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LA STRADA GIUSTA
Inserito il 17 dicembre 2024 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Sul tavolinetto del Sachem era in corso una feroce e sanguinosa battaglia a scacchi. Veronelli (detto Er Pillola), il farmacista di zona, che a vedersi pareva un pacioccone, davanti ad una scacchiera esprimeva tutti i suoi istinti nascosti di feroce e sanguinario predatore.

Aveva appena divorato un alfiere e stava minacciando pressantemente una torre. Non si era reso conto però che l’ istinto diabolico del Sachem stava portando il cavallo a portata della sua regina.

Gli scacchi non erano un gioco molto popolare a Collerotto, e questo li rendeva molto appetibili quando preferivamo stare tranquilli. Non ci rendemmo conto subito, perciò, della piccola calca vociante attorno al bancone.

Quando il chiasso cominciò a farsi eccessivo cominciammo a drizzare le antenne.
“ È David, il giovane Zaccarini” disse Veronelli “ E sta festeggiando qualcosa” aggiunsi io.

Non ci volle molto. “Cosa posso offrire al Sachem e al nostro carissimo Dottore? – fece il giovane David quasi danzando intorno al tavolino – Ho un lavoro, ho un lavoro! - Alzò la voce in un acuto che risuonò in tutto il bar - Ho un lavoro! Da domani avrete l’ onore di essere scarrozzati ad ogni necessità da David Zaccarini, Noleggio Con Conducente! Il più abile svicolone dei vicoli cittadini, dal centro alla più estrema periferia…”.
E si allontanò danzando e cantilenando “Ora mi sposo, ora posso sposarmi”.

“ Beato lui! – fece Veronelli – io ho impiegato mesi per non perdermi nelle stradine della borgata! E qualche volta mi ci perdo ancora! – rise – A casa mia pure il nipotino mi prende in giro, e dice a tutti che io sono l’ unico essere umano capace di perdersi andando dal bagno alla cucina”.
Mi guarda, ridacchiando tra sé. Bastò questo per incuriosirmi.

“Vedi – proseguì Pillola – la scienza crede di aver chiarito tutto: è stato scoperto (e non è una storia) che tutti gli esseri umani hanno nel cervello un tessuto nervoso che, come capita ai piccioni viaggiatori, mantiene e regola il senso dell’ orientamento, i neuroni GPS. Solo che c’è chi ne ha di più e chi ne ha di meno… Io personalmente non ne ho un granché ”.

Non riuscivo a trattenermi dal ridacchiare all’ idea del Pillolone con una bussola impazzita nel cervello. “ A Veronè, hai trovato la scusa buona! Ma non dicevano che si trattava di ritardo di sviluppo? Secondo me devi ancora crescere…”.

Er Pillola annuì, ridacchiando pure lui “ Vedi, Sachè, il mio è un caso del tutto speciale, e nessuno ci può capire niente. La cosa, secondo me, risale a molti anni fa, quando il grande e grosso dottor Veronelli era uno studentello smilzo e insicuro. Te lo immagini? Bè, era così! Timido, incerto, qualche volta balbettante, con le ragazze ero una frana, un vero disastro, e non ero certo molto popolare. Non mi si filava nessuno e le ragazze…. bè, meglio stendere un velo pietoso.

Per questo mi meravigliai quando un gruppetto di “amici” che frequentavo mi chiese di partecipare con loro ad una gita al mare per il prossimo ponte.
Malgrado i dubbi, non ebbi certo il coraggio di dire di no: un gruppo misto, ragazzi e ragazze, ospitati per il ponte nella villetta al mare, deserta, dei genitori del capogruppo: si potevano immaginare ( e tutti li speravamo) sviluppi pazzeschi!
Ho capito dov’ era la magagna quando ci spartimmo nella varie macchine: una o due coppie di filarini per macchina, con ragazze ridacchianti e ragazzi con la bava alla bocca.
Io mi trovai a dover scorrazzare la professoressa Magalli.

Vedi, la Magalli era una delle assistenti, aveva almeno 10-15 anni più di noi, divorziata, con figlie grandicelle, piuttosto avvenente come donna, molto socievole con i giovani, per questo era lì, ma irrimediabilmente “vecchia”.
Salì nella mia scassatissima utilitaria e ci avviammo, in colonna, lungo la via Aurelia. La nostra destinazione era “verso Maccarese”, a casa di uno dei compagni, al momento vuota. Ci diede una serie di spiegazioni: “ Giri a destra per entrare nel borgo, poi la seconda a sinistra, si segue un pezzetto di strada sterrata, alla cabina dell’ Enel si va a sinistra, la quarta villetta bianca. L’ indirizzo non era specificato “ma tanto ci muoviamo in carovana”.
Io, e questo fu fondamentale, ero in coda alla colonna.

Procedemmo una mezz’ ora, scambiando qualche imbarazzata parola. Arrivammo ad un semaforo e, come puoi immaginare, la colonna venne spezzata. Per essere precisi la colonna riuscì a passare il semaforo tranne il sottoscritto, rimasto bloccato da un inesorabile rosso”.

“ Comincio ad intuire la prima parte” feci io, mentre muovevo un pedone per proteggere il cavallo.

“Già – continuò Veronelli – proprio così: passato il semaforo tutta la colonna di auto era scomparsa. Nessuno si era fermato ad aspettare, e non servì a niente rischiare di fondere il motore: non riuscimmo a raggiungerli.
Allora decisi di mettere a frutto le indicazioni: cominciai a girare a destra, poi a svoltare a sinistra cercando una stradina sterrata o una cabina dell’ Enel. Mi misi a esplorare tutte le traversette, avanti e indietro ma non ci fu niente da fare. Ci volle un po’, ma alla fine mi arresi e dovetti confessare alla Magalli che non sapevo dove andare, ci eravamo persi e dovevamo rinunciare al fine-settimana di avventura.
Ne ero dispiaciuto ma cercai di consolarmi pensando che in fondo a me sarebbe toccato reggere il moccolo agli stravizi degli altri!

Che fare, a quel punto? Lungo la strada avevamo visto uno di quei mercatini estivi: per passare il tempo andammo a curiosare e, devo confessare, fu inaspettatamente divertente. La Magalli piano piano abbandono l’ aria imbronciata e preoccupata e si rivelò cordiale e spiritosa; alla fine io le avevo comperato un ciondoletto etnico dalla morbida silhouette, lei mi regalò una spillina raffigurante Poseidone.
Poi ci imbucammo in una pizzeria, mangiando porcheriole fritte e facendo battute sulla necessità di mantenere la linea.
Poi bisognava trascorrere in qualche modo il pomeriggio: arrivammo in macchina al castello di Santa Severa e ci mettemmo a girare dentro visitando le mostre di pittura, poi affittammo uno spogliatoio e andammo a prendere il sole e fare bagni sulla spiaggia bianca lì vicino.
Ammirai il fisico di questa quasi-quarantenne, e cominciai a riconsiderare in modo molto più benevolo il problema dell’ età.
Di sera un tavolo in vista del mare e un piattone di pesce fritto. Alla fine purtroppo (ormai cominciavo a pensarla così) arrivò la sera.

Ci avviammo lemmi lemmi verso la città. La Magalli (a proposito, si chiamava Nora) ormai rideva e scherzava e sembrava avermi definitivamente perdonato.
Le chiesi dove abitava; mi diede l’ indirizzo, una mansarda quasi all’ altro capo della città. Giurò ridendo che mi avrebbe guidato lei.
“ Povero me! – feci io un po’ sul serio e un po’ scherzando, ma sinceramente depresso – sono davvero spiacente! Ora ti accompagno a casa poi, purtroppo, dovrò riattraversare la città per tornare a casa mia, e magari perdo la strada; domani, anziché passare la giornata al mare, ci troveremo a guardare la televisione mentre gli altri si divertono. E tutto perché sono un imbranato e mi sono perso…”.
Nora esitò, a lungo, era tornata improvvisamente seria e pareva immersa nei pensieri. Poi, un po’ esitante parlò, e così cambiò la mia vita
“ Le mie figlie sono in ferie dal padre. Io passo le giornate sola, in casa. Vuoi restare a dormire da me, stanotte, e magari anche domani?”

Io restai per un attimo senza parole, poi riuscii solo a spiccicare un sì ripetendolo poi a voce sempre più alta, SISISISI! e premetti a fondo l’ acceleratore.
Arrivammo nella metà del tempo che avrei normalmente impiegato. Poi puoi immaginare il seguito.

Siamo stati insieme per tutto il tempo possibile, abbiamo fatto sesso in modo infuocato. Io ero molto più inesperto, ma lei mi guidava , mi insegnava, mi stimolava. Abbiamo mangiato, dormito e fatto l’ amore per tutto il tempo. Scendevo a comprare da mangiare a una rosticceria sottocasa e poi ricominciavamo. Mi sentivo come nel film del Laureato, e la chiamavo Mrs Robinson, e scherzavamo insieme sulla differenza di età . Vivevo in una specie di nuvola e pensavo alla fortuna che avevo avuto di perdere la strada, e di perderla con una donna così.

Veronelli, assorto nel racconto, mosse distrattamente l’ alfiere stringendo ancora di più la mia torre…

“ Il martedì (si era trattato di un ponte lungo) – continuò - l’ accompagnai al lavoro, lasciandola cento metri prima e aspettando qualche minuto prima di entrare a mia volta. Mi aveva salutato con affetto e con calore ma, guardandomi dritto negli occhi, mi aveva chiarito che quello era un addio, che ci saremmo rivisti per lavoro ma che non sarebbe più accaduto quanto successo. “È stata davvero una bella fortuna - mi disse sorridendo – che tu sia riuscito a perderti a due passi dalla città. Che peccato! – aggiunse con calore - Sei così bello!”.

“ Sì, Sachè, e vedi di non ridere! Mi ha fatto sentire dentro, nel profondo, che se una persona ti vuole bene, per lei sarai sempre bello, bellissimo! E non importa se stai perdendo i capelli o acquistando qualche chilo di troppo, come me! Se una persona ti vuol bene, ti vuole così come sei, e se così non ti vuole, allora forse non ti vuol veramente bene – Sospirò – Ho risparmiato un sacco di soldi di shampoo, integratori e similari - E ride, trasognato. – E secondo me io continuo a perdermi perché quel rompiscatole del mio subcosciente spera sempre, nel profondo, che possa succedere ancora e si impegna ad ammazzare tutti i miei neuroni GPS. Ti confesso – ridacchiò – che quando ho in macchina una piacevole signora tendo a perdermi molto più facilmente”.
“ E le scegli sempre più anziane di te?” faccio io.
“ Questo no, però ti consiglio di non disprezzare troppo una donna solo sulla base dell’ età. Non sai che sorprese si possono trovare. O forse lo sai?” Sghignazza allusivo il Veronelli.
“ Spiacente, Pillolò, questo non lo saprai mai. Ma intanto per dare sfogo ai tuoi lubrichi pensieri ti sei perso pure sulla scacchiera. Se no come mi spieghi che ora ti faccio fuori la regina e ti imposto uno scacco matto?”

Rientra in sé e mi guarda basito e seccato. Oltre ad avermi raccontato uno dei suoi segreti ora doveva pure pagare la cena!
Io gongolo: il fascino ipnotico del Sachem ha colpito ancora!

Anche se, in fondo in fondo, sento qualcosa che somiglia un po’ all’ invidia: io pure avrei voluto perdermi così, qualche volta, nella vita.


Daniele Zamperini
“Al Bar dello Zozzo” – 2020
Matite di Roberta Floreani

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