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Per la legge attualmente non puo’ esistere il “terzo sesso” |
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Inserito il 01 settembre 2024 da admin. - professione - segnala a:
La Corte Costituzionale (143/2024) ha dichiarato inammissibili le questioni per il riconoscimento del "terzo genere" ritenendo invece irragionevole l’ obbligo di pre-autorizzazione all'intervento, se la transizione fogge gia’ compiuta
I fatti: Il Tribunale di Bolzano ha posto la questione di legittimita’ costituzionale in materia di rettificazione di attribuzione di sesso e, in particolare, sulla creazione di un “terzo genere”, ne’ maschile ne’ femminile.
La Corte ha quindi dichiarato inammissibili le questioni sollevate nei confronti dell'art. 1 della legge n. 164 del 1982, ove non prevede che la rettificazione possa determinare l'attribuzione di un genere "non binario" (né maschile, né femminile).
Infatti, «l'eventuale introduzione di un terzo genere di stato civile avrebbe un impatto generale, che postula necessariamente un intervento legislativo di sistema, nei vari settori dell'ordinamento e per i numerosi istituti attualmente regolati con logica binaria».
La sentenza sottolinea al riguardo che la caratterizzazione binaria (uomo-donna) intersessa diversi fondamentali istituti sociali come il diritto di famiglia, del lavoro e dello sport, la disciplina dello stato civile, la conformazione dei "luoghi di contatto" (carceri, ospedali e simili).
La Corte rileva tuttavia che «la percezione dell'individuo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile - da cui nasce la richiesta che venga riconosciuta una terza ulteriore identità sessuale, puo’ generare una situazione di grave disagio rispetto al principio personalistico cui l'ordinamento costituzionale riconosce centralità (art. 2 Cost.) e che, «nella misura in cui può indurre disparità di trattamento o compromettere il benessere psicofisico della persona, questa condizione può del pari sollevare un tema di rispetto della dignità sociale e di tutela della salute, alla luce degli artt. 3 e 32 Cost.».
«Tali considerazioni» - conclude la Corte - «unitamente alle indicazioni del diritto comparato e dell'Unione europea, pongono la condizione non binaria all'attenzione del legislatore, primo interprete della sensibilità sociale».
La questione viene quindi rinviata all’ attenzione del legislatore, per eventuali iniziative che si rendessero necessarie.
La Corte ha poi affrontato un altro aspetto della questione, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, nella parte in cui prescrive l'autorizzazione preventiva del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso.
Infatti, ha osservato la Consulta, poiche’ il percorso di transizione di genere puo’ «compiersi già mediante trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, quindi anche senza un intervento di adeguamento chirurgico», la prescrizione dell'autorizzazione per via giudiziale denuncia una palese irragionevolezza, nella misura in cui sia relativa a un trattamento chirurgico che «avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione».
In questi casi, il regime autorizzatorio, non essendo funzionale a determinare i presupposti della rettificazione, già verificatisi a prescindere dal trattamento chirurgico, viola l'art. 3 Cost., in quanto «non corrisponde più alla ratio legis».
Quindi, per diversi aspetti, se ne dovra’ riparlare…
Daniele Zamperini
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