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Il certificato medico attesta la diagnosi, non le circostanze |
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Inserito il 04 aprile 2025 da admin. - professione - segnala a:
Assolte dall' accusa di falso ideologico due persone che al pronto soccorso hanno denunciato un falso incidente per attivare la pratica assicurativa e riscuotere il premio. Il referto (falso a causa delle non veritiere dichiarazioni del paziente) non può considerarsi un’ipotesi di "falso ideologico per induzione" in quanto tale caso ricorre solo nel caso in cui una specifica norma attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale. (Cass n. 7395 del 2025).
I fatti: due persone avevano riferito al P.S. di essere state vittime di un sinistro stradale inesistente al fine di ottenere un certificato medico falso da utilizzare per riscuotere il premio assicurativo.
Il Tribunale (e poi la Corte d’ Appello) avevano condannato i due ritenendoli responsabili del reato di falso ideologico per induzione in quanto, oltre al falso in se’ e per se’, avevano indotto un Pubblico Ufficiale (il medico di P.S.) ad emettere un’ attestazionee falsa di un fatto non avvenuto.
Secondo la difesa il reato nella tipologia piu' grave non si sarebbe concretizzato in quanto il valore del certificato medico sarebbe stato limitato alla diagnosi (falsa) e non alla descrizione dei fatti, per cui il reato contestato andava qualificato ai sensi dell’articolo 642, comma 2, del C.P. (piu’ blando in quanto punisce la condotta di colui che, al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di una assicurazione, denuncia un sinistro non accaduto, senza implicare l’ induzione al P.U.)
Tesi che ha colto nel segno.
La Corte di Cassazione ha infatti stabilito in sentenza che “il certificato medico attesta esclusivamente la diagnosi” e che “la circostanza falsa riferita dai pazienti non ricadeva nell’ambito dell’accertamento diagnostico e, dunque, del potere certificativo del medico”.
In altre parole il certificato del medico andava considerato solo nella diagnosi (effettivamente falsa da cui l’ Art. 642) e non nella descrizione della patogenesi lesiva.
In realta’ esiste un precedente orientamento diverso (per es. Cass. Sez. V, n. 17810 del 2022) che riconosce integrante il delitto di falso per induzione in atto pubblico anche la falsa dichiarazione resa dal paziente al medico di P.S. circa l’origine causale delle lesioni lamentate.
Un’ altra sentenza della Cassazione in tema di frode alle assicurazioni, invece (n. 37971 del 2017) stabiliva che “anche la dichiarazione sull’origine delle lesioni rientra nel contributo informativo apportato dal paziente, assolvendo alla specifica funzione di orientare il medico nelle sue valutazioni diagnostiche e terapeutiche delle quali egli dà atto nel referto”. Da cio’ conseguiva che “il medico, per espletare correttamente la sua attività, deve instaurare un dialogo collaborativo con il paziente funzionale a realizzare la c.d. alleanza terapeutica, anche al fine di disporre i necessari e più appropriati accertamenti diagnostici, per poi formulare una corretta diagnosi obiettiva e per prescrivere una terapia adeguata”.
Osservazioni di un osservatore esterno:
A ben guardare, l’ episodio riportato non sembra interessare tanto il medico certificatore quanto il paziente menipolatore, unico accusato. Esistono tuttavia, come abbiamo visto, orientamenti diversi…
Sorgerebbero pero’ gravissime conseguenze qualora insorgesse il sospetto di una colpevole complicita’ da parte del sanitario nell’ avallo di falsi accadimenti.
Come regolarsi, percio’, nel caso di sintomi riferiti e magari compatibili con quanto accusato dal paziente, ma non del tutto convincenti?
La nostra opinione da poveri medici intenti a schivare le complicazioni giudiziarie, e’ quella di specificare chiaramente e in modo ben distinto, nella certificazione, cio’ che e’ stato riferito e cio’ che viene riscontrato obiettivamente. Molto chiaramente, non si sa mai…
Daniele Zamperini
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