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Istruzioni per affrontare Trattamento Sanitario Obbligatorio e Accertamento Sanitario Obbligatorio |
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Inserito il 30 novembre 1999 da admin. - medicina_legale - segnala a:
Istruzioni per il Medico di Famiglia in occasione di un TSO o ASO A cura del Dr. Luciano Casolari
Gli articoli 32-33-34-35 della legge 833 del dic 1978, riprendendo la legge 180 di riforma psichiatrica, disciplinano le norme per effettuare trattamenti o accertamenti sanitari obbligatori (TSO e ASO). Questa disposizione legislativa è stata approvata in un clima culturale e politico caratterizzato dal desiderio di rompere con il passato e dalla fiducia in un futuro riformista. In particolare, per quanto riguarda la psichiatria, questa riforma aveva la volontà di demolire l’esistente, costituito prevalentemente dalle strutture manicomiali, e poneva una fiducia illimitata in alcune nuove teorie psichiatriche che vedevano la malattia mentale come un artefatto della società. Veniva, quindi, modificato completamente l’approccio alla sofferenza psichica non più da relegare a lungo termine in strutture chiuse lontane dagli ospedali ma da porre sul territorio e da trattare, per brevi periodi, in regime di ricovero in reparti ubicati presso gli ospedali. Già negli anni successivi all’emanazione della legge le dispute fra gli estimatori e i denigratori di questa legge si sono sprecate e sono state attuate più per motivazioni ideologiche o politiche che tecniche e operative. In particolare per quanto riguarda il TSO o l’ASO è apparso evidente agli operatori psichiatrici che le procedure per effettuarli erano state approntate dal legislatore con un forte garantismo che da un lato impediva eccessi nell’uso del TSO ma dall’altro poneva il paziente nel rischio di rimanere non curato e quindi succube della sua malattia. Per questo motivo alcuni psichiatri, avversari della riforma, coniarono il termine di “Terricomio” per indicare come si fossero chiusi i manicomi ma si fossero determinati tanti piccoli manicomi domiciliari (appunto sul territorio) con delega della malattia mentale, che purtroppo a dispetto di alcune teorie continuava ad esistere, ai familiari. In tutte le successive legislature vennero approntati da diverse forze politiche sia di destra che di centro o di sinistra progetti di riforma di queste norme in cui soprattutto la procedura burocratica dei TSO e ASO veniva snellita e semplificata. Nessuna di queste leggi a tutt’oggi è stata approvata per cui i medici, pur consapevoli della sua inadeguatezza in alcune situazioni, devono applicare l’attuale legge sul TSO e ASO. In questo scritto non si vogliono riprendere sterili polemiche che non interessano il medico nella sua attività pratica. Abbiamo però voluto inquadrare da un punto di vista storico e culturale il contesto da cui sono scaturite le attuali norme per renderle maggiormente comprensibili al medico di famiglia che si appresta ad applicarle. Preliminarmente rispetto alla descrizione e al commento dei procedimenti per affrontare il TSO e l’ASO occorre richiamare alcune considerazioni sul significato del ricovero in psichiatria.
Il Ricovero Psichiatrico : il ricovero in psichiatria è un atto molto importante che riveste sia un significato pratico che simbolico. Proprio per questo motivo, quando ciò è possibile, occorre venga deciso dallo psichiatra. A differenza dei ricoveri in reparti medici che sono INDICATI o al massimo NON SERVONO A NULLA , in psichiatria il ricovero o è INDICATO o è CONTROINDICATO. Il ricovero può, infatti, costituire un trauma intenso, determinare nel paziente, nei familiari e nel contesto sociale l’idea di gravità che il paziente per molto tempo si dovrà accollare. La signora Carlotta era stata ricoverata in reparto psichiatrico all’età di 20 anni per una fase depressiva. Ancora ora che aveva 54 anni il marito, nei momenti di litigio, l’accusava di essere matta.
Inoltre nel caso della patologia psichiatrica si può determinare l’acquisizione di comportamenti ripetitivi per cui il paziente, che avrà sperimentato la risoluzione di un proprio malessere depressivo, ansioso o psicotico durante il ricovero, tenderà spontaneamente a ritornare in tutti i momenti di crisi in analoghe situazioni di ricovero per cercare lo stesso risultato. Spesso non si renderà conto che in realtà sono stati i farmaci, gli stessi che può assumere a livello ambulatoriale, a permettergli il miglioramento.
Luca 40 enne affetto da rituali ossessivi riguardo alla pulizia del corpo ormai da 10 anni aveva trovato nel luogo di lavoro una specie di equilibrio. I datori di lavoro sapevano dei suoi problemi e accettavano che lui 3 o 4 volte al giorno andasse per mezz’ora in bagno. D’altronde Luca compensava queste assenze rimanendo sul lavoro fino a tardi. Quando però la ditta venne venduta il nuovo titolare non capì queste stranezze di Luca e ironizzò sulla mania del bagno e della pulizia. Parve solo allora che Luca si rendesse conto di essere “anormale”. Si accordò coi familiari per farsi ricoverare per tentare di “guarire”. Purtroppo nel reparto psichiatrico la vicinanza con altre persone sofferenti aumentò la sua angoscia di essere irrecuperabile. Alla fine del ricovero si licenziò e da allora si chiuse in casa non uscendo quasi più.
In altre situazioni, se il ricovero viene inserito all’interno di un percorso di terapia o assume un significato di cambiamento rispetto a una situazione stagnante, può risultare estremamente utile. Ci sono alcuni momenti clinici in cui occorre prendere una decisione immediata :
rischio suicidio, tentato suicidio crisi agitazione psicomotoria Trattamento sanitario obbligatorio (TSO) In situazioni particolari occorre costringere il paziente ad accettare il ricovero. Si tratta, fortunatamente, di casi rari. Secondo una statistica relativa alla Regione Emilia Romagna i casi di TSO sono da 10 a 20 ogni anno per 100.000 abitanti. Un medico di famiglia che segua 1000 abitanti ha quindi, mediamente, la possibilità di essere coinvolto in un TSO ogni 5 - 10 anni. La legislazione Italiana cerca di mantenere un equilibrio fra le esigenze di libertà personale e le esigenze di cura del paziente. Mentre un tempo la motivazione della legge era “pericoloso per sé e per gli altri” attualmente occorre la contemporanea presenza di tre elementi : necessità di cure impossibilità ad effettuare queste cure a domicilio rifiuto del paziente ad accettare le cure Il concetto di cura ha quindi sostituito quello della pericolosità anche se nella realtà spesso capita che le due problematiche si sovrappongano e si intreccino. Per definire la necessità di cure occorre che il medico abbia chiara la distinzione fra urgenza psichiatrica e emergenza psichiatrica. L’URGENZA PSICHIATRICA si caratterizza per una situazione psicopatologica grave inserita in un contesto per cui la prognosi è per un ulteriore aggravamento se non vengono attuati interventi Carlo viveva da alcuni anni solo in una casa di campagna, si recava all’ufficio postale una volta al mese per ritirare la pensione e una volta alla settimana andava a comprare alcune scatolette che gli servivano come alimentazione. La sua casa non aveva telefono, riscaldamento luce elettrica e a malapena era allacciata alla rete idrica. Il medico venne chiamato dai carabinieri che a loro volta erano stati avvertiti dall’impiegato delle poste che aveva notato che Carlo non si era recato a prendere la pensione. Scoprì che questo signore era in preda a voci allucinatorie che gli dicevano cosa doveva o non doveva fare. In particolare negli ultimi tempi gli avevano imposto di smettere di uscire. I rapporti di Carlo coi vicini erano buoni ma improntati a assoluto distacco, viveva in uno stato di elevato degrado fisico e abitativo e non aveva parenti. Negli ultimi giorni non mangiava più perché le sue allucinazioni lo avevano convinto che anche i cibi in scatola erano avvelenati. Quando il medico gli propose il ricovero Carlo rifiutò decisamente.
L’EMERGENZA PSICHIATRICA è una situazione in cui l’elemento psicopatologico è in secondo piano rispetto alle problematiche psicosociali che fanno scattare l’esigenza di un intervento psichiatrico.
Giovanna presentava uno stato ansioso reattivo a una forte conflittualità col marito. Dopo un litigio più grave del solito lanciò un pesante oggetto in testa al marito tanto da procurargli una grave ferita. Mentre il marito si recava al PS per farsi medicare attuò un tentato suicidio con alcune pastiglie. Quando il marito rientrò a casa capì la situazione e la accompagnò al pronto soccorso ove attuarono una lavanda gastrica. Anche al pronto soccorso i due continuavano ad accusarsi a vicenda per cui, dopo aver scongiurato i pericoli fisici, il medico consigliò a Giovanna un ricovero ma lei decisamente si rifiutò.
La necessità di cure prevista dalla legge, di norma, si presenta nell’urgenza psichiatrica e non nell’emergenza. Il secondo elemento previsto dalla legge “impossibilità di effettuare queste cure a domicilio” normalmente esclude l’uso del TSO nei disturbi nevrotici (stati ansiosi, attacchi di panico, depressioni nevrotiche, crisi isteriche, etc). Viceversa di solito può essere presente nei disturbi psicotici (schizofrenia, paranoia, fasi depressive psicotiche o maniacali, disturbi deliranti, etc). In tutti i casi, pur se viene attuato in modo corretto e con tutta la sensibilità possibile, ogni ricovero coatto riveste aspetti altamente ansiogeni per il paziente e per i medici che lo propongono. A ciò si deve aggiungere una procedura burocratica complessa che determina pericolosi spazi vuoti fra la proposta e l’ordinanza di ricovero. Attualmente occorre :
1.Proposta di ricovero di un medico (qualsiasi medico anche libero professionista) che abbia visitato il paziente. E’ importante sottolineare questo aspetto perché , a volte il medico di famiglia, che conosce quella persona, potrebbe essere portato a stilare una proposta di ricovero sulla base delle proprie conoscenze senza visitare direttamente il paziente. Sarebbe un grave errore, oltretutto illegale. Alcuni medici, se il paziente rifiuta il colloquio o non apre la porta di casa, ritengono esaurito il loro compito. SBAGLIATO ! Anche in questo caso vi è la responsabilità di decidere se, proprio in base a questo rifiuto, si può pensare che il paziente sia malto e quindi a volte occorre chiamare il servizio psichiatrico pubblico o le forze dell’ordine per effettuare un intervento.
Il medico, chiamato dai familiari che gli hanno parlato di uno stato febbrile, si reca a casa di Bruno ragazzo 24enne. In realtà, quando entra, si rende subito conto di trovarsi di fronte a un grave problema di agitazione psicomotoria. Il ragazzo inveisce contro di lui e contro il fratello che lo ha chiamato. Gira a torso nudo per il giardino, pur trattandosi di una giornata invernale molto fredda, canticchia e afferma di stare molto bene e di non avere bisogno di medici, rifiuta il colloquio. I familiari spiegano che fino alla settimana precedente Bruno era profondamente depresso, assumeva farmaci che aveva in casa residuati da una precedente prescrizione per un periodo depressivo dell’anno prima. Improvvisamente è cambiato, ha cominciato a non dormire e nella giornata precedente si era recato in diverse concessionarie firmando contratti di acquisto di auto.
2. Convalida della proposta da parte di un medico operante presso il servizio pubblico (dipendente o convenzionato come medico di medicina generale, guardia medica o specialista ambulatoriale) dopo visita del paziente. Si sottolinea anche in questo caso che il secondo medico deve necessariamente cercare di visitare il paziente e non può fidarsi del giudizio del collega. Inoltre anche il secondo medico deve tentare di convincere il paziente ad essere ricoverato volontariamente.
Una ragazza, disorientata e perplessa venne segnalata ai carabinieri. Si trovava seduta sul ciglio di una strada molto trafficata. Non sapeva spiegare né chi fosse né da dove venisse. All’arrivo dell’ambulanza e del medico oppose strenua resistenza rifiutandosi di salire. Nel frattempo arrivarono dei familiari che la stavano cercando e informarono che Loredana (così si chiamava) da alcuni giorni non dormiva, era agitata, parlava da sola, rispondendo a voci inesistenti. Il fratello di Loredana cominciò ad aggredire il medico dicendogli che “pretendeva che la sorella venisse caricata forzatamente sull’ambulanza”. Il medico trattenne una reazione di rabbia e spiegò che voleva cercare di convincere la ragazza. In effetti egli avvertiva la pressione emotiva esercitata dall’assembramento di gente : carabinieri, infermieri, familiari e dal fatto che, sia l’ambulanza, che la volante, avevano da ottemperare ad altri impegni. Disse a Loredana :” Mi trovo molto in difficoltà a cercare di parlare con lei lungo la strada. E’ comunque un mio dovere cercare di capire cosa le capita. Mi darebbe un aiuto se accettasse di salire in ambulanza e lì potessimo parlare tranquillamente.” Dopo alcuni tentennamenti Loredana entrò in ambulanza. Il colloquio si svolse in 30 minuti durante i quali la ragazza espresse il suo terrore di essere posseduta da un alieno che le controllava la mente e alla fine dell’incontro accettò di essere accompagnata al pronto soccorso. Qui, dopo un’ora di trattative, rassicurazioni e spiegazioni sui farmaci e sulle terapie, accettò il ricovero.
3.Ordinanza di ricovero firmata dal sindaco o da un suo delegato Si deve sottolineare che il sindaco non svolge un mero ruolo formale ma la sua azione è sostanziale in quanto primo responsabile della salute pubblica. Nella realtà di tutti i giorni quasi tutti i sindaci firmano le ordinanze senza avere alcuna informazione. Addirittura capita che le ordinanze di ricovero siano firmate in bianco preventivamente e i vigili urbani appongano solamente il nome e le generalità del paziente. Si tratta di una pratica scorretta e illegale perché il sindaco o il suo delegato (assessori) dovrebbero decidere dopo avere letto le relazioni e valutato la situazione. In casi rari il sindaco ha anche deciso di non procedere a TSO.
Catia soffriva di un disturbo paranoideo per il quale riteneva di essere sottoposta ad aggressioni da parte di chiunque si avvicinasse alla sua casa. In un momento di forte tensione lanciò alcuni sassi in direzione del figlioletto di un vicino di casa. I medici intervenuti valutarono che Catia era delirante e stilarono proposta e convalida di ricovero. Il sindaco del piccolo paese, che conosceva personalmente Catia, si rifiutò di firmare l’ordinanza di ricovero perché riteneva la giovane innocua. Solo dopo alcuni mesi e nuovi episodi di malessere della ragazza il sindaco si decise ad accogliere le indicazioni dei medici.
Purtroppo le rilevanti pratiche burocratiche mal si conciliano con l’urgenza che il ricovero dovrebbe avere. Inoltre non è chiaro cosa succeda fra la visita del primo medico e quella del secondo medico (che potrebbe non essere subito disponibile). Oltre a ciò emerge il problema di chi, materialmente, porterà i due certificati medici ai vigili urbani che contatteranno il sindaco per la firma dell’ordinanza. Cosa succederà poi nell’intervallo di tempo fra i due colloqui medici e l’arrivo dell’ambulanza coi vigili urbani (che rappresentano la forza pubblica). Per non parlare infine dei problemi, quasi insolubili, che sorgono in piccoli comuni ove il sindaco, eventualmente, quel giorno non è rintracciabile e non c’è un delegato, oppure l’unico vigile urbano è ammalato. Il TSO spesso funziona nella pratica grazie alla buona volontà dei singoli e al chiudere un occhio di fronte a eventuali atti illegali o di dubbia legalità. In nessuna parte del mondo si è pensata una pratica così burocratica in cui ci vuole la firma di due medici che hanno entrambi visitato il paziente (quanto tempo il paziente deve pazientare in stato di grave malessere?) l'ordinanza del sindaco (cosa capisce il sindaco di queste cose?) l'esecuzione da parte di forze pubbliche impreparate che non si sentono competenti (ad esempio in vari posti i vigili si rifiutano di salire sull'ambulanza).
Il signor Giorgio da circa tre giorni era chiuso in casa senza rispondere al telefono o al suono del campanello. I parenti e i vicini lo conoscevano come un tipo molto originale e difficile da trattare. Risultava estremamente collerico e proferiva improperi nei confronti dei vicini che a suo dire lo deridevano e lo aggredivano. Il medico chiamato dai familiari provò a suonare alla porta del paziente ma questi non rispondeva. Contattò il servizio psichiatrico ma il collega non era presente perché impegnato in una altra urgenza. I vigili urbani erano mobilitati per una importante visita di un ministro nel paese vicino. A quel punto il medico chiamò la centrale operativa dei carabinieri e loro contattarono i vigili del fuoco che con una lunga scala riuscirono ad entrare da una finestra nella casa del paziente. Nel frattempo era arrivato anche lo psichiatra per cui i due medici cercarono di parlargli. Questi però, che si sentiva accerchiato e minacciato, diede una spinta al medico e si mise a scappare per i campi. Ci vollero circa due ore per contattare il sindaco (che era impegnato col ministro) e fargli firmare l’ordinanza di ricovero. Il paziente venne trovato dopo due giorni, parzialmente assiderato mentre dormiva in un fossato. Si scoprì successivamente che era rimasto in giro per un bosco per quei due giorni.
Nella pratica il medico di medicina generale deve rendersi disponibile e cercare sempre di intervenire assieme al medico psichiatra del servizio pubblico che si assumerà l’onere di tentare di coordinare tutta questa complicata macchina burocratica.
ATTENZIONE : Lo stato emotivo che induce una situazione drammatica quale quella di un paziente in grave crisi delirante, maniacale o comportamentale può portare a sottovalutare i vincoli di legge.
Una volta che il paziente è stato ricoverato gli incartamenti relativi al TSO vanno al Giudice tutelare che valuta se l’atto è stato effettuato secondo la legge oltre a prendere posizione su eventuali rimostranze di parenti, amici o del paziente stesso. Dopo una settimana dal ricovero i medici del reparto devono inoltrare al giudice tutelare una informativa per prolungare o sospendere il TSO.
Vi sono alcune modalità alternative per affrontare queste complesse situazioni :
Accertamento sanitario obbligatorio (ASO).
L'accertamento Sanitario Obbligatorio si configura come intervento in cui un medico, sia esso di medicina generale, guardia medica o libero professionista, chiede su suo ricettario intestato che il paziente sia sottoposto a visita psichiatrica anche contro la sua volontà. Da un punto di vista legale è sufficiente la richiesta del medico inoltrata al sindaco del comune che dispone l'accertamento da attuarsi da parte del Servizio Psichiatrico coadiuvato dai vigili urbani o da altra forza pubblica.
ESEMPIO : su carta intestata del medico Certifico che in data ....... ho visitato (oppure ho tentato di visitare senza però riuscirvi perché il paziente si era allontanato oppure non ha aperto o per qualche altro motivo) il Signor........ In base ai dati in mio possesso ho ragione di ritenere che il paziente soffra per un disturbo psichico. Visto che non intende accettare una visita psichiatrica propongo pertanto accertamento sanitario obbligatorio da attuarsi il prima possibile da parte di medico psichiatra della struttura pubblica.
- il paziente deve essere visto dal medico o quantomeno il medico deve aver tentato di visitarlo. (ad esempio è andato al suo domicilio, ha suonato e il paziente non ha risposto o ha risposto rifiutando la visita, il medico però in base alle notizie dei familiari o in base alla sua conoscenza pregressa del paziente ha ragione di ritenere che il paziente sia in uno stato di malessere mentale anche senza averlo visitato, tutto questo va scritto sulla richiesta)
- il medico deve aver tentato di convincere il paziente a recarsi dallo psichiatra e il paziente si è rifiutato
- non esiste la necessità per un Trattamento Sanitario Obbligatorio (a giudizio clinico del medico) oppure non essendo reperibile il paziente - si dispone una pratica di accertamento da eseguire appena sia possibile. Nella realtà gli accertamenti sono rari rispetto ai TSO perché come si può capire si tratta di una pratica burocratica farraginosa. Tra l'altro prima si devono fare gli incartamenti per l'Acccertamento poi per il Trattamento obbligatorio. Può risultare utile, in due situazioni: 1- il medico viene contattato dai familiari o incontra il paziente in ambulatorio, capisce che il paziente sta male cerca di inviarlo allo psichiatra ma il paziente se ne va sbattendo la porta. Casomai il medico va a casa ma l'interessato non gli apre oppure non è reperibile. In questa situazione naturalmente visto che il medico era solo non si può attuare TSO. L'alternativa di fare solo una telefonata al Servizio Psichiatrico può essere troppo poco incisiva. L'accertamento risulta un atto utile a documentare che il medico ha attuato un intervento o ha tentato di attuarlo e a far si che la visita psichiatrica venga effettuata il prima possibile. 2- in certe situazioni quando il paziente è riluttante a recarsi dallo psichiatra e rifiuta di accoglierlo a casa può essere utile perché consente di far entrare con la forza lo psichiatra a casa del paziente in presenza dei vigili. Questo tutela i medici e lo psichiatra di fronte a eventuali atti di aggressività. Può inoltre risultare utile per certipazienti che si rendono conto solo di fronte a un atto di forza di dovere accettare le cure. A volte quindi un accertamento evita un ben più grave TSO.
Stato di necessità : in alcune situazioni , quando lo stato di coscienza del paziente è alterato (ebrezza acuta, uso di sostanze stupefacenti, confusione mentale), non c’è da parte sua la possibilità di esprimere un parere in quanto temporaneamente non in grado di intendere e volere sulla proposta di ricovero per cui il medico può disporlo per necessità senza richiedere al sindaco l’ordinanza.
Problema di ordine pubblico : proprio perché la legge sui ricoveri sottolinea come tali interventi debbano essere attuati per curare il paziente, tutto ciò che riguarda situazioni di pericolo per l’incolumità dei familiari o di altre persone, anche se causata da una alterazione psichiatrica, rientra nelle situazioni di ordine pubblico e richiede l’intervento dei carabinieri o della polizia. Questo intervento permetterà al medico di attuare, con calma e riflessione, tutti gli atti necessari per un eventuale ricovero coatto.
Modalità con cui trattare un paziente aggressivo (Marlow M; Sugarman P.: Disorders of personality. Brit. Med. J. 315, 176-179, 1997).
Siate supportivi col paziente, spiegategli la situazione e le alternative fra cui può scegliere. Abbiate un atteggiamento indulgente verso la maleducazione. Non lasciate pazienti agitati ad attendere. Non visitate pazienti in luoghi isolati. Non siate indisposti verso il paziente e non ditegli di andarsene. CONCLUSIONE: Quando si opera su qualcosa di vivente e mutevole come la mente dell’uomo lo strumento con cui si opera non è neutrale ma, per il principio di indeterminazione di Eisemberg, risulta qualcosa di attivo che modifica la malattia stessa. In particolare, per quanto riguarda le modalità di intervento sulla patologia psichiatrica grave, è indubbio che una legislazione piuttosto che un’altra cambia oltre che il tipo di cura anche il decorso della patologia. Se ad esempio, come succede in tanti paesi del mondo, ricoverare obbligatoriamente il paziente risulta semplice può capitare che questo strumento venga usato con maggiore facilità dal medico. Se poi il ricovero risulta a tempo indeterminato alcuni pazienti corrono il rischio di essere “dimenticati” in queste strutture di lungo degenza dai familiari che si sentono sgravati dal peso dell’assistenza. A loro volte i pazienti inseriti in queste strutture, essendo molto influenzabili, assumono gli atteggiamenti tipici del paziente cronico non più recuperabile al vivere sociale. Viceversa una legislazione molto restrittiva e garantista, come quella italiana, può scoraggiare l’operatore medico che si pone il quesito “Chi me lo fa fare? Perché dovrei imbarcarmi in una proposta di ricovero che mi pone tante complicazioni?”. Si correrà allora il rischio per la società e il medico di “dimenticare” il paziente nella sua casa in preda a deliri o allucinazioni. In un freddo giorno di novembre la casa del signor Giordano ebbe un principio di incendio. Ai vigili del fuoco e alla polizia accorsi si presentò quest’uomo mite e intelligente che spiegò con dovizia di particolari che il fuoco era legato a una sua disattenzione in una pratica ,ormai per lui abituale, di smaltimento autonomo dei rifiuti. Emerse che lui, assieme alla vecchia mamma, vivevano in quel palazzo al centro di una città altamente industrializzata secondo un modello primitivo e autoctono di esistenza. Dalla morte del padre Giordano si era chiuso in casa a studiare, viveva coi proventi delle rendite di alcune proprietà affidate alle cure di uno zio. La mamma usciva una volta al giorno per comperare alcune cose indispensabili mentre Giordano che, non usciva quasi mai, passava il tempo a catalogare gli oggetti di casa secondo sue peculiari modalità. Invece di portare i rifiuti nella spazzatura aveva iniziato a smaltirli autonomamente, bruciandoli in casa. Forse è impossibile che una legge risolva completamente il problema che a ben vedere è anche quello dell’accettazione sociale della malattia e devianza. Si tratta della difficoltà che ognuno di noi ha ad affrontare la sofferenza mentale. La malattia psichiatrica infatti, più di altre patologie, ci pone in una forte condizione di ansietà per cui risulta automatico cercare di “dimenticare” la sua esistenza. Per saperne di più :
CASOLARI L.: Psichiatria senza stress: manuale pratico per il medico di famiglia. Editeam, Bologna, 1997. CASACCHIA M. (a cura di): Urgenze in psichiatria. Masson, Milano 1990. GRASSI G. : L’emergenza in psichiatria. Strategie e percorsi operativi nel servizio pubblico. Angeli, Milano, 1993. Dott Luciano Casolari Servizio di consulenza Psichiatrica Psicosomatica, Università di Modena. e-mail: casolari@unimo.it
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