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Responsabile il medico specialista per la morte da colonscopia
Inserito il 25 settembre 2022 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Condannato uno specialista che effettuava una colonscopia in un paziente in situazione critica, ne provocava il decesso a seguito di perforazione sigmoidea iatrogena. La Cassazione rimarca il ruolo del medico che, nell’ ambito di una procedura pluridisciplinare, non e’ un semplice esecutore e conserva l’ obbligo di valutare l’ opportunita’ o meno dell’ azione dell’ azione.
(Cass. n. 30051/2022)

I fatti:
Un medico effettuava una colonscopia diagnostica (su richiesta di altro medico) su una donna che lamentava dolore addominale.
Durante la colonscopia si verificava una lacerazione colica, e conseguente decesso della paziente.

Il medico veniva condannato sia in primo che in secondo grado per omicidio colposo, con aspetti di colpa generica (negligenza, imprudenza e imperizia) ma anche specifica per aver effettuato l’ esame in condizione palese di rischio aumentato, mentre erano ipotizzabili procedure meno rischiose.

L’ endoscopista, ribadiva la Cassazione, non è infatti un mero esecutore delle prescrizioni altrui (medico generale o altro specialista) ma deve comunque procedere, ogni volta, agli opportuni accertamenti in con senso critico al fine di valutare i rischi e le eventuali soluzioni alternative. Occorre quindi procedere a un corretto inquadramento anamnestico e clinico e a una corretta valutazione della indicazione dell'esame prescritto da altro medico.

La Cassazione giunge ad affermare un importante principio di diritto:
"in tema di colpa professionale medica, qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, allorquando venga prescritto un esame diagnostico invasivo (nel caso esaminato una colonscopia), il medico specialista chiamato ad effettuare l'esame non può esimersi dal valutare, oltre che la presenza di fattori che possano condizionare negativamente l'esame stesso (assunzione di farmaci, parametri vitali, esito esami ematochimici), anche la bontà della scelta diagnostica operata dal medico richiedente in relazione alla sintomatologia lamentata dal paziente ed all'esistenza o meno di precedenti indagini diagnostiche che avvalorino il sospetto della malattia ipotizzata, soprattutto allorquando l'esame in questione sia stato prescritto da un medico non specialista (nel caso in esame il medico di medicina generale che seguiva la paziente)."

Daniele Zamperini

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