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NATO DA UNA COSTOLA |
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Inserito il 25 ottobre 2023 da admin. - professione - segnala a:
Bellini stava programmando il suo prossimo matrimonio. Ormai era passato del tempo da quando, timido e spaurito, aveva aperto la sua edicola a Collerotto, e Salvatore, il suo temutissimo avventore siciliano, era diventato uno dei suoi migliori amici. Poi se ne erano aggiunti altri… Per questo motivo aveva organizzato una festicciola nel retro del Bar.
C’eravamo quasi tutti e ci stavamo divertendo un sacco a prenderci in giro e a raccontare a Bellini alcune delle storie più interessanti della borgata.
C’era una cosa, però, che mi stava un po’ preoccupando: Casimiri, di solito prontissimo ad approfittare di queste occasioni, non era ancora arrivato. Avevo pensato che fosse impegnato per una visita domiciliare, ma Colantonio mi disse invece di averlo visto vicino allo studio di Tigresecca, l’ avvocatessa di fiducia di Collerotto.
Stavo cominciando a preoccuparmi davvero quando lo vidi entrare. Aveva un’ aria depressa che cercò di mascherare sorridendo e facendo le congratulazioni a Bellini. Fu per questo che, finito il rinfresco, feci in modo di attardarmi un po'. Bruno, che mi conosce bene, lasciò che mi andassi a sedere in un angolo. Casimiri mi raggiunse, mogio.
“ Casimì, ma che c’hai?” “ Eh, Sachè, tu non ci crederai, ho rivisto Graziella…” “ Graziella chi? Mica Graziella Ferratelli, quella per cui hai rischiato di rompere il matrimonio! Quella che ti stava sempre appiccicata e ti guardava con aria adorante!” “ Quella! Che storia d’ amore è stata, Sachè!! Non riuscivamo a stà lontani cinque minuti, e se proprio eravamo costretti a stare lontani allora ci attaccavamo al telefono. Ormai lavoravo sempre con la testa nelle nuvole; a un certo punto mi decisi a farla partecipare pure al mio lavoro, prendendola come sostituta della segretaria durante le ferie. Vedi, siccome lei era in difficoltà economiche io mi inventavo pure dei lavoretti a pagamento da affidarle.” “ Ma non facevi prima a darle direttamente dei soldi? “ fece la parte concreta di me. “ Ma mi sarebbe sembrato di pagarla come se fosse una prostituta, il nostro rapporto si sarebbe svilito! Perciò l’ aiutavo ma sempre per via indiretta, per non farglielo pesare. – una pausa di riflessione - Sono fatto così, Sachè, se una persona vuole stare con me perché mi apprezza e mi vuol bene, ne sono felice e l’ aiuterò in tutti i modi; di una donna a pagamento preferisco farne a meno”.
Io tacevo ascoltando mentre mi raccontava come le avesse trovato un lavoro temporaneo nella biblioteca di zona, come le girasse lavoretti di dattilografia pagandole il triplo della tariffe usuali, come una volta le avesse girato un compenso esagerato per battere a macchina un libro di cento pagine commissionato da una casa editrice. “ Cacchio, dovevi proprio essere impazzito!” “ Ma cosa importava? Io non avevo bisogno di quei soldi, lei sì. Poi c’erano le spese per il nostro nido d’amore e per tanti regalini, ma cosa importava? L’ aiutai anche a trovare un buon lavoro per la figlia… “
Poi andò avanti raccontandomi l’ evoluzione della storia. Dentro di me pensavo che storie simili le avevo sentite tante volte, ma Casimiri è un amico e non dissi niente. “ Fu un periodo bellissimo - continuò a raccontare - ci vedevamo spessissimo, tutto andava per il meglio, mi stavo convincendo di aver trovato, forse, l’ amore della mia vita…”. “ Mi sembra di capire che invece non sia stato così”. “ Già! A un certo punto, senza che io ne capissi la ragione, le cose cominciarono a guastarsi”. “ Possibile che tu non ne avessi avuto sentore?”. “ Sì, provai a chiederle qualcosa, ma lei non diceva mai niente…”. “ E’ una donna, Casimì, sai come funzionano: “ Ce l’ho con te e te lo faccio scontare ma non dico nulla, lo devi capire da solo…” “Già! Forse perché il marito si era ammalato e lei si sentiva in colpa, forse c’era qualcun altro all’ orizzonte, fatto sta che gli incontri non erano più gioiosi come prima, litigavamo spesso senza che ne capissi il motivo. Alla fine lei si mise a fare la gelosa, mi rimproverava per ogni cosa e mi rinfacciava cose inesistenti o banalita’ senza significato: - Graziella: “Ti ricordi quando a Natale scorso mi hai detto Va a quel paese?” - Io: “ Ma non stavo parlando con te, parlavo con quel seccatore di un venditore!” - Graziella: “ Ti ricordi quando mi hai fatto aspettare mezz’ ora all’ appuntamento?” - Io: “ Ma c’era stato un incidente stradale e mi sono dovuto fermare per prestare soccorso!”
“ Non c’era niente da fare, Sachè, il giorno dopo ricominciava da capo con gli stessi argomenti. Poi prese a rinfacciarmi addirittura le mie vecchie storie, cose accadute ancora prima che ci mettessimo insieme.…”.
“Scommetto che, quando stavate a letto insieme, lei un giorno ti ha chiesto “ Caro, ti prego, dimmi la verità, hai mai amato altre donne oltre me?” Casimiri mi guardo ad occhi socchiusi “ Quasi le identiche parole, Sachè!”. “ Bé tutte le donne, e dico tutte, prima o poi fanno questa fatidica domanda. La viva esortazione del Sachem, appresa dall’ esperienza, è: quando una donna di chiede “Dimmi la verità” tu taci, perché a lei non interessa che tu dica il vero, bensì quello che le fa comodo”.
Casimiri mi continuava a fissare “ Ci sei passato? Dovevamo parlarne prima, Sachè!” “ Va beh ma mò arriviamo al punto: lei faceva la gelosa e rompeva come solo certe donne sanno fare, il vostro rapporto si è guastato e vi siete lasciati. È così?” “ A dire la verità è stata lei a lasciare me: un giorno, con un messaggio alla segreteria telefonica mi ha detto che mi lasciava, che non voleva stare con me. La richiamai per chiederle il motivo e lei disse, in sintesi, che la tradivo e la sfruttavo facendola lavorare per i miei comodi e pagandola quattro soldi per risparmiare. Ricominciò ad elencare tutte le accuse già dette prima, ci vorrebbe un volume per elencarle tutte”. “ E tu?” “ Mi è caduto il cielo sulla testa: cercai ancora di spiegarle che erano degli equivoci, che potevo spiegarle. So bene che le relazioni spesso finiscono ma bastava chiuderla lì, non c’era bisogno di tanta cattiveria per giustificarne la fine. Non avrei certo trattenuto una persona che non mi amava più, però la nostra separazione poteva lasciare intatto almeno il ricordo della nostra bella storia. L’ amore può finire, Sachè, ma c’è qualcosa di infinitamente triste nella perdita di affetto, amicizia e calore condivisi per tanto tempo. Però non ci fu niente da fare: non voleva parlarne né incontrarmi e rifiutava perfino di ascoltarmi ancora al telefono. Così, freddamente e con cattiveria tutto ciò che avevamo costruito insieme si ridusse in pezzi, senza motivo. Ci volle un bel po’ perché le mie ferite guarissero ma il tempo, per fortuna, è un medico migliore di me, e alla fine ci sono riuscito. Tutto ciò è successo diversi anni fa”.
“ E adesso? Perché ritiri fuori ‘sta faccenda? Che è successo?”. “ Qualche giorno fa Giovanna (la mia segretaria da tanti anni) mi annunciò, con aria strana che era venuta in studio la signora Graziella. Mi spiegò, imbarazzata, che non era venuta per parlare con me, ma solo a riprendere la sua cartella clinica che le serviva per alcuni problemi di salute insorti recentemente. Insistette a sottolineare che non era venuta per parlare con me, io però non le diedi retta e le dissi di farla passare da me, se voleva ritirare le sue carte. Ero curioso di incontrarla faccia a faccia. Speravo forse di rivedere un po’ della donna di cui mi ero innamorato, quella che sorrideva alle mie battute, quella con lo sguardo sognante quando stavamo insieme, speravo di poterle dire “ Ciao, che piacere rivederti!”. Lei invece entrò rigida, era ancora bellissima ma con espressione volutamente distaccata, quasi ostile. Le chiesi come stava, mi rispose con malgarbo che era malata di cuore, che comunque erano affari suoi, e che a me non doveva interessare. Non ressi neanche un’ altra parola, le diedi bruscamente il fascicolo e la congedai. Dentro di me, con un senso di triste liberazione, la mandai finalmente e apertamente affanculo”. “ Spiacevole davvero, sei stato sfortunato, ti era capitata una donna del tipo rancoroso. Una delle razze peggiori, ma cosa le avevi fatto per farti odiare così” “ Non lo so, mi ci ero scervellato senza venirne a capo. Ma ormai tanto era inutile. Solo che il destino ci ha messo lo zampino”. “ Perché, che altro è successo? - gli porsi una birra – tieni, bagnati la gola, ché mi sembri sconvolto”. “ È successo che Giovanna è corsa a chiamarmi: mentre usciva, Graziella aveva fatto un verso strano e poi si era accasciata a terra. “ Non respira più, Dottò, non respira più” Mi precipitai all’ ingresso: Graziella era a terra, ad occhi chiusi e la bocca aperta; effettivamente sembrava non respirare più. “ Chiama l’ ambulanza, Giovà, presto! – appoggiai lo stetoscopio sul petto, non si sentiva battito – vieni, prendile il polso, se avverti il battito, dimmelo!”.
La voltai sulla schiena, mi misi a cavalcioni e cercai di ricordare il mio internato al Pronto Soccorso. Massaggio cardiaco: mani giunte sullo sterno, poi premere forte, rilasciare, contare fino a tre, ripetere. Guardavo Giovanna, ma lei scuoteva la testa. Premere, rilasciare, uno-due-tre, premere, rilasciare uno-due-tre . Nulla, ancora nulla. Ero disperato, sentivo le lacrime che mi scorrevano sul volto. “Maledizione! – gridavo senza rendermene conto – Non morire, non morire!” Le aprii ancora di più la camicetta, strappandole i bottoni. Premetti e rilasciai, ancora e ancora, ma vedevo Giovanna scuotere la testa, anche lei piangeva. Poi mi tirai indietro, esausto “Maledizione! – continuavo a gridare - non qui, non adesso, non TU! “
E in un impeto di frustrazione la colpii con un pugno a martello in mezzo al petto.
Mi consolo pensando che forse non fu rancore, ma un rigurgito involontario dei miei studi: una vecchia manovra di rianimazione che si usava un tempo per riavviare i cuori in arresto. Ma ad essere sincero io non stavo solo esercitando semplicemente una manovra medica, stavo anche sfogando la mia rabbia, il mio rancore e la mia frustrazione, e forse per questo colpii con forza, una forza inusuale, con rabbia. Poi mi staccai e mi accasciai seduto in terra, con la schiena alla parete, ansimando.
Fu attraverso un velo di lacrime che vidi Giovanna che esultava e mi sembrò di sentire una voce lontana che diceva “Batte! Batte!” Arrivarono quelli dell’ ambulanza, mi diedero solo un’ occhiata distratta e caricarono Graziella su una barella portandola via. Io pregai Giovanna di congedare i pazienti e di chiudere lo studio, e tremando me ne andai a casa”.
Io lo guardavo senza parlare. Non vedevo solo il mio amico Casimiri, vedevo anche un uomo che aveva messo l’ anima per salvare una persona a cui un tempo aveva voluto bene. Lo capivo, i vecchi amori possono lasciare cicatrici indelebili. Gli posi una mano sulla spalla. “ Fantastico, Casimì sei stato fantastico! Ma perché adesso hai quell’ aria depressa? – Cercai di fare una battuta – Te sei pentito? Chissà quante volte l’ avresti ammazzata, mò invece la sei andata pure a salvà! - ma la battuta non sortì alcun effetto - Insomma, che c’è?”
“ Sachè, quando si fanno ‘ste manovre può capitare qualche problema. Uno dei più frequenti è la possibilità di fratturare una o più costole, sia nella manovra premi-rilascia che nella manovra del pugno. È un problema minimo rispetto al fatto di salvare una vita; le fratture costali, poi, si consolidano facilmente!”. “ E allora?” “ Oggi mi è arrivata una lettera, Sachè, una lettera di Graziella” “ Che dice, ti ringrazia?”. “ Mi informa che le avevo fratturato una costola, e mi avvisa che ha intenzione di farmi causa, tanto (dice) sono assicurato – alzò lo sguardo verso di me, disperato – Mi denuncia, Sachè, l’ amore della mia vita, quella stronza che ho amato e protetto per anni si scorda di tutto e mi porta in tribunale per soldi”.
E quell’ uomo grande e grosso affondò il volto nelle mani, disperato.
Lo trascinai con me nel portico posteriore, il nostro consueto sito di meditazione. Lo feci sedere sulla poltrona più comoda, poi mi sedetti accanto a lui. Cominciava appena ad imbrunire e le prime stelle si stavano affacciando. “ Credevo davvero che fosse l’ amore della mia vita, Sachè! Per lei avevo fatto una serie di scelte che altrimenti forse non avrei fatto. Ho proprio sbagliato tutto, nella vita! Veramente, non ho mai capito niente!”.
E rimanemmo lì a guardare l’ accendersi delle stelle e a meditare sui grandi misteri dell’ universo: Dio, il cosmo, il tempo, le donne…
Non so quanto tempo passammo così, immersi nei nostri pensieri, poi sentii un sospiro provenire dall’ ombra che sapevo essere Casimiri. E mi sembrò che quell’ ombra assumesse una posizione più eretta, e mi sembrò anche di avvertire un cambiamento nel ritmo del respiro. “ Sachè, ho riflettuto – annuii con un grugnito nel buio e lui continuò con una voce diversa – e mi sono chiesto: ma che persona sono io? Come è possibile che io mi senta addirittura in colpa per il fatto di aver rotto una costola, salvandole la vita, ad una stronza perfida e opportunista?”
Io me ne stavo lì, muto per lo stupore del cambiamento, ma per fortuna il buio mi proteggeva. Lui continuò: “ Come è possibile che io abbia considerato amore della mia vita una persona del genere? Magari per lei potrei avere anche ignorato o trascurato altre persone, magari meno attraenti ma più sincere e più ‘ vere ‘? Insomma che persona sono io?”.
Era una domanda retorica, ma presi fiato e cercai di rispondere: “ Casimì, hai sbagliato i tempi verbali! – capii di averlo spiazzato, adesso era lui a cercare di capire – Tu dici ‘che persona sono io ‘ mentre dovresti dire ‘che persona ERO io ‘. Adesso finalmente ti stai rendendo conto di quanto realmente è successo e ti stai rendendo conto che bisogna stare attenti a giudicare le persone. Dicono che è impossibile essere innamorati e rimanere saggi, Casimì, e tu ne sei esempio vivente. Però ora dovresti benedire questa costola rotta, perché ti ha fatto capire tante cose, e oggi ha fatto nascere un altro uomo.”
Mi sforzai di cacciare una risata e proseguii, in tono complice: “ Casimì, tocca parlarne a Don Bartolo, gli toccherà addirittura aggiornà la Bibbia: Oggi tu hai dimostrato che Dio può invertire il processo e può far nascere un uomo nuovo dalla costola di una donna!”.
Ci pensò sopra, ma solo un attimo, poi lo sentii sghignazzare: " Uno a uno, Sachè, ho vendicato la costola di Adamo. Abbiamo pareggiato i conti!" E si unì alla mia risata. Era guarito!
“Noi, quelli del Bar dello Zozzo” Daniele Zamperini – 2020 Matite di Roberta Floreani
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