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La privacy non salva nel caso di violazioni disciplinari
Inserito il 22 febbraio 2025 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Se si mettono in atto comportamenti scorretti e questi vengono scoperti (magari da un investigatore privato) non vale poi esigerne il segreto in base alle norme sulla privacy (Cass ordin 29135 del 12 novembre 2024)

I fatti
Un rappresentante sindacale otteneva due giorni di permesso finalizzato alla sua funzione di sindacalista. L'azienda presso la quale lavorava pero’ dava mandato di accertare il corretto utilizzo del permesso ad una agenzia investigativa, sulla base di precedenti giurisdizionali specifici ("al datore di lavoro spetta il diritto al controllo per accertare l'effettiva partecipazione dei sindacalisti, fruitori di tali permessi, alle riunioni degli organi direttivi, nazionali o provinciali": Cass., sentenza 11759/03).

Dall'indagine emergeva che in quei due giorni il sindacalista si era recato in altra località per accompagnare il figlio ad un concorso, e lì era rimasto senza svolgere alcuna attività sindacale. In base a tali riscontri l'azienda procedeva quindi al licenziamento.
Il sindacalista ricorreva al Tribunale lamentando la violazione della legge sulla privacy ma sia il primo che il secondo grado riconoscevano la correttezza delle decisioni aziendali.

Il sindacalista ricorreva allora in Cassazione che pero’ - con l'ordinanza numero 29135 del 12 novembre 2024 – confermava le sentenze precedenti sottolineando in primo luogo che la sanzione disciplinare non atteneva ad un’ ingiustificata assenza dal lavoro, bensì all'illegittima fruizione del permesso sindacale. Per quanto attineva all’ attivita’ dell’ investigatore scrivono ancora i giudici, "non sussiste violazione della privacy perché il controllo è stato effettuato in luoghi pubblici e finalizzato ad accertare le cause effettive della richiesta di permessi sindacali" e si documentava “una irreparabile compromissione del vincolo fiduciario” che rendeva legittimo il licenziamento.

Era vano il tentativo del sindacalista di insistere sulla violazione della privacy a seguito del mancato consenso alla ripresa in quanto tale diritto viene meno in diverse circostanze tra cui la difesa di un diritto in sede giudiziaria.
I controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa, riguardanti l'attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti, od integrare attività fraudolente o fonti di danno per il datore medesimo purche’ non eccedano nella durata, nello specifico contenuto dell’ indagine o nell’ utilizzo dei risultati al di fuori del’ ambito di stretta necessita’ in contesti diversi.

Il licenziamento veniva cosi’ confermato.

Daniele Zamperini

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