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MODERNIZZARE LA SCUOLA |
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Inserito il 27 gennaio 2025 da admin. - professione - segnala a:
(Titolo originale: Modernizziamo Collerotto)
Cap. 1: Arriva il progresso
Quando nella scuola di Collerotto arrivarono i primi computer poco mancò che la Colasanti si strappasse i capelli. Oddio, la macchina aveva effettivamente un aspetto minaccioso: una scatola grigiastra, di plastica, bitorzoluta, con un sacco di buchi misteriosi che si aprivano qua è là; poi c’era sopra uno schermetto verdastro, panciuto, e davanti una tastiera con misteriose lettere che non rispettavano nessun ordine alfabetico.
“ Ma perchè ho voluto fare la preside? – si chiedeva sconsolata – adesso mi dicono che dovrei far funzionare questo mostro! E quel che è peggio – lesse ancora una volta il foglio col logo del Ministero arrivato insieme al “mostro” – devo organizzare dei corsi e – incredibile – insegnare agli altri insegnanti come si usa…”. Si affacciò in corridoio e vide, sconfortata, la Cossini, “quella di Lettere” (curva, canuta, zoppicante, con lo sguardo miope e gli occhiali spessi due centimetri) dall’ aspetto di una centenaria passata lì per caso; dal fondo al corridoio invece veniva la Gesuelli (“quella di ginnastica”) in tuta da fighetta, capelli a coda di cavallo, e gomma da masticare.
“ Oddio, adesso mi saluta!” pensò la preside con un brivido, e infatti non mancò il solito urlo: “ A Prè, ma chè ‘nse pò sortì all’ adesso? Che ce stamo a fà giù, l’ Olimpiadi de noto?” Il che, tradotto (con un brivido) in italiano corrente, andava interpretato “Scusi, signora Direttrice, è possibile abbreviare un pò la lezione e uscire in anticipo visto che in palestra c’è una perdita d’acqua e il pavimento è tutto bagnato?”.
“ Mi toccherà insegnare il computer a queste persone! Ma come si fa? – un sospiro preoccupato - Ma in fondo non deve essere terribile – un sorriso di sollievo - Il bidello l’ ha acceso e dice che più o meno è come una macchina da scrivere!”
Appoggiò un dito sul tasto della A e sullo schermo subito apparve una “a” lampeggiante di verde poi, mentre si congratulava per la sua bravura, la A si moltiplicò in una fila di A tutte uguali che riempirono la riga, andarono a capo e continuarono a moltiplicarsi come a voler riempire lo schermo.
“ Osvaldo!” strillò ad alta voce. Il bidello accorse e guardò un pò stralunato lo schermo ormai quasi pieno di A in inarrestabile moltiplicazione poi, con l’ esitazione dovuta al diverso rango, toccò il braccio della Preside sollevandolo dalla tastiera. La moltiplicazione delle A si arrestò. “ Non si deve lasciare il dito sul tasto! – rantolò – bisogna premere brevemente!” “ Ma se mi hanno detto che è come una macchina da scrivere! – protestò la Colasanti – che ne so che fa come gli pare? E poi perchè adesso lei mantiene il dito premuto sul tasto?” Guardò Osvaldo che tenendo premuto qualcosa sulla tastiera stava ripulendo lo schermo dall’ invasione delle A. Osvaldo aprì la bocca, poi decise che era meglio tacere, e tolse il dito, tanto lo schermo ormai era pulito.
“ Spenga questo mostro, Osvaldo! – intimò la Colasanti – e lo metta via, tanto non lo toccherò mai più! In questa scuola usiamo benissimo la macchina da scrivere, questi mostri non ci servono!”.
Venne interrotta da un tipo in tuta da fatica che si era affacciato alla porta “ A Prè, dove li mettemo ‘sti scatoloni?”. Guardò inorridita gli scatoloni con scritto “Fragile - Computer” che venivano ammucchiati nel corridoio, prese la busta col logo del Ministero che le veniva porta e, mentre leggeva stordita le disposizioni che imponevano l’organizzazione di corsi di istruzione sull’ uso del computer, nemmeno si rese conto che, Osvaldo da una parte, gli omaccioni in tuta dall’ altra, se la davano a gambe lasciandola sola contro l’ invasione dei mostri.
Cap 2 “ Lo scaricabarile” Memore delle sue passate orribili esperienze di organizzatrice del teatro scolastico, la Colasanti ritenne opportuno, per un parere ponderato, affidarsi a quelli che contano. E quelli che contano stavano, come al solito, impegnati nel pokerino nel retrobottega del bar.
Riuscì a nascondere il moto di stupore riflesso che le venne quando si accorse che tra i viziosi del bar c’era perfino don Bartolo, poi si calmò vedendo il dottor Casimiri, Veronelli “Er Pillola” e il sottoscritto Sachem. Si sedette con un brivido (che tutti videro benissimo) sul pizzo di una sedia rimasta libera. Malgrado gli indubbi miglioramenti caratteriali non era riuscita a liberarsi di quel suo atteggiamento a manico di scopa che in passato l’aveva resa famigerata. Espose, indorandolo un pò, il problema: la scuola, al fine di promuovere un percorso di eccellenza per gli alunni di Collerotto, era stata scelta tra le sedi di istruzione di uso del computer per gli insegnanti i quali poi avrebbero diffuso il loro sapere tra gli alunni, aumentando il prestigio della borgata, della scuola, e favorendo l’ inserimento dei fortunati Collerottari nel mondo del lavoro qualificato nazionale e internazionale. Però (e qui si arrivò finalmente al centro del problema) non era opportuno che l’ organizzazione e l’ insegnamento venissero affidati esclusivamente agli insegnanti, già oberati dai loro compiti e non sempre capaci di spaziare costruttivamente al di fuori delle loro strette competenze in modo da raggiungere un livello elevato in una materia nuova, seppure così semplice (sorriso smaccatamente falso) come quella dell’ informatica e dei computer.
“Sarebbe importantissimo – continuò aulicamente – che si potessero previamente istruire gli insegnanti per fornire loro basi adeguate. Mi è stato in effetti affidato tale compito, ma per insegnare agli insegnanti non posso bastare io, occorrono menti di elevato valore, dalle profonde conoscenze, dalle capacità superiori! Chi meglio, per esempio, del medico, del farmacista, del parroco, del… - e qui esitò un attimo - del Sachem?”
Bruno face una faccia ingrugnata per non essere stato citato. Non che ne capisse qualcosa, di computer, ma non essere inserito nell’ elenco di quelli che contano lo aveva scocciato un pò. Fu forse per questo motivo che, mentre portava il caffè a tutti i giocatori, dimenticò quello per la Colasanti.
La discussione non fu lunghissima: Don Bartolo diventò improvvisamente tonto e un pò ritardato, per cui dovette, a malincuore, quasi con le lacrime agli occhi, esimersi. Casimiri era troppo anziano, sull’ orlo della pensione, non si sentiva adatto; poi doveva sempre correre in giro per le visite domiciliari, come faceva a garantire un orario? Veronelli confesso’ che poco mancava che usasse ancora il pallottoliere per gli scontrini della farmacia, per cui… Quando tentarono di incastrare me, cercai di svincolare subdolamente dall’ impegno facendo presente che non si era mai visto un Sachem col computer per cui… “Bè, ma può aiutarla Annabella!” La Colasanti dopotutto non era stupida. Annabella (la proprietaria della Casa dell’ Angelo e mia ormai quasi ufficiale signora) era stata insegnante di matematica, amava le novita’ tecnologiche e ricordava ancora con un pò di nostalgia il periodo dell’ insegnamento. Cercai di difenderla un pò, ma in fondo, perchè? Si sarebbe trattato di insegnare a delle colleghe professoresse, mica a una folla di alunni scalmanati… Tutto riposo e divertimento!
Poi qualcuno ebbe un altro colpo di genio: aggiungiamoci Carletto, “Il Matematico”.
Non c’era nessuno bravo come lui con i numeri: un pò autistico (ne abbiamo già raccontato altrove) aveva quasi sbancato la sala giochi appena aperta in borgata, teneva i conti di tutte le botteghe del quartiere, era diventato consulente informatico di una grossa Società, certamente era in grado di spiegare meglio di tutti il funzionamento del computer. “Ma non ha nessuna esperienza come insegnante!” Obiettò Don Bartolo, impietosito al pensiero della fregatura che gli stavamo passando. “ Ma a questo ci penserebbe Annabella! “ obiettò, entusiasta la Colasanti. “Lui fa funzionare il computer e spiega ai professori come funziona dentro, lei insegna le implicazioni e gli usi didattici da utilizzare verso gli alunni. E volete mettere la considerazione che si guadagnerebbe in giro Carletto?” E scappò via prima che qualcuno potesse obiettare, entusiasta della soluzione che le toglieva un immane peso dalla schiena.
Fu così che si diede inizio al piu’ grande imbroglio mai visto nel pur navigato territorio di Collerotto.
Cap. 3: Gli studenti perfetti Quando Carletto entrò in aula per la prima volta praticamente non se ne accorse nessuno. I professori, di mezza età avanzata, erano troppo impegnati a fare il filo alle professoresse piu’ giovani; era buffo vedere anziani professori di lettere, sempre severissimi con gli alunni, che ridevano esilarati agli strafalcioni della Gesuelli; e le professoresse piu’ anziane cercavano di darsi un tono con aria di snobistica superiorità che sembrava dire a tutti “Che ci sto a fare io, qui, che tanto so già tutto di tutto?”. La Barbieri, nota come “ L' attaccatutto”, spiccava per la sua aria di sufficienza. Era detta “Attaccatutto” per le sue periodiche manifestazioni di frustrazione in cui si abbrancava alla cattedra urlando “Questa è la mia cattedra, vinta al concorso venticinque anni fa! La MIA cattedra! Non lascero’ MAI la mia cattedra!” Anche ora aveva un' aria ingrifata che gridava al mondo “Cosa vogliono insegnare 'sti quattro gatti a una come me, che sa tutto e ha vinto pure il concorso, quando i concorsi erano davvero concorsi?”
Mi intrufolai un paio di volte nell' aula dei computer, più che altro per salutare Annabella, poi evitai di insistere, perchè l' aria stravolta e i capelli arruffati mi facevano temere per la mia vita.
Era una situazione strana: davanti all' aula stazionava sempre il capannello di ridanciani professori, soprattutto inglese, disegno, musica, intenti a “fare flanella” e totalmente disinteressati a quanto succedeva in aula. In aula solo tre-quattro “allievi” (quelli delle materie scientifiche) un pò più interessati, con Carletto che, ignaro di tutto ciò che gli accadeva intorno, se ne stava al computer a scrivere una serie di istruzioni mentre Annabella cercava di riportarne alla lavagna i significato spiegandone gli eventuali usi didattici. Sugli schermi apparivano linee, cifre e disegni che in teoria dovevano essere replicati sui computers dei professori (collegati in rete) con qualche “accidenti” che risuonava quando un tasto sbagliato faceva succedere qualche disastro.
Lo sguardo vendicativo di Annabella quando ogni tanto mi guardava era spaventoso, mi chiedevo ogni volta con ansia se una uscita a cena o una gita fuori porta sarebbero stati sufficienti a salvarmi la vita, poi per fortuna mi sorrideva di un sorriso storto. Per sicurezza comunque sgattaiolavo via con aria indifferente...
Ci vollero più di due mesi. Alla fine ci fu il sospirato riepilogo generale. Tutti promossi, naturalmente, con il diplomino di “Esperto nell' uso di base del computer”.
E mentre venivano distribuiti gli ultimi diplomini, la Barbieri, staccatosi per un attimo dalla cattedra e sventolandosi la faccia col suo attestato di “Esperta”, si accostò ad Annabella “Bè, lei è una collega in pensione, vero? Posso chiederle una informazione? - e mentre Annabella annuiva, perplessa, proseguì – Collega, me lo fai vedere dove si accende questa macchina, per cortesia?” Trattenni per il braccio Annabella, non si sa mai…
Come dicevo, nessuno, avrebbe potuto avere il coraggio di mandare in giro certe persone certificando che sapessero usare un computer: eppure quei diplomini girano ancora… Però l’ atmosfera della borgata doveva essere davvero magica se si pensa che Annabella riuscì perfino a non strangolare la Barbieri…
Daniele Zamperini - 2022 - “Ricordando il Bar dello Zozzo” Matite di Roberta Floreani
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