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La M. di Alzheimer: l’addome, i tassisti, il microbiota, lo stress. Cosa fare? |
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Inserito il 06 gennaio 2025 da admin. - professione - segnala a:
La popolazione invecchia (perfino chi scrive!), si accentua percio’ l’ attenzione degli studiosi sulla Malattia di Alzheimer (tipica dell’ eta’ media e avanzata) allo scopo di prevenirla, ed e’ strabiliante quanti aspetti insospettabili ne vengano fuori…
Un primo studio: Chi l’ avrebbe mai detto che per salvarci dal M. di Alzheimer bisogna fare il tassista?
Sono stati fatti interessanti (e per certi aspetti divertenti) calcoli statistici su una enorme mole di cartelle cliniche di soggetti defunti presso strutture sanitarie.
Come e’ noto, sono noti solo parzialmente i fattori di rischio genetici e ambientali mentre ben e conosciamo le manifestazioni cliniche e anatomopatologiche della malattia; alcuni studi precedenti hanno indirizzato le ricerche verso le funzioni dell’ ippocampo, il cui deterioramento comporta i sintomi iniziali caratteristici: scarsa memoria e disorientamento spaziale. L’ altra funzione principale dell'ippocampo è quella di formare memorie spaziali, ovvero la nostra capacità di orientarci in modo complesso. E cio’ ha portato agli studi successivi di cui ora parliamo.
Il primo (piccolo) passo e’ stato il confronto mediante RMN dell’ ippocampo di 50 persone “normali” con quello di 16 tassisti londinesi (https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.070039597): I tassisti avevano ippocampi significativamente più grandi e più a lungo guidavano il taxi, più grandi erano gli ippocampi. Si ipotizzo’ che l’uso continuo del senso d’orientamento finisse per ipertrofizzare l’ organo.
A questo punto sono intervenuti i grossi calibri: BMJ pubblica uno studio trasversale enorme (quasi 9 milioni di persone decedute negli USA) calcolando la percentuale di morti di Alzhimer per ciascuna professione. (https://www.bmj.com/content/bmj/387/bmj-2024-082194.full.pdf)
Prima conclusione dello studio: il M. di Alzheimer e’ direttamente correlato con l’ eta’. Ma questo e’ abbastanza evidente. E l’ attivita’ lavorativa?
Qui saltano fuori i tassisti. Fatti i dovuti confronti si e’ evidenziato che essi risultino tra coloro che avevano le minori probabilita’ di ammalarsi di Alz. Insieme ai tassisti risultano favoriti gli autisti di ambulanza, e i ricercatori sottolineano che si tratti di un'altra professione che richiede, analogamente, un notevole lavoro di relazioni spaziali su base giornaliera.
Non risultano favoriti invece i conducenti di altri mezzi di trasporto (autisti di autobus, piloti di linea, capitani di navi) che hanno l’ ippocampo meno impegnato dal traffico. Ma e’ ovvio! e’ stato sottolineato: questi lavoratori hanno una minore necessita’ di seguire percorsi vaiabili e improvvisati che richiedano un maggiore impegno dell’ ippocampo! L’ entusiasmo dei tassisti e’ stato pero’ smorzato dal fatto che il tassista medio sembra morire giovane, con un'età media inferiore ai 70 anni.
A questo punto un lettore con mentalita’ polemica potrebbe chiedersi se l’ ipertrofia dell’ ippocampo potesse connettersi, oltre alla protezione dall’ Alz, a una tendenza al decesso precoce. I ricercatori si sono affrettati a smentire: aggiustando un po’ le statistitiche sulla relazione tra eta’ e malattia, i tassisti (e i conducenti di ambulanza) restano sempre avvantaggiati per l’ Alz. tuttavia sembrano invece particolarmente colpiti da demenza vascolare. Paradossalmente cio’ potrebbe indicare (sempre per il lettore polemico) che l’ ippocampo sprechi tutte le sue energie sulla protezione specifica per Alzheimer trascurando le altre condizioni morbose ed esponendo i poveri tassisti ad altre patologie e addirittura a morte precoce. I tassisti mi odieranno... Mah!
Ma proseguiamo con l’ esame della situazione. Un secondo studio: Il fenotipo
Mentre meditavo se valesse la pena di lasciare il lavoro e diventare tassista o conducente di ambulanze, ho scoperto che potevo agire in altro modo, sulla prevenzione: potro’ predire addirittura con 20 anni di anticipo l’ insogenza di Alz, anche se non mi e’ sembrato del tutto chiaro quanto, scoprendolo prima, mi sara' permesso prevenirlo. Oddio, avendo ormai superato di molto l’ eta’ pensionabile, mi sara’ poi davvero utile sapere come staro’ tra 20 anni?
Bando allo scetticismo: andiamo avanti: Il legame tra grasso e cervello era già noto ma adesso si è scoperto un tassello in piu’: chi presenta una maggiore quantità di grasso viscerale e’ più esposto a questa malattia e soprattutto potrebbe scoprire questa tendenza addirittura 20 anni prima dalla comparsa dei primi sintomi.
Il grasso viscerale, come i medici sanno benissimo, e’un fattore di rischio che predispone anche a malattie cardiovascolari e al diabete. Ora i ricercatori (nientepopodimeno che la Washington University School of Medicine di St. Louis, Stati Uniti) hanno sottolineato che maggiori quantità di questo grasso corrispondono a livelli più elevati di amiloide nell' intero cervello.
Lo studio ha presi in esame 62 individui sani di età media di 50 anni e sottoposti a risonanza magnetica, Pet cerebrale e una valutazione complessiva del loro metabolismo: da qui è stato evidenziata la correlazione tra livelli di grasso viscerale e amiloide cerebrale.
Ovviamente laddove ci sono fattori di rischio modificabili è bene che i soggetti a rischio si adoperino per ridurli al minimo; per prevenire l’ Alzheimer quindi, potrebbe essere importante mantenersi magri fin da giovani mentre le persone obese o in sovrappeso modifichino il loro stile di vita. Ovviamente poi ci vorra’ un bel po’ di tempo per documentare se (e a che eta’) la riduzione di grasso viscerale possa comportare un significativo effetto sull’ accumulo di amiloide e sulla scomparsa (o la riduzione) dei sintomi della malattia.
La scoperta e’ stata tuttavia definita fondamentale non solo per la tempestività (20 anni) con cui si potrebbe prevedere la comparsa l'Alzheimer, ma anche perche’, potendo tale predisposizione comparire gia in persone giovani (40-50 anni) la condizione puo’ essere potenzialmente più trattabile rispetto ai casi in cui il morbo venga scoperto in fase avanzata.
A questo punto ci si pone il problema come lavorare su un taxi possa accordarsi con questa osservazione: i tassisti sono tutti magri? O i soggetti magri sono portati a guidare taxi e ambulanze? E i tassisti obesi ? Boh!
Un altro sabotatore: il microbiota
Viene confermato da un team di ricercatori italiani e svizzeri il collegamento tra Malattia di Alzheimer e microbiota intestinale.
Lo studio ha confermato la correlazione, nell'uomo, tra uno squilibrio del microbiota intestinale e lo sviluppo di placche amiloidi nel cervello, tipiche dei disturbi neurodegenerativi caratteristici della malattia di Alzheimer. Le proteine prodotte da alcuni batteri intestinali, identificati nel sangue dei pazienti, potrebbero infatti modificare l'interazione tra il sistema immunitario e quello nervoso e innescare la malattia. L’ alterazione della composizione basale del microbiota intestinale puo’ quindi interferire con le placche amiloidi del cervello accelerandone il progressivo deterioramento e causando nei pazienti l'insorgere della malattia.
Lo studio ha coinvolto pazienti con Alzhemer, gia’ pensionati (età compresa tra 65-85 anni) in vari stati di malattia. La Pet (Tomografia ad Emissione di Positroni) ha evidenziato che i soggetti affetti da Demenza presentavano a livello cerebrale numerose placche amiloidi mentre nel sangue si osservavano alti livelli di acido acetico e di acido valerico (favorenti) e alti livelli di acido butirrico (protettivo).
I ricercatori sostengono che una dieta particolarmente ricca in fibre con supplemento di integratori e probiotici può favorire lo sviluppo dei batteri “buoni” a livello intestinale e rafforzare le difese immunitarie, al punto di poter forse scongiurare l’ insorgere della patologia.
Il solito lettore scettico si chiede come si possa affermare a livello di certezza il ruolo “causale” (e non “casuale” o solo “concorrenziale”) della flora intestinale in barba ai fattori genetici e comportamentale di cui si e’ parlato prima. Ariboh!
Un quarto studio: l’ istologia cerebrale
A questo punto ci viene in soccorso un altro studio, rigorosamente scientifico e pubblicato sulla rivista Neuron, effettuato mediante microscopia elettronica sui cervelli di soggetti affetti da Alz. e, ovviamente, deceduti.
I ricercatori avrebbero individuato un nuovo fenotipo neurodegenerativo della microglia cerebrale nella malattia di Alzheimer, “caratterizzato da un percorso di segnalazione correlato allo stress".
La microglia viene considerata la prima risposta del cervello alle patologie, e comprende le principali cellule immunitarie del cervello. Alcune tipologie di queste microglie, riportano gli autori, proteggono la salute del cervello, mentre altre peggiorano la neurodegenerazione. L'attivazione del percorso di “stress cellulare” noto come “risposta integrata allo stress” (Isr), spinge la microglia a produrre e rilasciare lipidi tossici che danneggiano i neuroni e le cellule progenitrici degli oligodendrociti, due tipi di cellule essenziali per la funzione cerebrale e maggiormente colpiti in caso di malattia di Alzheimer.
L’ inibizione del procedimento Isr (effettuata sui topi) produce invece un effetto protettivo contro la perdita di sinapsi e l'accumulo di proteine neurodegenerativa.
Ovviamente, trattandosi di soggetti gia'deceduti, non e’ stato possibile valutare tale effetto su soggetti umani ne’ l’entita’ del miglioramento clinico che ne deriverebbe… Tuttavia lo studio di prodotti che agiscano a livello biochimico sui fattori cerebrali lascia intravvedere grandi promesse terapeutiche, se si riuscira’ a trovare un modo per documentarle.
All’ ingenuo incompetente lettore si aprono numerosi interrogativi: guidare un taxi e ipertrofizzare l’ ippocampo riesce forse a inibire lo stress cellulare cerebrale? E quale correlazione c’e’ con l’ adiposita’ addominale dei soggetti (tassisti o no)? Sara’ necessario imbottirsi di probiotici, e quali? E lo stress cellulare cerebrale, a quali situazioni esistenziali puo’ essere connesso?
Stanno uscendo altri innumerevoli studi sul tema; e' probabile pero' che ancora non sia stata individuata la "chiave" del problema, quell' elemento che possa unire tutti i punti dello schema per dare un quadro coerente di tutti gli "strani" aspetti. Vedremo...
Un esame di coscienza di chi scrive: la mia evidente adiposita’ addominale unita alla completa mancanza di senso di orientamento (uso il navigatore per non smarrirmi tra bagno e cucina), un intestino funzionante per cui non necessita assumere probiotici, una moglie causa di continuo stress (anche cellulare, suppongo) predicono forse una prevedibile Malattia di Alzheimer tra i prossimi 20 anni?
Magari, considerando l’eta’ (pensionato ormai da parecchio) potrei anche essere felice anche solo di arrivarci, pero’, come dice qualcuno, vivere piu’ a lungo e’ un bene, ma solo se si e’ in buona salute.
Intanto potrei mettermi a dieta. Non si sa mai...
Daniele Zamperini
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