Uno studio osservazionale ha valutato l’aderenza alle linee guida nella terapia di pazienti diabetici tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare.
Nei diabetici tipo 2 ad elevato rischio cardiovascolare le terapie consigliate sono un aceinibitore o un ARB, una statina ad alto dosaggio (atorvastatina 40-80 mg o rosuvastatina 20-40 mg) e un inibitore SGLT-2 o un agonista GLP-1. Queste raccomandazioni sono condivise da tutte le linee guida sul trattamento del paziente con diabete tipo 2 e precedenti eventi cardiovascolari (o comunque ad elevato rischio).
Uno studio osservazionale [1] ha analizzato come queste raccomandazioni vengano rispettate valutando la terapia di una coorte di circa 325 mila diabetici (età media 68 anni) che avevano anche una patologia cardiovascolare (coronarica, cerebrale o periferica). Si è visto che l’aderenza alle linee guida non è per nulla soddisfacente. Le statine erano assunte da più del 50% dei soggetti ma solo poco più di un quarto assumeva statine ad alto dosaggio. Non tanto migliore la situazione per gli aceinibitori/ARB: solo il 46% dei soggetti analizzati era in terapia con questi farmaci. Ancora peggio per gli agonisti GLP-1 e gli inibitori SGLT-2: solo il 4% e il 3% rispettivamente era trattato con questi farmaci. Le conclusioni degli autori sono sconfortanti: solo 1 paziente su 20 assumeva correttamente le tre terapie consigliate e addirittura il 43% non le assumeva per nulla.
È noto che l’implementazione nella pratica clinica delle raccomandazioni delle linee guida può scontrarsi con vari tipi di difficoltà: per esempio i pazienti possono essere intolleranti a certi farmaci oppure presentare delle controindicazioni o, ancora, non condividere l’assunzione di un gran numero di farmaci. Tuttavia i dati dello studio non si possono spiegare solo con queste motivazioni. Perché i diabetici sono trattati in maniera poco conforme agli standard internazionali suggeriti? Eppure statine e aceinibitori/ARB sono farmaci in uso da molti anni e i nuovi antidiabetici sono nuovi relativamente in quanto i primi studi sulla loro efficacia datano ormai da anni. Basti pensare che lo studio EMPA-REG che ha valutato l’empagliflozin (un inibitore del SGLT-2) è stato pubblicato nel 2015 [2]. È anche vero che lo studio si riferisce alla realtà americana e forse in Italia la situazione è migliore in quanto i farmaci analizzati sono tutti a carico del SSN mentre negli USA la situazione è diversa essendo il sistema sanitario basato soprattutto su assicurazioni private. Tuttavia questo studio costituisce un utile strumento di riflessione anche il per medico italiano che analizzando i suoi assistiti diabetici ad alto rischio può controllare come sono gestiti.
Renato Rossi
1. Nelson AJ et al. Use of Lipid-, Blood Pressure-, and Glucose-Lowering Pharmacotherapy in Patients With Type 2 Diabetes and Atherosclerotic Cardiovascular Disease. JAMA Netw Open. 2022 Feb 1;5(2):e2148030. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2021.48030. PMID: 35175345; PMCID: PMC8855234.