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CAMPEGGIO SELVAGGIO |
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Inserito il 24 marzo 2025 da admin. - professione - segnala a:
Ce ne stavamo tutti annoiatissimi, al bar. Era l' ora morta, faceva caldo, in TV non c'era niente di interessante. Insomma una noia mortale. Noi, quando ci annoiavamo, ci mettevamo a discutere di filosofia. A modo nostro, naturalmente.
Quel giorno si era unito alla comitiva anche Bellini, nuovo acquisto della borgata. Era il nuovo edicolante di Collerotto. Eh, si’, perche’ Collerotto era passato di categoria, adesso aveva il lusso perfino di un’ edicola. Era situata vicino alla piazza, sul margine di una strada di passaggio che riuniva la piazza al mercato rionale, aperto tutti i fine settimana con una miriade di bancarelle.
Bellini (che non si era ancora guadagnato un soprannome ) sembrava una brava persona, però intimidito dall’ ambiente della borgata. Era la prima volta che si spostava cosi’ in periferia e tutto evidentemente gli sembrava strano e un po’ minaccioso. I primi tempi veniva perfino al lavoro accompagnato da un grosso cane dal pelo bianco. Un cane enorme che secondo le sue intenzioni doveva difenderlo e spaventare i malintenzionati ma che aveva l’ aria così buona, sempre steso sonnacchioso vicino all' edicola da diventare addirittura la mascotte locale, coccolato e nutrito proprio dai terribili malintenzionati che avrebbe dovuto spaventare. D’ altra parte i terribili malintenzionati si erano rivelati essere, per lo più, ragazzotti assatanati che rubacchiavano qualche rivista pornografica da condividere e commentare insieme in qualche cantina locale.
Adesso passata la paura iniziale cercava di integrarsi del popolo di Collerotto, ed era finito lì, al bar dello Zozzo. E l'impulso di prendere in giro il novellino era troppo forte, in un noioso pomeriggio...
“ Bellì – gli chiese il Guercione – ti trovi bene qui in borgata?” Un alzata di spalle e un vago cenno di assenso. “ Ti hanno trattato male? Minacciato? A parte il furtarello delle riviste porno, che va considerato una specie di tassa di ingresso, qualcuno ti ha derubato?” Altro gesto, più marcato, di diniego. " Sai - intervenne Casimiri - credo che tu sia quasi l' unico romano vero, qui in borgata. Ti trovi bene in mezzo a tanti meridionali o forse sei un po’ razzista?" Convulso gesto di diniego. " Che ne pensi dei calabresi?" Fece Teodoro accentuando apposta la sua parlata regionale. " Niente, niente, per carità, niente di male... - aria smarrita - Ma perché mi state facendo domande del genere?" “ Ma allora – intervenni io con aria accusatoria - perché ti comporti così con Salvatore? Ci siamo accorti, sai, che lo eviti, che ci parli a monosillabi, che fai una faccia strana quando lo vedi arrivare. Ti ha fatto qualcosa? Guarda che è una brava persona. Forse ce l' hai con i siciliani? Guarda che qui non sarebbe perdonato facilmente...”. Lui mi guardò, smarrito “Sache’, guarda che io nun sono mica razzista! Figurati! E’ vero che ho qualche problema con i siciliani, ma non c’entra niente il razzismo, per carità"
Salvatore, finora seduto silenzioso in un angolo si fece avanti con espressione truce. Si stava divertendo un mondo. " No, no, per carità – Bellini fece una faccia ancora più preoccupata - è una storia che risale a qualche anno fa”. A questo punto feci la mia famosa faccia comprensiva, quella che dice “parla liberamente, lo sai che sono un amico”. E lui non resistette. Nessuno resiste...
“ Vedi - cominciò a raccontare - quando ero adolescente organizzai con la mia ragazza una vacanza in giro per l’ Italia Avevamo proprio pochi soldi e andavamo in tenda per risparmiare. Avevo una scassata utilitaria che però ci servì fedelmente e ci permise di arrivare, a tappe, fino in Sicilia. Che isola meravigliosa! Piena di colori, di sapori e di odori che ci facevano girare la testa. Bellissima! Così decidemmo di fermarci lì per qualche giorno per godere il posto e riposarci prima del viaggio di ritorno. Girando in macchina all' avventura ci eravamo inoltrati per una stradina di campagna e capitammo in un posto davvero perfetto: un praticello ombreggiato dagli alberi vicino ad un piccolo corso d’ acqua, arieggiato da un venticello profumato e tiepido. Questo è il posto ideale, ci dicemmo, e ci accingemmo a montare la tenda.
A dire la verità si intravvedeva un casolare, ad una certa distanza, ma era abbastanza lontano, si vedeva appena. Noi certamente non davamo fastidio, e non c’era nessun cartello che ci avvisasse di trovarci su terreno privato. Ci pensammo un po’, incerti, poi alzammo le spalle. “Se diamo fastidio – ci dicemmo – alla minima protesta ce ne andiamo”. Ma speravamo che non succedesse.
Stavamo montando la tenda quando passò per la stradina un signore di mezza età, con classica coppola e aria severa, in groppa ad un mulo. Rallentò passandoci accanto. “Buongiorno – lo salutai – possiamo montare qui la tenda? E’ un posto così bello! Le dispiace?”. Lui non rispose, ci scrutò senza battere ciglio, impassibile e severo, e con un colpo di tallone spronò il mulo verso il casolare. Rimanemmo interdetti. “ Cosa ha detto? – mi chiese la ragazza – Possiamo rimanere?” “ Boh!" Feci io. In verità non ero del tutto tranquillo ma ormai era quasi il tramonto e decisi di rimanere, anche se non ero sicuro di essere stato accettato. Mi addormentai un po’ preoccupato.
Il mattino dopo raccoglievamo l’ acqua del ruscello per le nostre necessità quando il signore della sera prima, sempre a dorso di mulo passò per la stradina, stavolta in direzione opposta. “ Buongiorno! - lo salutammo al passaggio – stiamo preparando il caffè, ne gradisce un po’?” . La riposta fu la stessa della sera prima, ancora più sbrigativa: un’ occhiata severa, un colpo di tacco al mulo, neanche una parola. Guardai preoccupato il fagotto appeso alla sella chiedendomi se potesse contenere un fucile... E andò avanti così anche i giorni seguenti: il contadino sul mulo passava avanti e indietro mattina e sera vicino alla nostra tenda, noi lo salutavamo e qualche volta offrivamo da bere ma lui non ci degnava mai di uno sguardo. Una volta passò accompagnato da una donna che ci sbirciò da sotto uno scialle, senza una parola, ma lui niente, guardava solo dritto davanti a sé .
Poi arrivò il giorno della partenza e cominciammo a spostare il campo. Cominciammo la mattina presto, col fresco, a raccogliere la nostra roba sparsa in giro, a seppellire i rifiuti, a caricare la macchina. Come tutti i giorni vedemmo uscire dal casale il solito anziano sul mulo, ma stavolta non era come il solito: dietro di lui uscirono altri due individui, due picciotti con la coppola in testa e la faccia granitica, tutti in groppa a dei muli. Vennero fino a noi, poi si fermarono, tutti schierati, severi e impassibili, scrutandoci silenziosi. Una nuvola di tempesta sembrava incombere su di noi e mi faceva venire i brividi. “ State partendo? – chiese l' anziano con un accento così marcato da sembrare incomprensibile. Feci uno stentato segno di assenso. “ Che peccato – disse – eravate così simpatici!” I due picciotti, con movimenti millimetrici, annuirono. E senza sprecare una parola fecero dietro front tornando verso il casolare, lasciandoci basiti. Erano venuti tutti insieme solo per salutarci!
“Hai capito, Sachè, non c'è nessun razzismo, lo so che pure i siciliani sono brave persone, assolutamente! E’ solo che pure se ci provo - tono di desolato sconforto - proprio non li capisco! Hanno la stessa faccia sia quando ti ringraziano che quando pensi che ti vogliano sparare. Per questo mi preoccupo quando Salvatore si avvicina! ”. " Certe volte succede perfino a noi, figurati! " fece Bruno guardando allusivo Salvatore mentre gli altri scuotevano la testa sottolineando il concetto.
Salvatore procedette granitico, avvicinando la sua faccia a Bellini: “ Guarda bene, questa è la faccia di quando ti saluto – poi senza muovere un muscolo – e questa è la faccia di quando ti voglio sparare. Non la noti la differenza? Noo? Meglio così, ma tu non preoccuparti, quando ti sparo te ne accorgi!”
Poi scoppiammo tutti a ridere, Salvatore compreso. E, asciugandosi la fronte, perfino Bellini…
“Ritorno al Bar dello Zozzo” – Daniele Zamperini – 2020 Matite di Roberta Floreani
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