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Follow up dopo PTCA in pazienti ipertesi : i risultati dello studio ROSETTA .
Inserito il 30 gennaio 2002 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



L’ipertensione è un fattore di rischio importante per malattia coronarica ma l’impatto della ipertensione sui pazienti che subiscono un ‘angioplastica coronarica percutanea (PTCA) è ignoto. Scopo dello studio è quello di valutare l’associazione tra ipertensione, eventi avversi e ripetizione di procedure cardiache durante il periodo di 6 mesi dopo la PTCA.
791 pazienti sono stati i pazienti iscritti nello studio ROSETTA ; sono stati comparati 411 pazienti ipertesi ( età 60.1 ± 10 anni, 31.1% femmina) con 380 pazienti normotesi (età 59.1 ± 12 anni, 16.2% femmina). I pazienti ipertesi hanno avuto un più alta incidenza di eventi clinici avversi (angina instabile, infarto, morte) rispetto ai pazienti normotesi (16.5% vs 10.5%, P = .017). C’è stato ,inoltre , un aumento del numero di procedure cardiache (angiografia, PTCA ripetuta, bypass coronarici) per i pazienti ipertesi (19.8% vs 14.9%, P = .074). I Test funzionali (Treadmill test) dopo PTCA sono stati peggiori nei soggetti ipertesi (44.4% vs 54.0%, P = .008). L’analisi di regressione ha mostrato che fra i 411 pazienti ipertesi molte variabili indipendenti erano associate con l’aumento del tasso a 6 mesi di eventi avversi: classe III-IV di Killip pre-PTCA (OR 5.7, 95% CI 1.7-19.0), classe di angina III-IV della Società Cardiovascolare Canadese (OR 2.1, 95% CI 1.1-4.2),angina instabile come indicazione per PTCA (OR 2.3, 95% CI 1.2-4.3), malattia vascolare periferica (OR 3.2, 95% CI 1.5-6.4), PTCA di un bypass(OR 3.1, 95% CI 1.2-7.6), e uso di calcio antagonisti (OR 1.9, 95% CI 1.1-3.4).
Conclusioni Durante i 6 mesi post PTCA i pazienti con ipertensione hanno un tasso di eventi avversi significativamente più alto dei pazienti normotesi. Molte variabili cliniche possono aiutarci ad identificare i pazienti ipertesi che sono a rischio più alto per eventi clinici.

Am Heart J 2002;143:124-9. January 2002


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