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Realta' e prospettive demografiche italiane ed europee
Inserito il 30 dicembre 1999 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



Note introduttive: Mediante una semplice formula matematica e' possibile calcolare con buona approssimazione il tempo necessario perche' una popolazione raddoppi o si dimezzi: basta dividere il numero fisso 70 per il tasso di incremento (o decremento) espresso in percentuale. (Es: un tasso di decremento del 2% dimezza la popolazione in 35 anni).
Il tasso di incremento a sua volta e' valutabile a partire dal tasso medio di riproduzione (n.figlie x 1000 donne in assenza di mortalita' fino alla fine dell' eta' feconda) e dalla lunghezza della generazione (eta' media al parto della generazione delle madri).
Prendendo in esame i parametri, ad esempio, della Liguria, viene a risultare un tasso di decremento pari al 2%, per cui la popolazione della regione, attualmente di circa 1.600.000 anime, passerebbe a circa 800.000 nell' arco di una generazione.
Valutando l' Italia nel suo complesso si puo' valutare che la popolazione generale diminuira', nell' arco di 30 anni, di circa 6 milioni. Tale numero e', realisticamente, poco modificabile, in quanto basato sugli attuali parametri demografici.
Alcuni parametri demografici:

L' Italia e' il paese con maggior percentuale di ultrasessantenni (NU, 1997)
E', insieme alla Spagna, il paese a piu' bassa fecondita' del mondo (Coleman, 1996) anche se solo la Svezia vanti un tasso di fecondita' vicino al livello di sostituzione generazionale (2,1 circa).

Il tasso di fecondita' in Europa e' pari a 1,58, per l' E. occidentale e' di 1,63, per l' Italia e' 1,24.

Differenze Regionali: e' noto come le regioni del nord-Italia abbiano da tempo perseguito la cosiddetta "strategia del figlio unico", mentre le Regioni del Centro-Sud tendono ad adottare il "modello a due figli" rinunciando sepre di piu' alle alte parita'. Le maggiori modifiche alla struttura familiare si sono verificate tra gli ultimi anni 50 e gli anni 60.

Mentre in Europa si assisteva alla diffusione di forme familiari di tipo nuovo, in Italia, si e'verificata per di piu' subito una evoluzione strutturale peculiare, sintetizzabile nelle conclusioni della Seconda Indagine sulla Fertilita' in Italia (INF-2):
Attaccamento alla istituzione del matrimonio in senso tradizionale, seppure con mutamento della cadenza temporale. La valutazione positiva del matrimonio e' stata riscontrata in oltre l' 81-85% dei soggetti.
Non solo esite un rinvio dell' unione matrimoniale (e quindi dei figli) ma esiste una sempre piu' lenta assunzione delle responsabilita' della vita adulta. Negli anni fino al 65 coincidevano l' uscita dalla famiglia di origine, l' indipendenza economica, la formazione di un nuovo nucleo familiare. Negli anni 66-70 si riscontra uno sfasamento anche di 4 anni tra i vari momenti di passaggio, con l' unione matrimoniale procrastinata nel tempo.

Solo una piccola percentuale delle unioni e' di tipo convivenza consensuale e portano poi al matrimonio, a differenza di altri paesi dove un' alta percentuale di unioni di fatto sostituisce il matrimonio "ufficiale".

La quasi totale fecondita' si rileva nell' ambito del matrimonio (oltre il 95%, dati del 92).

Solo nelle generazioni piu' recenti si rileva uno spostamento dei comportamenti verso modelli "europei": per le donne nate negli anni 71-75 le convivenze supererebbero l' 8%.

Diversamente dalla media europea, una quota notevole di contraccezioni nella coppia matrimoniale si basa su metodi naturali e su coito interrotto mentre la pillola e altre tecniche sono appannaggio preponderante delle donne non in unione.

Peculiarita' anche a proposito del fenomeno-aborto che, sebbene decrescente, rappresenta ancora un metodo di controllo delle nascite all' interno della coppia coniugale. I tassi di abortivita' risultano piu' elevati per le donne piu' mature e coniugate rispetto alle giovani nubili. Il fenomeno appare complementare a quello dell' adozione di tecniche contraccettive efficaci, come descritto al punto precedente. La diminuzione dell' abortivita' rispecchierebbe percio' la maggiore efficienza delle tecniche contraccettive usate.

Dall' indagine INF-2 emerge il desiderio generalizzato di avere figli (98% delle intervistate). Il tasso di figli desiderato, nelle intervistate giovani, esprime un ipotetico tasso di fecondita'di 2,1, molto superiore a quanto effettivamente riscontrato. Evidentemente nel corso della vita cambiano le prospettive e si crea il divario tra fecondita' desiderata e fecondita' realizzata. I motivi sono essenzialmente di ordine economico e secondarie al disagio della donna che deve adempiere il dovere di madre tra necessita' sociali e lavorative in una societa' che non offre supporti adeguati.

Anche la diffusione dell' istruzione di massa ha assunto il valore di variabile strategica in quanto consente di spostare avanti nel tempo, sia direttamente che con meccanismi indiretti (maggiori opportunita' lavorative) l' assunzione di responsabilita' familiari e l' epoca della fecondita'.
L' INF-2 evidenzia ancora un ruolo marginale della figura maschile nella gestione delle necessita' familiari, per cui risultano ancora predominanti gli stereotipi di genere nella divisione delle incombenze, con qualche livellamento solo nelle coppie piu' giovani in cui la donna e' anche lavoratrice.La mentalita' tradizionale che affida alla donna l' intero peso della gestione dei figli (tipica del mondo mediterraneo) e la cronica mancanza di strutture sociali possono considerarsi tra i fattori piu' importanti del basso tasso di fecondita'.
Prospettive:
Prevedendo una parziale correzione dei tassi ora osservati, l' ONU prevede per l' Europa un livellamento della popolazione con lieve discesa, ma con aumento notevole della componente anziana. Per l' Italia il processo di denatalizzazione sara' piu accentuato.
Le proiezioni Eurostar prevedono invece una minore riduzione della popolazione, con tendenza alla stabilizzazione. In tutti i casi e' certo un notevole invecchiamento medio della popolazione.
Diverse realta' europee:
Da dati derivati da una commissione di studio europea (Women of Europe Supplement, 1992) e' derivata (1998) una classificazione delle nazioni europee secondo diverse tipologie:
Paesi in cui la nascita dei figli non influenza il tasso di attivita' materna, per l' alto tasso dei servizi e la larga partecipazione femmunile all' attivita' lavorativa (paesi scandinavi).
Paesi in cui la nascita dei figli influenza in modo modesto la propensione al lavoro (Francia). L' Italia si colloca ultimamente in questo gruppo; nel nostro paese il prezzo per entrare e rimanere nel mercato del lavoro e' stato pero' un "aggiustamento al minimo" del tasso di fecondita'.

Paesi in cui la possibilita' di conciliare i due ruoli ha portato alla diffusione del part-time (Germania e G.Bretagna).

Paesi in cui la donna smette di lavorare alla nascita del primo figlio (Olanda, Irlanda). Le due vite (lavorativa e familiare) restano del tutto separate.

Conclusioni: occorre:
attenuare la "strategia del rinvio"mediante una politica economica vigorosa.
Favorire strutture di supporto e un ristrutturazione dei ruoli sociali all' interno della famiglia.

(S.Salvini: Rivista di sessuologia, n. 1-2 , 1999

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