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Controllo intensivo della pressione arteriosa nei diabetici |
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Inserito il 12 febbraio 2025 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Il trattamento intensivo dell'ipertensione nel diabete di tipo 2 riduce l'incidenza di eventi cardiovascolari.
Gli autori di questo studio [1] sono partiti dalla constatazione che il target della terapia antipertensiva nei pazienti diabetici non è chiaro. Pertanto hanno arruolato 12.821 pazienti (età >/= 50 anni) affetti da diabete di tipo 2 e ipertensione arteriosa in 145 siti clinici in Cina. In pazienti sono stati randomizzati in due gruppi: 6.414 hanno ricevuto un trattamento intensivo in modo da portare la pressione arteriosa sistolica (PAS) al di sotto di 120 mmHg, mentre 6.407 hanno ricevuto un trattamento standard in modo da arrivare a una PAS inferiore a 140 mmHg. L'endpoint primario valutato a 5 anni comprendeva ictus e infarto miocardico non fatali, decesso per cause cardiovascolari e ricoveri o trattamenti per scompenso cardiaco. Dopo un anno la PAS media era di circa 121 mmHg nel gruppo trattato in modo aggressivo e di 133 mmHg nel gruppo di controllo. Durante un follow-up di 4,2 anni un evento compreso nell'esito primario si era verificato in 393 pazienti del gruppo a trattamento intensivo e in 492 del gruppo a trattamento standard (HR 0,79; IC95% 0,69 - 0,90; P < 0,001). Gli eventi avversi gravi sono stati simili nei due gruppi tuttavia ipotensione sintomatica e iper-potassiemia furono più frequenti nel gruppo trattato intensivamente. Gli autori concludono che nei pazienti con diabete di tipo 2 e ipertensione arteriosa il trattamento aggressivo in modo da arrivare a una PAS inferiore a 120 mmHg riduce l'incidenza di eventi cardiovascolari. Lo studio suggerisce quindi che nei diabetici è opportuno cercare di arrivare a valori più bassi di 120 mmHg, tuttavia invitiamo il lettore a un facile esercizio matematico. Nel gruppo a trattamento intensivo sono andati incontro a un evento primario 393 pazienti su 6.414 (= 6,12%) mentre nel gruppo a trattamento standard i pazienti che hanno avuto un evento primario sono stati 492 su 6.407 (= 7,67%). In altre parole per evitare un evento bisogna trattare per poco più di 4 anni circa 64 pazienti. Questo vuol dire che 63 riceveranno inutilmente cure intensive per la pressione. Il nostro paziente sarà quello che trarrà beneficio dal trattamento intensivo oppure sarà uno dei 63 che assumeranno più farmaci inutilmente? Nessuno può saperlo, ma quello che è certo è che non tutti tollerano un trattamento intensivo. Pertanto ci sembra di poter concludere così: se il paziente accetta e tollera bene una terapia aggressiva dell'ipertensione non ci saranno problemi, in caso contrario potremo accontentarci anche di un obiettivo meno ambizioso considerato che l'efficacia di un intervento intensivo, vera dal punto di vista di popolazione e di statistica, potrebbe essere minore di quello che ipotizziamo. D'altra parte una recente revisione Cochrane [2] suggerisce che anche nei pazienti con ipertensione e nefropatia cronica (un'altra tipologia di pazienti a rischio cardiovascolare elevato) il benefico di una terapia antipertensiva aggressiva è probabilmente piccolo o anche nullo su endpoint importanti come la mortalità totale e cardiovascolare, gli eventi cardiovascolari e la progressione della nefropatia verso lo stadio terminale. Le linee guida 2024 dell'European Society fo Cardiology consigliano per la maggior parte dei pazienti ipertesi un target di PAS compreso tra 120 e 129 mmHg, tuttavia va sempre considerato he le indicazioni delle linee guida vanno personalizzate sulle caratteristiche cliniche del soggetto che stiamo trattando.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Bi Y, Li M, Liu Y, et al. Intensive Blood-Pressure Control in Patients with Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2024 Nov 16. doi: 10.1056/NEJMoa2412006.
2. Erviti J et al. Blood pressure targets for hypertension in people with chronic renal disease Cochrane Database of Systematic Review. 15 ottobre 2024. https://doi.org/10.1002/14651858.CD008564.pub3
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