vai alla home introduttiva di Pillole.org
 
  Pillole 
   
 
Iscritti
Utenti: 2331
Ultimo iscritto: Gezzen
Iscritti | ISCRIVITI
 
La funzione del padre nello sviluppo evolutivo dei figli
Inserito il 11 marzo 2025 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La funzione del padre nello sviluppo psicologico del bambino rappresenta un nodo centrale nella teoria psicoanalitica. Sebbene la figura materna sia stata tradizionalmente al centro delle prime fasi dello sviluppo, il padre gioca un ruolo fondamentale nella strutturazione del Sé, nella regolazione dell'aggressività e nell'introduzione alla Legge simbolica.

Winnicott e la Funzione Paterna
Donald Winnicott, noto per il suo contributo allo studio della diade madre-bambino, ha elaborato una visione della funzione paterna che si discosta dalla semplice figura normativa. Il padre, secondo Winnicott, è essenziale come "contenitore" della realtà esterna e come mediatore nella separazione progressiva dalla madre. Egli definisce il padre come "la roccia contro cui il bambino può scalciare", un elemento stabile che offre resistenza alle pulsioni aggressive del bambino e ne regola l'espressione.

Nelle prime fasi dello sviluppo, il bambino vive un'esperienza di fusione con la madre, fondamentale per la costituzione del senso di sicurezza di base. Tuttavia, il padre interviene come "terzo" che interrompe questa simbiosi, introducendo la dimensione del limite e della realtà esterna. In questo senso, il padre facilita il passaggio da uno stato di onnipotenza infantile alla consapevolezza della separazione e della dipendenza. Il suo ruolo è quindi duplice: da un lato, sostiene la madre affinché possa essere disponibile per il bambino, dall'altro, rappresenta il ponte verso il mondo esterno e l'autonomia.
Winnicott enfatizza inoltre la capacità del padre di "sopportare" l'aggressività del bambino senza distruggere il legame con lui. Questo permette al bambino di sperimentare i propri impulsi senza timore di annientare la relazione affettiva, favorendo così lo sviluppo del vero Sé.

Lacan: Il Padre come Nome e Legge
Jacques Lacan riprende e rielabora la funzione paterna nella sua teoria del Nome-del-Padre (Nom-du-Père). Per Lacan, il padre non è semplicemente una figura concreta, ma un significante che introduce il bambino nel campo della Legge e del linguaggio. Attraverso il "No" paterno, il bambino accede alla struttura simbolica che organizza il desiderio e stabilisce i limiti tra ciò che è permesso e ciò che è proibito.
Lacan distingue tra il padre reale, il padre immaginario e il padre simbolico.
Il padre reale è la figura concreta con cui il bambino interagisce, il padre immaginario è quello percepito nel mondo delle identificazioni e delle fantasie, mentre il padre simbolico è la funzione che istituisce la Legge e orienta il desiderio. Quando il Nome-del-Padre è forcluso, ossia non si instaura nel soggetto, possono emergere difficoltà psicotiche, poiché il bambino non riesce a separarsi dalla madre e a strutturare il proprio desiderio all'interno dell'ordine simbolico.

Recalcati: Il Padre come Significante e il Declino della Funzione Paterna
Massimo Recalcati, riprendendo Lacan, ha evidenziato la crisi della funzione paterna nella contemporaneità. Egli distingue tra il "padre edipico", tradizionalmente inteso come figura normativa e autoritaria, e il "padre post-edipico", caratteristico delle società attuali, che ha smesso di incarnare la Legge e si è trasformato in un padre amico, complice o assente.
Secondo Recalcati, il padre svolge una funzione di "testimone del desiderio", ossia deve trasmettere al figlio il senso del limite non attraverso la repressione, ma tramite il desiderio stesso. Un padre che testimonia il proprio desiderio di vita e la propria passione per l’esistenza offre al figlio un modello identificatorio sano. Tuttavia, l’assenza di questa funzione può generare un vuoto simbolico che porta a fenomeni di depressione, angoscia e dipendenza affettiva, come emerge nella testimonianza di Federico.

La storia di Federico evidenzia una distorsione della funzione paterna, dove il padre diventa una figura totalizzante, incapace di favorire il distacco e l'autonomia del figlio. Il ragazzo si trasforma così in un "oggetto di godimento", costretto a modellarsi sulle aspettative paterne per ottenere approvazione. Questo fenomeno richiama il concetto lacaniano di "padre-jouissance", ovvero un padre che non introduce il figlio nel registro simbolico della Legge, ma lo trattiene nella dimensione immaginaria, impedendogli di separarsi e individuarsi.
Federico, un giorno, dopo alcuni anni di terapia, udì di un ragazzino che si voleva suicidare. In quel momento si rese conto che avrebbe dovuto fare i conti nuovamente con il passato.
Quella storia lo ha stuzzicato come si stuzzica con l’unghia dell’indice una crosticina di una ferita che sta sanando. Gli ha smosso ricordi ed emozioni che voleva rimuovere, nascondere, sotterrare sotto un cumolo di terra. Non voleva lasciare traccia del suo fallimento: essere stato perfetto per suo padre. Si è plagiato e modellato ad ogni sua parola. “Devi fare così”, “No, forse è meglio che se fai cosà”, “Che ne dici se fai quest’altro”, “Wow, che bello se faresti in questo modo”. Il padre gli diceva di fare e lui faceva, gli diceva di essere e lui era. Cercava di raggiungere ciò che egli desiderava.

La soddisfazione di vederlo appagato perché lo aveva ascoltato era ineguagliabile. Quando gli diceva “bravo a papà”, “che bello a papà” lui godeva come non mai. Cosi è diventato il suo gioco del piacere e piaceva anche a lui. Un gioco perverso nel quale era oggetto di godimento. Il Padre in ogni “bravo” metteva così tanto amore che Federico ne voleva sempre di più. Se per caso falliva, anche per una cosa stupida, per lui era struggente ed umiliante. Così, cercava di rimediare, anche al costo di rendersi ridicolo. Cercava quell’amore proprio come un minatore cerca assiduamente l’oro in qualche tetra miniera e, a forza di scavare in fondo, non si è reso conto di essere in un tunnel profondissimo avvolto dal buio senza riuscire più a percepire la luce del mondo esteriore. Allo stesso modo del minatore, si è perso nei meandri della depressione e della dipendenza affettiva, con annesso di varie sfumature di altri disturbi. Inoltre, ha dovuto scontrarsi rudimentalmente con alcune emozioni che hanno messo a dura prova il suo autocontrollo, auto-osservazione e consapevolezza.

La Rabbia e la Vergogna hanno minato spesso la sua vita. Hanno deragliato i suoi successi e svalutato le sue fatiche. Inizialmente, aveva pensato di evitarle, ma si sono fatte sentire più prepotentemente. Nonostante i dolori arrecati, ha dovuto affrontare quello che gli struggeva. Prima, combattendo e ripugnando, poi affrontando e comprendendo.
Ascoltarsi è stato faticoso e la voglia di auto-sabotarsi è sempre stata dietro la porta, pronta a fargli credere di essere un fallito ed essere un inutile verme. Era pronto a nascondersi dentro di sé, nascondere il suo essere per non percepire l’angoscia che porta con sé l’umiliazione del fallimento. Preferiva buttare tutto nel cesso e si raccontava che non sarebbe stato capace di affrontare la strada da solo.
Ha lottato con fatica contro sé stesso, a volte odiandosi e maledicendosi. Tuttavia, è riuscito ad apprezzare i suoi successi, i quali non sono mai stati apprezzati, anzi minati e messi in dubbio, da suo padre. Non ha mai sopportato il suo “Eh, si ja, bravo” con aria indifferente e distratta. Quella indifferenza lo faceva sentire cosi inutile e impotente, come se non valesse nulla. Come se lui non poteva fare ciò che avrebbe voluto perché non sarebbe stato “buono”. Gli cresceva la rabbia e l’attenuava dicendosi “vabbè è papà, io lo amo”. Però lei non si calmava. Cresceva giorno dopo giorno, anno dopo anno, al punto di sfociare in scatti di ira. Lo voleva morto. Ha pensato che doveva avere vendetta. Avrebbe voluto ucciderlo per ciò che gli aveva fatto.
Un giorno, dopo aver compreso la sua rabbia, si è reso conto che era arrabbiato con sé stesso perché non si ascoltava e continuava ad ascoltare lui. Dopo voleva comprendere lo stato del padre e si pose una domanda: chissà perché ha sempre cercato di mettergli i bastoni tra le ruote? Ci pensò e si rispose che – forse- faceva così perché egli doveva confrontarsi con sé stesso, i suoi fallimenti e le sue frustrazioni nel non essere riuscito in chissà che cosa e non essere stato apprezzato come avrebbe voluto.

Qualcuno potrebbe dire che fosse stato un padre crudele, ma Federico sapeva che non era così. È stato amato troppo, al tal punto di essere preservato da qualsiasi pericolo. cresciuto credendo che qualsiasi strada era un rischio per la vita, anche la strada dedicata a lui. Questa confronto con sé stesso gli stimola la mente producendo una citazione: “Un genitore spiana la strada al figlio pensando di fargli percorrere quella, senza rendersi conto che deve solo farlo incamminare sulla strada che la vita ha già asfaltato per lui”.

Adesso, Federico può dire che dietro all’ascolto della notizia di suicidio del ragazzo c’è un mondo che aveva difficoltà a capire perché riconosciuto. In quel momento non si parlava solo del ragazzo che avrebbe voluto suicidarsi, ma si parlava anche di lui che una volta voleva suicidarsi e sarebbe stato troppo difficile affrontare tutta quell’angoscia e dolore che aveva sotterrato. Si sono intrecciati i vissuti al tal punto che erano diventati la stessa persona. Sapeva cosa stesse vivendo quel ragazzo dentro di sé. Sapeva che per lui l’unico modo per poterne uscire da quel vortice fosse portarsi con sé nella morte tutto ciò di cui si è caricato.
Se non avesse affrontato questo tema, non avrebbe capito il ragazzo e sé stesso. Non avrebbe visto la sua sofferenza e quella dell’altro. Fortunatamente, Federico, ha avuto il coraggio di mettersi a nudo, prendere il cuore fra le mani e rendersi conto che, oltre ad essere estremamente fragile, è estremamente vivo.

In conclusione, la funzione paterna è essenziale per garantire lo sviluppo di un’identità autonoma e integra nel bambino. Se il padre fallisce nel suo ruolo di terzo separatore e di testimone del desiderio, il figlio può trovarsi intrappolato in dinamiche di dipendenza affettiva, senso di inadeguatezza e angoscia esistenziale.

Il contributo di Winnicott, Lacan e Recalcati ci mostra come il padre non sia solo una figura normativa, ma un significante essenziale per la strutturazione del desiderio e dell’identità. Un padre capace di testimoniare il proprio desiderio e di instaurare una funzione di limite senza annullare la soggettività del figlio rappresenta una risorsa fondamentale per lo sviluppo psicologico equilibrato.

Dr.ssa Annamaria Ascione- Psicoterapeuta
Dr Daniele Matrone – Psicologo- gruppo giovani psicologi ASSIMEFAC.

Bibliografia
- Freud, S. (1923). L'Io e l'Es. OSF, Bollati Boringhieri.
- Winnicott, D. W. (1965). Sviluppo affettivo e ambiente. Armando Editore.
- Lacan, J. (1957). Il seminario. Libro IV. La relazione d'oggetto. Einaudi.
- Recalcati, M. (2011). Il complesso di Telemaco. Feltrinelli.
- Green, A. (1990). Il padre nell’analisi. Borla.
- Dolto, F. (1988). Il caso Dominique. Raffaello Cortina Editore.

Letto : 1817 | Torna indietro | Stampa la Pillola | Stampa la Pillola in pdf | Converti in XML
 
© Pillole.org 2004-2025 | Disclaimer | Reg. T. Roma n. 2/06 del 25/01/06 | Dir. resp. D. Zamperini
A  A  A  | Contatti | Realizzato con ASP-Nuke 2.0.7 | Versione stampabile Versione stampabile | Informa un amico | prendi i feed e podcasting di Pillole.org
ore 14:00 | 107250751 accessi| utenti in linea: 64390