Corte di primo grado aveva attribuito l’ addebito alla donna ma negava al marito il risarcimento dei danni, da lui richiesto.
Anche la Corte d’ Appello, pur accogliendo le tesi del marito circa l’ addebito, negava il riconoscimento al risarcimento dei danni. Infatti riteneva che la depressione accusata dal marito derivasse dalla separazione tra i coniugi, e non specificatamente dal tradimento.

La Cassazione ha chiarito che al coniuge tradito può essere effettivamente riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale subito in conseguenza della separazione cagionata dalla violazione degli obblighi di fedeltà, anche se non c’e’ addebito al coniuge traditore. L’afflizione causata dal tradimento deve essere tale da far ritenere che la condotta dell'altro (naturalmente con prova del nesso di causalita’) abbia violato un diritto costituzionalmente garantito (salute, dignità e onore).

Pero’ nel caso in oggetto era mancata la prova proprio del nesso causale.

Benche’ il marito tradito sostenesse il contrario, la Cassazione ribadiva che, nel corso del processo di merito, non era stato dimostrato il nesso causale, che avrebbe permesso di riconoscere il diritto di risarcimento del danno non patrimoniale.

“La natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva sempreché (tuttavia) la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità personale. La sussistenza di tale condizione in concreto costituisce oggetto di accertamenti e valutazioni riservate al giudice di merito".

Daniele Zamperini

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