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MEDICO DI FAMIGLIA E SPECIALISTA: UN SOLO METODO O DUE DIVERSI APPROCCI??( Seconda Parte)
Inserito il 07 marzo 2021 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il metodo diagnostico utilizzato dal MMG differisce in modo sostanziale da quello messo in atto dallo specialista.

Esaminiamo ora alcune strategie diagnostiche peculiari del setting professionale del medico di famiglia che ne caratterizzano in modo sensibile l’attività d’indagine.
Innanzitutto i suoi tempi di lavoro difficilmente si prestano alla raccolta di un’anamnesi completa al primo incontro col paziente. Più spesso l’anamnesi si raccoglie gradualmente, nei vari contatti con l’assistito.
Il MMG nel procedere alla visita del paziente in genere non fa un EO generale e completo, ma si focalizza sul problema che gli viene posto e da qui elabora il suo ragionamento.
Alcune ricerche condotte negli anni ’70 hanno evidenziato che il classico procedimento sequenziale generalmente adottato di raccolta dell’anamnesi, esecuzione dell’esame obiettivo, formulazione di ipotesi diagnostiche, diagnosi differenziale e diagnosi finale, non rappresenta ciò che i medici di famiglia applicano nella pratica quotidiana. Studi sia inglesi che italiani si sono chiesti quali strategie mentali metta in atto il MMG per affrontare i problemi dei pazienti, in quei 10-15 minuti medi di contatto quotidiano.
Gli autori anglosassoni hanno osservato che il ragionamento clinico adottato dai medici di famiglia inglesi per configurare una diagnosi prevede fondamentalmente l’utilizzo di due strategie cognitive che si differenziano per i processi logici utilizzati.
La prima strategia, veloce, permette la formulazione di ipotesi diagnostiche in tempi estremamente rapidi – spesso nelle prime fasi del consulto medico – e si basa sull’intuizione-abduzione, sull’uso di euristiche e processi cognitivi automatici non analitici che scaturiscono nella mente del medico, innescati dal riconoscimento, spesso inconscio, di un modello paradigmatico di patologia (pattern recognition), dal riconoscimento di un caratteristico pattern clinico visivo, uditivo o tattile (spot diagnosis), dal disturbo lamentato dal paziente (presenting complaint) o dall’etichetta diagnostica che il paziente si auto-attribuisce (self labelling).
La seconda strategia, più lenta, ponderata, analitica, viene utilizzata per problemi complessi e di difficile risoluzione immediata.
I MMG talvolta possono utilizzare una forma intuitiva e informale di ragionamento probabilistico bayesiano, oppure dei flow-chart ad hoc, oppure ancora servirsi di un affinamento graduale della diagnosi attraverso una serie di indagini successive (stepwise refinement). Spesso utilizzano il test of time (wait end see), o la diagnosi ex-adiuvantibus.

Lo schema mentale delle strategie veloci e lente raccoglie molto bene il pensiero del premio Nobel Daniel Kahneman, laddove sostiene che i procedimenti cognitivo-decisionali del nostro cervello seguono due vie: la via veloce del Sistema 1 (che inferisce, crea, trascura l’ambiguità, inibisce il dubbio, tende da subito a credere e confermare, lavorando in modo automatico) e la via lenta del Sistema 2 (coinvolto in attività mentali impegnative, complesse, in decisioni difficili che abbisognano di tempo e riflessione).
La diagnosi finale, in Medicina Generale, non necessariamente corrisponde a una precisa entità nosografica ma più spesso rappresenta un’ ipotesi “di lavoro”, la quale permette al medico di prospettare una prognosi e consente l’inizio di un trattamento.
Le differenze di setting influenzano e condizionano sensibilmente il modo di procedere del MMG rispetto al MS.
L’aver a che fare con problemi (e non con malattie), con persone che discutono e ‘contrattano’ il percorso diagnostico, la pochezza degli strumenti clinici, il fattore ‘tempo’, la distanza tra lo studio e le strutture di diagnosi e cura, il numero sempre maggiore di pazienti “vita sola”, la polimorbilità e la cronicità, la presenza di limitazioni diagnostico-terapeutiche (i vari ticket, le esenzioni selettive per patologia e le famose note prescrittive…) interferiscono pesantemente sul modo di ragionare e procedere del MMG, modificando anche il suo “metodo diagnostico”. I parametri di riferimento del MS sono molto lontani da quelli del MMG.

Se “il Metodo” ha ancora una sua validità teorica, esso è ormai sostituito da ‘prassi’ setting-dipendenti e da nuovi modelli decisionali, ricavati dalla real-life quotidiana. La sua ‘declinazione clinica’ nella pratica è condizionata dal contesto in cui si opera, e quindi le rispettive strategie diagnostiche del MMG e quelle del MS ci appaiono ormai nettamente differenti. Quanto detto finora si complica ancor più con la comparsa della ‘teleassistenza’ (teleconsulto, televisita, virtual-doctor e virtual-medicine).
Quanto poi l’ Intelligenza Artificiale (IA) potrà in futuro interferire su questi fenomeni è difficile da inferire. I ‘sistemi esperti’ di decision making avranno certamente un grande uso e una grande importanza, ma forse, nonostante tutte le ‘profilazioni’ possibili, non potranno mai sostituire il rapporto di fiducia e la confidenza che si instaura fra assistito e MMG. Né Babylon Health potrà mai “mettere una mano” sulla pancia dei pazienti.

Roberto Fassina


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