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LA VISITA IN OSPEDALE - Cap 2 e 3 |
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Inserito il 01 febbraio 2023 da admin. - professione - segnala a:
Cap. 2: Una corsa per la vita Cap. 3: Le bugie bianche
Cap. 2 C’è chi ci crede ai miracoli e chi no.
Io tendo ad essere pragmatico: mi sembra troppo comodo che ci sia qualcuno, di qua o di là, pronto ad intervenire per cambiare tutte le leggi naturali per un singolo.
Pero’ non riuscivo a chiudere il discorso così semplicemente. Saranno stati i miei trascorsi come chierichetto, sara’ stata Nonna Lisa, che pregava la Madonna tutti i giorni ed era cosi’ buona con me, oppure saranno state tutte le cose incredibili che avevo visto in vita mia, e che certe volte non sapevo spiegare…
Che sia stata l’ una o l’ altra cosa, stavo sgattaiolando dall’ entrata posteriore per infilarmi nel reparto di chirurgia per seguire i postumi dell’ intervento di Nuvolari. In realta’ qualcosa sapevo: mi aveva telefonato Nuvolari per dirmi che era ancora vivo, che aveva superato l’ intervento, che poteva ancora rompermi le palle per un tempo indefinito. La voce era rauca e ansimante, ma che importava…
Il chirurgo che aveva operato Nuvolari lo conoscevo, ma non eravamo amici. Dicevano che fosse bravo, ma l’ atteggiamento supponente che ostentava in giro lo rendeva antipatico a tutti. Era sposato con una collega molto carina che pero’ non lo sopportava neppure lei, per cui gli metteva implacabilmente le corna. Solo l’ interessato ignorava questo aspetto, si sentiva troppo superiore a tutti per poter anche solo supporre una cosa del genere. E avevo il sospetto che forse pure Nuvolari ci avesse messo qualcosa del suo…
Per questo, credo, lei mi aveva aiutato dandomi il suo badge; mi aveva spiegato come evitare la sorveglianza, mi aveva informato con precisione degli esiti dell’ intervento, mi aveva fatto vedere un misterioso pacchetto per Nuvolari, ed io tirai fuori dalla tasca il piccolo involto che a mia volta avrei dato a Nuvolari, qualunque cosa fosse successa.
Cosi’, girando ancora per i corridoi di servizio, arrivai alla stanza. Dovevo essere morto senza accormene e trasformato in spirito, perche’ l’ infermiera, che pure non poteva non vedermi, pareva guardarmi silenziosamente attraverso. Sbirciai nella stanza: Nuvolari era una massa informe nel letto. La sedia a rotelle era in un angolo, e questo mi preoccupo’: era vivo, ma magari … Invece era sveglio, e quando entrai si tiro’ a sedere sul letto, affaticato. Quando cercai di parlargli per chiedere come stava mi tacito’ con un gesto poi, faticosamente, appoggiando tutto il suo peso su di me, riusci’ a sedersi sulla sedia. Sembrava quasi privo di coscienza. Per un attimo esitai, poi mi dissi che dovevo fare quanto mi ero ripromesso.
Così ripartimmo per il rifugio segreto: ascensori di servizio, corridoi deserti, passaggi piu’ o meno segreti. “Stai tranquillo, Nuvola’, a te ci penso io! “. Mi veniva in mente quando ero a terra dopo l’ incidente, stordito e sanguinante, e lui mi aveva “salvato” (come lui sosteneva ridendo) portandomi in ospedale; adesso toccava a me.
Rifacemmo il percorso della volta scorsa, fino alla porticina sulla terrazza. Qui lo aiutai a scendere dalla sedia e, tenendolo per la vita, lo aiutai a percorrere il breve tratto che portava al “giardino segreto”. Era diverso, pero’! Malgrado la luna fosse appena al primo quarto e ci fosse una lieve foschia che velava le stelle riuscivamo a procedere senza inciampare e senza andare a sbattere contro i comignoli sporgenti; e, ancora piu’ strano, sembrava di sentire un brusio soffocato proveniente da non si sa dove.
Ero spiritualmente preparato, perciò non mi stupii quanto avrei dovuto quando, voltando l’ angolo, intravidi un gruppo di sagome illuminate dalla luce tremolante di due candele.
C’erano tutti: Casimiri, il medico della borgata; c’era Veronelli, il farmacista. Loro erano ben conosciuti in Ospedale, e certamente non avevano avuto difficolta’ a sgattaiolare dentro anche fuori orario. Poi c’era il Guercione, alto, grosso e nero (e mi chiesi come avesse fatto a passare), poi c’era Bruno, e allora capii, perche’ nessuna porta poteva resistere allo Zozzo, se lo Zozzo voleva entrare.
Mi meravigliai vedendo diverse figure femminili: c’era la dottoressa moglie del chirurgo, poi una donna che riconobbi dalle foto che un giorno Nuvolari mi aveva affidato in custodia: il suo amore segreto di gioventu’. Altre figure erano in ombra e non mi affannai a identificarle una per una perche’ tanto era evidente che tutte le persone che contavano per Nuvolari si erano dati appuntamento li’. La luce delle candele proveniva da alcune candeline di una torta, poggiata su un tavolino pieghevole.
“E’ il tuo compleanno, Nuvola’! Te pare che c’eravamo scordati di festeggiarlo?” – La voce gentile di Casimiri – E siccome dovevamo festeggiare la tua guarigione, abbiamo abbondato con le candeline – un tono di scusa – a dire la verita’ non mi ricordavo la data precisa di nascita, percio’ ho abbondato!”
Una serie di risatine, in coro. Anche Nuvolari sorrideva, di un sorriso ampio e stupito. Lasciando il mio appoggio si avvicino’ al tavolinetto. “La cassata siciliana! Quella di Salvatore! La mia preferita…! - si guardo’ intorno – ma come lo sapevate?”. “Gliel’ ho detto io” disse una voce femminile proveniente dall’ ombra, ma fui subito certo che fosse il suo amore di gioventu’. “ E io ho dato l’ autorizzazione a portarti questi dolcetti – questa era la dottoressa – Pero’ serviti con parsimonia”. Ed io gli porsi il regalino che gli avevo preparato: un modellino dell’ Alfa Romeo del Nuvolari originale con, incollata sul parabrezza, la foto-ritratto del “nostro” Nuvolari, quello di Collerotto. Risatine generali, poi Nuvolari, soffio’ sulle candeline e, preso un coltello appoggiato vicino, taglio’ e prese la prima fetta, subito seguito dagli altri. Chiacchierammo, ridemmo, ci scambiammo battute, pettegolezzi, confidenze.
Duro’ un po’ ma poi, anche per rispetto alle condizioni di Nuvolari, cominciarono tutti ad accomiatarsi, salutandolo affettuosamente, anche se con modi e gradazioni diverse e imboccarono le scale che, per vie segrete, li avevano portati li’.
Rimanemmo soli, io e Nuvolari, tutti sapevano della nostra amicizia speciale e lasciarono a me l’ incarico di riportarlo in reparto. Rimanemmo soli, e l’ ombra non riusciva a nascondere il luccichio delle lacrime sul suo volto. Sperai solo che non si vedessero le mie. E rimanemmo insieme a guardare le stelle.
Cap. 3 - Le bugie bianche
Rimanemmo li’ per parecchi minuti. Non avevo il coraggio di prendere la parola, fu lui a togliermi dall’ imbarazzo, intervenendo per primo. “ Sache’, e’ stata una sorpresa magnifica, un compleanno bellissimo! Non me lo sarei mai aspettato…”
Rimasi in silenzio.
“Sai, non sapevo se sarei riuscito ancora a festeggiarlo! In fondo ero un malato grave, anzi gravissimo! Pero’ a quanto mi hanno detto, l’ intervento e’ riuscito perfettamente, ed io ce l’ ho fatta”
Riuscii a parlare a fatica, e la voce mi usci’ rauca “Nuvola’, ma chi ce la fa ad ammazzarti? Una pellaccia come la tua…”.
Riprese a parlare sottovoce: “A dire la verita’ il compleanno non scade oggi, sarebbe il mese prossimo. Pero’ ho apprezzato che Casimiri, sbagliando, lo abbia organizzato per oggi. La cosa, in verità, mi ha dato un po’ da pensare. O hai fatto tutto tu?”
Tacqui.
“Mi chiedo come sarebbe andata se non mi fossi svegliato dopo l’ intervento. Mi era venuto in mente: ma qualcuno si ricorderebbe di me? Qualcuno avrebbe pianto per la mia morte, o sarei stato come una cometa, quelle che passano, tutti le guardano e un momento dopo se le dimenticano? E cosa pensano veramente di me, mi chiedevo, tutte quelle persone che consideravo amiche?”
“Nuvola’, non sei stato una cometa, a te tanta gente voleva bene. Sei una persona generosa, onesta, hai fatto anche qualche peccatuccio, se no non saresti umano, pero’ non c’e’ dubbio da quale parte penda la bilancia!”
“ Vedi, Sache’, io non so con certezza se dall’ altra parte ci sia qualcosa, nessuno puo’ esserne certo, ma se c’e’ davvero un aldila’ io saro sempre vicino alle persone a cui voglio bene, le proteggero’ sempre… Se non c’e’ nulla spero comunque di poter sopravvivere, almeno nella memoria di chi resta - mi guardo’ – Non si muore del tutto se si resta nella memoria degli altri, oggi me lo avete dimostrato, e ve ne sono grato”.
Mi voltai verso di lui, e mi chiesi se vedesse il mio sguardo.
“ Sache’ – riprese dopo una lunga pausa - mi raccontava Casimiri che certe volte si trovava in grave difficolta’ quando aveva casi di prognosi infausta, persone con breve aspettativa di vita. Dire la verita’ nuda e cruda, all’ americana, oppure tacere e non dire niente al paziente per lasciarlo vivere tranquillo? Una scelta difficile, davvero difficile! Lui aveva trovato un compromesso: La sua etica imponeva di non mentire, ma lui sosteneva che le menzogne hanno diverse sfaccettature: quando sono inutili sono solo una crudelta’, quando invece aiutano il paziente a vivere meglio i suoi ultimi giorni lui le chiamava “Bugie bianche” e le sosteneva, almeno finche’ le circostanza non imponevano, alla fine, un cambio di prospettiva. Allora diceva la verità…”
Mi guardo’, e in quel momento la luna lo illumino’ mentre si protendeva verso di me e mi guardava fissamente.
“E’ stata una bellissima serata: i miei veri amici, le persone che mi vogliono bene, sono venuti tutti! Il mio dolce preferito, le foto fatte insieme, i saluti e gli abbracci, i regalini, pure se non e’ il mio vero compleanno… bellissimo! Casimiri ha anticipato la festa, facendo pure finta di essersi sbagliato!”
Un sospiro, si protese ancora
“Quanto mi resta, Sache’? Niente bugie bianche! Dimmi la verita’, se sei un amico…”.
Lo guardai fissamente anch’io mentre la voce mi si strozzava in gola, poi respirai profondamente “ Non si sa, Nuvola’, ancora non lo sappiamo. Ma te l’ avei detto, al momento giusto!”.
Tacque il tempo di due respiri, poi si alzo’ con fatica appoggiandosi a me.
“ E’ ora di tornare in reparto. E grazie, grazie davvero, amico!!!”
Daniele Zamperini – 2022 – da “Ricordando il Bar dello Zozzo” LA VISITA IN OSPEDALE – Matite di Roberta Floreani
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