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La Pet Therapy in Psicoterapia: benefici e ruoli diversi del cane e del gatto
Inserito il 18 ottobre 2024 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il ruolo del cane e del gatto negli interventi emotivi individuali e di gruppo nell’esperienza di Anima Iris (consulenza integrata in Psicologia Clinica)

La Pet Therapy, o terapia assistita con animali, è una pratica terapeutica che si basa sull’interazione tra esseri umani e animali, con lo scopo di migliorare il benessere psicofisico dei pazienti. Negli ultimi decenni, questa metodologia ha guadagnato una crescente popolarità all'interno della psicoterapia, dove l'uso degli animali ha dimostrato di favorire il rilassamento, ridurre l'ansia e promuovere l'elaborazione di traumi emotivi. I cani e i gatti, in particolare, sono stati i protagonisti di molti interventi psicoterapeutici. Questi due animali possiedono caratteristiche emozionali e comportamentali diverse che influenzano in modo distinto l'approccio terapeutico. In questo articolo, esamineremo l'uso del cane e del gatto nella psicoterapia individuale e di gruppo, con un focus specifico sugli aspetti emotivi e sulle differenze di trattamento.

Aspetti emotivi della Pet Therapy
L'efficacia della Pet Therapy si basa sull'abilità degli animali di fungere da mediatori emotivi, facilitando l'apertura e l'elaborazione delle emozioni da parte dei pazienti. La relazione uomo-animale si fonda su dinamiche di fiducia, sicurezza e reciprocità che possono risultare cruciali nel percorso terapeutico. L'interazione con un animale può favorire una maggiore consapevolezza emotiva e aiutare i pazienti a costruire legami affettivi, anche in casi in cui la costruzione di relazioni interpersonali risulti difficile.

Il cane nella psicoterapia
Il cane è il compagno animale più comunemente utilizzato nella pet therapy per la sua natura empatica, affettuosa e addestrabile.
Nella terapia di gruppo, il cane svolge un ruolo di facilitatore sociale. La sua presenza invita i pazienti a interagire tra loro, abbattendo le barriere comunicative e migliorando la coesione del gruppo. Il cane, con il suo comportamento aperto e amichevole, aiuta a ridurre la tensione emotiva tra i membri del gruppo, favorendo un clima di fiducia reciproca e di collaborazione. Le interazioni mediate dal cane sono particolarmente utili nei gruppi con pazienti che soffrono di disturbi come l’autismo o la schizofrenia, dove la difficoltà a stabilire relazioni sociali può essere superata grazie alla "mediazione" dell'animale.

Nell’ esperienza clinica presso Anima Iris (consulenza Integrata in Psicologia Clinica) la presenza del cane nella psicoterapia individuale ha offerto al paziente un senso di sicurezza e supporto emotivo, fornendo un "oggetto transizionale" - per dirla con la teorizzazione di D.W. Winnicott - che facilita la connessione con il terapeuta e la gestione delle emozioni difficili. Emy è una piccola pinscher di 4 anni, sterilizzata, che fin dai suoi primi mesi di vita ha imparato ad interagire in contesti psicoterapici sia indivisuali che gruppali.
In contesti individuali, Emy ha fornito un senso di sicurezza e protezione. Nelle sessioni di gruppo, la sua capacità di rispondere positivamente a più persone contemporaneamente ha facilitato la coesione del gruppo, migliorando la comunicazione tra i partecipanti e contribuendo a creare un ambiente sicuro e di fiducia reciproca. Ad esempio, pazienti con disturbi d'ansia generalizzata hanno mostrato significativi miglioramenti nella gestione delle loro emozioni dopo l’inserimento di Emy nelle loro sessioni terapeutiche. Ciò è stato riscontrabile, attraverso questionario di valutazioni cliniche sia nei trattamenti di gruppo che individuali. Lo stesso è stato osservato nei pazienti con disturbi depressivi per un totale di 80 pazienti negli ultimi 3 anni soprattutto valutando le problematiche psichiche legate agli effetti della recente pandemia da SARS - Covid19 e post Covid.

Il gatto nella psicoterapia
Negli ultimi dieci anni abbiamo utilizzato frequentemente gatti all’interno di contesti terapeutici sia individuali sia di gruppo per un totale di oltre 200 pazienti. I gatti coinvolti nel trattamento teraputico non appartenevano né appartengono a particolari razze, ma sono generalmente meticci, per la maggior parte femmine di buona indole e carattere socievole. Sono stati utilizzati nell’approccio anche due felini maschi di particolare indole calma e dall’aspetto rassicurante e tenero. Gli animali sono stati tutti sterilizzati prima di iniziare il trattamento.
Abbiamo osservato che nella psicoterapia individuale, la presenza di un gatto può aiutare a sviluppare la capacità di fidarsi, favorendo il rilassamento attraverso il contatto fisico con l’animale (come le carezze). Il gatto, grazie al suo comportamento rilassato, può agire da "specchio" per il paziente, aiutandolo a riflettere su se stesso e ad esplorare le proprie emozioni con minore ansia. Inoltre, il rumore delle fusa è stato associato a un effetto calmante, già negli studi biologici e veterinari. Le fusa del gatto sono in grado di ridurre la pressione sanguigna e indurre un senso di benessere, ciò viene riscontrato dalle affermazioni dei pazienti stessi sia in trattamento individuale che gruppale e attraverso valutazioni cliniche.

Un aspetto importante dell’uso del gatto è il suo potenziale per favorire l’introspezione. La natura distaccata e non intrusiva del gatto può facilitare l'elaborazione emotiva profonda, poiché il paziente si sente meno "sotto osservazione" rispetto a quanto potrebbe accadere con un cane. Questo rende il gatto un "compagno" ideale per pazienti che hanno subito traumi o che faticano a fidarsi degli altri. Il gatto diviene particolarmente funzionale nel lavoro con i bambini e adolescenti con disturbi del comportamento alimentare, aiutando il paziente nel riconoscimento e nella gestione degli impulsi. Nel trattamento di una bambina obesa di anni 10, il gioco con una delle gattine coinvolte nella seduta l’ha particolarmente aiutata a regolare l’impulso e l’immediatezza dell’agito in esso. La bambina, durante la seduta di gioco attivo con la gattina, ha affermato di sentirsi rilassata, e che quella tensione nervosa che la portava a mangiare si placava nell’interazione giocosa con la gatta. “Mi rilassa giocare con lei. Non sento la fame quando gioco con lei”. Afferma in seduta in diverse occasioni.

Nell’interazione con il maschio, particolarmente affettuoso e di buona indole, una bambina di 11 anni con disturbo alimentare a viraggio tendenzialmente anoressico ha espresso, attraverso il lavoro di carezze e mediato dalle fusa del gatto, il proprio angoscioso senso di vuoto e la paura di mangiare venuta fuori a seguito della grave criticità conflittuale presente nella relazione tra i genitori come coppia coniugale in separazione ed in conseguenza alla morte del nonno materno che rappresentava per lei un rifugio. Accarezzare il gatto l’ha riportata alla tenerezza e alla presenza della memoria del nonno: “Mi ricorda il nonno. Anche lui era molto dolce con me. Mi sento un pochino meglio”. L’interazione con il gatto ci aiuta a lavorare sull’immagine corporea, il senso di vuoto e la possibilità di riflettere sul valore simbolico del cibo, provando a depurarlo delle aree affettive che non permettono alla bambina di approcciarsi ad esso in modo sano.

In contesti di gruppo, abbiamo osservato, il gatto offre una dinamica differente rispetto al cane. La sua presenza meno invadente consente ai pazienti di stabilire una connessione più lenta e graduale, il che può essere utile in gruppi con persone che soffrono di traumi o disturbi di attaccamento. Il gatto non richiede una costante interazione, ma la sua semplice presenza può avere un effetto calmante e regolatore delle emozioni.
In gruppi con pazienti che soffrono di disturbo borderline di personalità o gruppi con pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico, il gatto può facilitare il processo di regolazione emotiva, aiutando i pazienti a identificare e modulare le loro risposte emotive in maniera più graduale.

Differenze principali tra cane e gatto nella Pet Therapy
Le differenze sono evidenti e giocano un ruolo cruciale nel determinare quale animale sia più adatto a un particolare paziente o gruppo. Il cane, con la sua natura socievole e addestrabile, promuove un immediato senso di affetto e fiducia, facilitando l’interazione sociale e l’apertura emotiva. Questo lo rende particolarmente utile in contesti di terapia di gruppo, dove è fondamentale creare un ambiente di coesione e supporto reciproco.
Il gatto offre un approccio più graduale e discreto. La sua indipendenza e la selettività nelle interazioni favoriscono una connessione emotiva più cauta e riflessiva, rendendolo adatto a pazienti che necessitano di tempi più lunghi per costruire relazioni affettive sicure. Questo lo rende un alleato prezioso in contesti di trauma, dove il paziente potrebbe sentirsi sopraffatto da interazioni emotive troppo intense legate all’interazione con il cane.

Conclusioni
La Pet Therapy rappresenta un valido strumento integrativo nella psicoterapia, soprattutto nell'ambito della gestione delle emozioni e dei disturbi psicologici legati all'attaccamento e al trauma. L’uso del cane e del gatto offre opzioni terapeutiche complementari: il cane facilita l’apertura e la coesione sociale, mentre il gatto promuove un'elaborazione emotiva più profonda e riflessiva. La scelta dell'animale dipende dalle caratteristiche specifiche del paziente e dagli obiettivi terapeutici, ma in entrambi i casi, l’interazione con gli animali può costituire una via preziosa per promuovere il benessere psicologico e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

● Annamaria Ascione - Psicoterapeuta - Anima Iris - membro comitato tecnico scientifico ASSIMEFAC (Associazione Società Scientifica di Medicina di Famiglia e Comunità)
● Antonio Cirillo - Psicologo - Gruppo Giovani ASSIMEFAC



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