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Post-infarto: betabloccanti si o no? |
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Inserito il 05 ottobre 2024 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
I risultati dello studio REDUCE-AMI e dell'ABYSS sono davvero così diversi?
In una pillola precedente [1] abbiamo riferito i risultati di alcune metanalisi e dello studio REDUCE-AMI che mettevano in dubbio l'uso dei betabloccanti nella terapia a lungo termine del post-infarto. Tuttavia, siccome la ricerca non si ferma, questa affermazione è stata recentemente contraddetta dallo studio ABYSS [2]. In questo trial sono stati reclutati 3698 pazienti che dopo un infarto miocardico avevano ricevuto la prescrizione di un betabloccante. I partecipanti sono stati randomizzati, dopo 12 mesi, a continuare il trattamento oppure a sospenderlo. Il trial ha dimostrato che la sospensione non è "non inferiore" rispetto alla continuazione per quanto riguarda un endpoint composto da morte, infarto miocardico e ictus non fatali e ricoveri per motivi cardiovascolari. Questo endpoint si è verificato nel 23,8% del gruppo che aveva interrotto il trattamento e nel 21,1% del gruppo che lo aveva continuato.
Sia lo studio REDUCE-AMI che l'ABYSS sono stati pubblicati a distanza di pochi mesi dal New England Journal of Medicine: come si giustificano risultati così diversi? Ce lo spiega John Mandrola, un cardiologo che si occupa di elettrofisiologia cardiaca in un articolo pubblicato da Medscape [3]. Mandrola è un medico che privilegia un approccio poco invasivo alla cardiologia. Egli sostiene che i risultati diversi dei due studi dipendono semplicemente dalla scelta degli endpoint effettuati dagli autori. Nello studio REDUCE-AMI l'endpoint era composto da morte e reinfarto, nell'ABYSS sono stati aggiunti l'ictus non fatale e i ricoveri per motivi cardiovascolari. Se si guardano i singoli sotto-endpoint dell'ABYSS si vede che in realtà decessi, infarti e ictus non differivano tra i due gruppi, mentre i ricoveri per motivi cardiovascolari erano minori nel gruppo che aveva continuato il betabloccante (16,6% versus 18,9%). In altre parole, sostiene Mandrola, se i ricercatori dell'ABYSS avessero scelto gli stessi endpoint del REDUCE-AMI i risultati sarebbero stati gli stessi. Si tratta di una criticità che emerge spesso negli studi con endpoint composti in cui uno (o più) degli esiti considerati può essere soggetto a bias. Il problema con un endpoint come i ricoveri per cause cardiovascolari è che si tratta di un esito che può essere soggetto a distorsione se lo studio è in aperto come l'ABYSS: il medico, sapendo che il paziente non assume più il betabloccante, può essere tentato dal ricovero. In effetti, nota Mandrola, il motivo più frequente del ricovero era il risultato della coronarografia che veniva eseguita in misura maggiore nel gruppo che aveva sospeso il betabloccante e questo esame è soggetto alla stessa distorsione dei ricoveri se il medico non è in cieco. Insomma, il medico non essendo all'oscuro del trattamento che il paziente sta ricevendo può essere influenzato a chiedere più coronarografie e più ricoveri se sa che il betabloccante è stato sospeso. Mandrola, alla fine del suo articolo, arriva a due conclusioni. La prima è che in realtà i risultati del REDUCE-AMI e dell'ABYSS sono tra loro concordanti per cui si può ritenere che dopo 12 mesi da un infarto il betabloccante può essere sospeso (a meno che non vi siano indicazioni forti al suo uso, aggiungiamo noi, come per esempio uno scompenso cardiaco o una fibrillazione atriale). La seconda conclusione è più generale: quando si esaminano i risultati di un studio bisogna valutare attentamente anche angoli nascosti (perchè il diavolo si cela nei dettagli, conclusione nostra). Cosa che dovrebbe essere ben nota ai lettori di questa testata avendola sottolineata più volte e avendo dedicato un'intera pillola al problema degli endpoint composti e alle possibili distorsioni che ne possono derivare [4]. Un esito come i ricoveri per cause cardiovascolari è definito in termine tecnico "physician driven", che potremmo tradurre con una certa libertà letteraria in "pilotato dal medico". Mentre un esito come il decesso o l'infarto non è discutibile (e per questo viene detto esito clinico forte), un outcome physician driven è gravato da un certo grado di soggettività, soprattutto negli studi in aperto come lo studio ABYSS. La conoscenza del trattamento che il paziente sta effettuando può influenzare in maniera involontaria il giudizio clinico del medico e si possono verificare vari tipi di bias come il bias di conferma (per esempio il medico può essere incline a interpretare un determinato quadro clinico in modo sfavorevole se sa che il paziente assume il placebo invece del farmaco) oppure il bias di aspettativa (il medico interpreta i risultati in modo favorevole per la terapia che pensa sia più efficace). Eppure il modo per eliminare queste criticità è noto da decenni: bastava disegnare lo studio prevedendo il mascheramento dei medici e dei pazienti e randomizzare i due gruppi a continuare con il betabloccante o con il placebo.
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=8413
2. Silvain J et al. for the ABYSS Investigators of the ACTION Study Group. Beta-Blocker Interruption or Continuation after Myocardial Infarction. N Engl J Med. Published August 30, 2024 DOI: 10.1056/NEJMoa2404204.
3. http://www.medscape.com/viewarticle/beta-blockers-post-mi-no-me-even-after-abyss-trial-2024a1000fva
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3262
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