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Screening con PSA: un interessante editoriale |
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Inserito il 09 marzo 2025 da admin. - urologia - segnala a:    
Un editoriale dell'American Family Physician Journal torna a occuparsi dello spinoso problema dello screening del cancro prostatico con il PSA.
In passato questa testata si è occupata spesso dello screening del cancro prostatico con il PSA. Un interessante editoriale di Kenneth W. Lin, vicedirettore dell'American Family Physician Journal, ci offre l'occasione per ritornare sull'argomento. In questa pillola riassumeremo brevemente questo editoriale che contiene un punto di vista controcorrente rispetto alle raccomandazioni delle attuali linee guida.
L'autore ricorda che fino al 2018 la US Preventive Services Task Force (USPSTF) si era espressa contro lo screening considerando che i benefici non superavano i rischi (sovradiagnosi e sovratrattamenti): a fronte di un decesso in meno da cancro prostatico circa 50 pazienti avrebbero avuto effetti collaterali dovuti al trattamento (disfunzione erettile, incontinenza urinaria, eventi cardiovascolari e tromboembolie venose).
In seguito la USPSTF ha cambiato impostazione consigliando i medici di discutere i pro e i contro dello screening con gli uomini di età compresa tra 55 e 69 anni in modo da favorire una scelta consapevole, in questo allineandosi alle raccomandazioni di molte linee guida tra cui quelle dell'American Cancer Society e dell'American Urological Association.
Tuttavia l'editoralista nota anzitutto che i medici non hanno né il tempo né gli strumenti per seguire questa raccomandazione e cita vari studi tra cui uno secondo il quale meno del 40% dei soggetti sottoposti a screening ha discusso questa scelta con il proprio medico. Inoltre da quando la USPSTF ha cambiato la propria posizione è aumentata la percentuale di uomini con più di 70 anni sottoposti a screening (nonostante la task force dica chiaramente che in questi soggetti non si deve fare).
La proposta di effettuare lo screening solo nei soggetti a rischio (storia familiare positiva per cancro prostatico e uomini di colore) non trova d'accordo l'autore dell'editoriale. Un'anamnesi familiare positiva aumenta solo modestamente il rischio di incorrere in neoplasia di alto grado, mentre basarsi sull'etnia presenta risvolti etici significativi (per esempio effetto etichetta). Si citano alcuni studi che dimostrano che la mortalità più elevata per cancro prostatico negli uomini di colore è dovuta soprattutto a disparità di tipo sociale ed economico.
In conclusione secondo l'autore i medici di famiglia dovrebbero semplicemente scoraggiare lo screening con PSA.
Che dire? Ci sembra che il punto di vista del vicedirettore dell'American Family Physician Journal vada preso in seria considerazione. Che il beneficio dello screening nel ridurre la mortalità da cancro prostatico sia modesto è cosa nota come lo sono i possibili danni da sovradiagnosi e sovratrattamento. D'altra parte discutere con il paziente, anche in modo approfondito, tutti gli aspetti della questione, oltre che complesso e difficile, rischia di trasformarsi in un atteggiamento per certi versi "pilatesco" che lascia il paziente solo e in preda al dubbio. Concordiamo quindi con l'autore: in mancanza di chiare prove che un qualsiasi intervento medico è più utile che dannoso forse la cosa migliore da fare è astenersi.
Renato Rossi
Bibliografia
1. Kenneth W. Lin. PSA Screening: Shared Decision-Making Is a Flawed Approach. Am Fam Physician. 2025 Jan;111(1):10-11.
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