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La COMUNICAZIONE nel rapporto Medico – Paziente |
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Inserito il 11 febbraio 2024 da admin. - professione - segnala a:
La comunicazione è un processo interpersonale che consiste nella trasmissione di informazioni: può coinvolgere due o più individui, può utilizzare la parola, parlata o scritta, le immagini, i suoni e tutti gli strumenti comunicativi non verbali (la mimica, lo sguardo, la gestualità, la prosodia, la postura, la prossemica). Una comunicazione efficace presuppone l'uso di un medesimo linguaggio in tutte le sue sfumature: non solo morfologia, sintassi e semantica, ma anche locuzioni, espressioni idiomatiche, battute, giochi di parole, metafore e molteplici segnali non verbali tra i quali, oltre a quelli sopracitati, va ricordata la grande importanza delle pause e del silenzio, nel corso delle quali la comunicazione non verbale, ad esempio lo sguardo, emerge in primo piano. La comunicazione può essere circoscritta a un ambito bi-personale, a una famiglia, a un gruppo di lavoro, o essere indirizzata a una folla anche molto vasta di individui. Le finalità e le regole del gruppo influenzano fortemente le modalità comunicative: una medesima persona ha un proprio stile, ma di solito utilizza un linguaggio diverso e diverse strategie comunicative, a seconda che si rivolga, ad esempio, al medico, ai colleghi di lavoro, ai propri familiari, agli amici. In questo scritto prenderemo in esame le caratteristiche principali della comunicazione medico - paziente fornendo alcune conoscenze e indicazioni pratiche. È tuttavia consigliabile a ogni medico una formazione specifica (se possibile “in presenza” date le inevitabili limitazioni e distorsioni nella comunicazione telematica), preceduta dalla lettura di alcuni testi basilari quali quelli consigliati in bibliografia. Per iniziare a comprendere complessità, ricchezza ed efficacia dei vari strumenti comunicativi immaginiamo di essere coinvolti in due diversi scenari. Immaginate di essere un paziente che in due giorni diversi entra in due differenti studi medici per un consulto su un particolare problema. Lo studio del medico X è illuminato artificialmente, i vetri non lasciano filtrare molta luce, né tantomeno aria; il pavimento non è pulito, le sedie sono rigide e non confortevoli. Atteso il vostro turno entrate in studio: il medico è al telefono, non vi guarda ma continua a telefonare alzando la voce con l'interlocutore; il suo camice è aperto e stropicciato; nella scrivania notate vari fogli sparsi, campioni di medicinali, penne, una siringa. Il medico finalmente vi guarda, chiude in fretta la telefonata e vi dice con tono un poco brusco: "che problemi ha?". Lo studio del medico Y ha un arredamento semplice ma funzionale: la sala d’attesa è ben illuminata e pulita; c’è anche una pianta ornamentale; attendete il vostro turno sfogliando una rivista. Quando entrate notate che lo studio è semplice ma ordinato, pulito, luminoso. Il medico ha il camice abbottonato e ben stirato; si alza dalla sedia, vi porge la mano e vi dice "Buongiorno. Si accomodi pure e mi dica come potrei essere utile". Ambedue i medici hanno proferito poche parole, verosimilmente con tono e prosodia radicalmente diversi, ma la comunicazione è iniziata non appena il paziente è entrato nella sala d'attesa: le caratteristiche dello studio e l'atteggiamento del medico hanno fornito importanti informazioni che il paziente recepisce anche se non ne è del tutto consapevole. Dalla sala di attesa fino al termine dello scambio verbale il medico Y ha posto le basi perché possa nascere nel paziente un sentimento di simpatia e fiducia che favorirà il manifestarsi dell’effetto “placebo” (vedasi capitolo relativo) nel lungo percorso diagnostico-terapeutico, mentre purtroppo il medico X ha posto le premesse per un effetto “nocebo” (potrà recuperare nei contatti successivi, almeno speriamo…).
Comunicazione efficace Abbiamo già accennato alla varietà degli strumenti comunicativi. Bisogna ora ricordare che il primo passo per una buona ed efficace comunicazione è l’ascolto attivo. L’ascolto ‘attivo’ si contrappone a quello ‘passivo’, spesso presente nelle situazioni di burn-out. Esso è caratterizzato da un’attenzione ‘operosa’ sia al verbale (quello che il paziente dice), sia al non verbale (come si comporta), sia ai silenzi (ciò che non dice), sia al paraverbale (come lo dice). Al termine di questa prima fase di ascolto è importante verificare il messaggio ricevuto, riformulando e delucidando quanto si è ascoltato (utilizzando per esempio incipit del tipo: “Mi sembra di avere capito che…Mi dica se ho capito bene…). Questa ‘restituzione’ fa parte integrante del ‘rispecchiamento empatico’ (vedi più avanti). Ricordiamo che, mentre la comunicazione verbale si avvale di un codice digitale costituito da una combinazione di fonemi, lettere e parole, per decifrare le quali è necessario un codice interpretativo, la comunicazione non verbale si avvale invece di messaggi analogici che sono olistici, ovvero recepiti nella loro totalità. Immaginiamo un bambino che giocando con il suo gatto rompa un bel vaso di cristallo: sopraggiunge la mamma arrabbiata… il bimbo arrossendo e retraendo il capo sulle spalle dice che il colpevole è il gatto. Il messaggio verbale “digitale” è totalmente incongruente con quello non verbale, che è invece analogico e olistico. Il messaggio non verbale viene recepito in maniera diretta, istintiva e pertanto viene ritenuto più affidabile di quello verbale. Tra medico e paziente si ripropone abbastanza frequentemente una situazione analoga a quella del bimbo (che di solito, ma non sempre è il paziente).
L' empatia L'empatia, ovvero la capacità di condividere lo stato emotivo dell'altro e di adottare il suo punto di vista, è un’attitudine in parte innata e in parte acquisita, che tuttavia non tutti i medici sono interessati ad avere. È necessario però distinguere l’empatia dalla ‘manipolazione’. Essere empatici non significa adattarsi o cedere al comportamento manipolatorio dell’assistito. Una comunicazione efficace infatti deve essere anche assertiva: quando il medico vede la necessità di prendere una decisione diagnostica o terapeutica nell’interesse del paziente, non deve lasciarsi manipolare da lui e da ciò che lui vorrebbe fare, ma deve essere assertivo, cioè deve sostenere le proprie decisioni con l’autorevolezza che gli deriva dal suo ruolo (pur rispettando il punto di vista dell’assistito). All’interno di un corretto rapporto, l’empatia migliora la comunicazione e riduce l'ansia del paziente, ma soprattutto, come documentato da varie ricerche neuropsicologiche e dalla psicologia delle emozioni, svolge effetti terapeutici sull'ansia e sul dolore. Si consideri l’esempio che segue. Silvio ha 56 anni e fuma 20 sigarette al giorno da oltre 30 anni. Porta una lastra toracica che evidenzia una opacità sospetta; Silvio ritiene sia un tumore! Depresso e molto agitato consulta due medici dicendo ad ambedue: “Dottore la lastra al torace ha scoperto una macchia su un polmone, ho paura che sia un tumore”. Il medico A risponde: “Si calmi, anche se è un tumore si può curare. Le chiedo una TAC al torace e ne riparliamo non appena ha l'esito dell’esame; mi richiami lei”.
Il medico B risponde: “La vedo molto in ansia e preoccupato: comprendo la sua preoccupazione, che tuttavia al momento è eccessiva in quanto vi sono parecchie malattie che possono dare opacità ai polmoni... anche in caso di tumore, poi, c'è da considerare il fatto che esistono forme benigne e che anche molte forme non benigne sono guaribili o comunque curabili. Approfondiamo il problema mediante una TAC al torace e appena arrivati a una diagnosi valuteremo insieme come procedere. Intanto cerchi di dedicarsi alle cose che le piacciono di più; chiudersi in sé stessi non risolve i problemi ma li aggrava. Ci sentiamo non appena ha l'esito della Tac; mi chiami subito, le raccomando”. Se voi foste al posto di Silvio quale medico scegliereste?
Lo stile comunicativo Lo stile comunicativo caratterizza la relazione e influenza in risultato: il medico, conoscendo non solo l'individuo ma anche la sua famiglia, il suo modo di vivere, i suoi riferimenti ideali e culturali, può modulare lo stile comunicativo, l'atteggiamento e il linguaggio al fine di ottenere un determinato risultato. Nello stile del medico e in quello del paziente possiamo quindi distinguere molti aspetti e molte caratteristiche: ad esempio formalismo o spontaneità, rigidità o elasticità, distanza emotiva o partecipazione, calore o freddezza, tendenza alla polemica o alla condivisione, fiducia o sfiducia, rabbia o rassegnazione. Esempi tratti dalla pratica professionale Un paziente di 42 anni, dipendente comunale, amante delle compagnie e della buona tavola, ma non molto appassionato al lavoro, si reca dal curante e chiede due giorni di riposo perché ha litigato con il suo capo. Il medico X è stanco e ha altri pazienti da seguire; il pomeriggio poi ha l'ambulatorio dentistico: compila il certificato e lo consegna al paziente dicendo: “Per questa volta va così ma che non sia una abitudine”. Il medico Y è figlio di un colonnello e crede, come il padre, allo scrupoloso rispetto delle regole; è pure lui stanco e indaffarato; rivolge uno sguardo severo al paziente e risponde: “Non se ne parla proprio: si prenda due giorni di ferie. Si accomodi ho altri pazienti da vedere”. Il medico Z da studente è stato molto attivo in associazioni di volontariato in quanto è sensibile alle problematiche psicosociali; è anche egli stanco e indaffarato. ma chiede al paziente di descrivergli meglio l'ambiente di lavoro e la sua relazione con il capo. Si informa dello stato psicologico del paziente e delle sue relazioni familiari. In effetti riscontra uno stato ansioso importante: il soggetto lamenta irritabilità, insonnia, stato di tensione emotiva costante, qualche spunto depressivo. Redige quindi il certificato diagnosticando una sindrome ansiosa reattiva e invita il paziente a riflettere sui problemi irrisolti che hanno generato questa situazione e che richiederebbero un sostegno psicologico. I tre medici hanno avuto storie di vita e percorsi formativi diversi e hanno pertanto approcci, stili e modalità comunicative differenti, espressione della loro storia e dell'obiettivo che si prefiggono in quella specifica situazione. Il primo medico sembra avere l'obiettivo principale di risparmiare tempo ed energie per dedicarsi ad altro: accetta la proposta del paziente e procede con il lavoro. Il secondo medico è rigido ma coerente con le proprie credenze; contrappone al paziente una diversa visione del mondo e quindi del problema: al paziente non resta che accettare o cercare alternative. Il terzo medico ha uno spirito e uno stile maturati nel corso di importanti esperienze; è un inguaribile ottimista; accetta la parte infantile e opportunista del paziente, ma cerca di valorizzarne il senso di responsabilità e di recuperarlo in un progetto da sviluppare nel futuro. Ci riuscirà?
Senza entrare in discussioni di merito, inopportune in questo contesto, ciò che preme sottolineare è la radicale differenza di stili comunicativi tra persone che ricoprono lo stesso ruolo, ma con diverse visioni del proprio lavoro e quindi diverse modalità relazionali e diversi stili comunicativi: usano parole diverse, probabilmente diverse metafore, diversa mimica, diversa gestualità, diversi sguardi… Di seguito riportiamo alcuni punti riassuntivi relativi alla comunicazione. Nel processo comunicativo è possibile utilizzare diversi linguaggi e diversi stili: la conoscenza di questi strumenti si può acquisire in parte tramite una preparazione teorica, in parte con ripetute applicazioni e perfezionamenti della pratica professionale. Per una comunicazione efficace è fondamentale saper ascoltare attivamente e aver chiari gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere. I linguaggi verbali e non verbali e gli stili comunicativi sono individuali e personali, ma ciascuna persona, se adeguatamente preparata, può arricchire i propri linguaggi e il proprio stile al fine di ottenere risultati ottimali. Colui che riceve il messaggio non sempre lo interpreta secondo le intenzioni di chi lo emette: è pertanto indispensabile verificare se chi riceve il messaggio comprende le intenzioni di chi lo ha inviato, ed eventualmente correggere e integrare quanto prima espresso. Lo scambio comunicativo può modificare idee, stati d'animo e obiettivi dei partecipanti. È pertanto importante individuare le modificazioni avvenute ed eventualmente riformulare obiettivi e strumenti comunicativi, senza cedere a possibili comportamenti manipolatori. In caso di insuccessi, incomprensioni, resistenza, reazioni, riesaminare il percorso da noi seguito ed eventualmente correggerlo proponendo obiettivi e stili diversi.
Tratto da : Guida alla professione medica Autori: Giampaolo Collecchia, Riccardo De Gobbi, Roberto Fassina, Giuseppe Ressa, Renato Luigi Rossi, Daniele Zamperini
http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/medicina-e-salute/666455/guida-alla-professione-di-medico/
Rielaborato da Riccardo De Gobbi
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