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Le radici sociali della malattia - Parte terza
Inserito il 23 ottobre 2025 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



I primi studi sui determinanti socio-economici della salute

Uno dei padri della medicina sociale è stato senza dubbio il medico e patologo tedesco Rudolf Virchow (1821 – 1902). Le sue riflessioni sul legame tra società e salute furono rivoluzionarie e precorrevano i tempi. Virchow riteneva la malattia come un evento strettamente intrecciato con le condizioni sociali, economiche e politiche. Una visione così radicata che lo portò ad affermare che la medicina è una scienza sociale e la politica è la medicina su vasta scala. Per questo vedeva la politica come lo strumento adatto per mettere in atto i cambiamenti necessari a migliorare la salute collettiva. Egli osservò che l’epidemia di tifo che si era verificata nell’Alta Slesia nel 1847-1848 colpiva in modo prevalente le popolazioni più povere e con peggiori condizioni di vita. Questa osservazione lo portò a concludere che la povertà, la malnutrizione, la mancanza di igiene e di istruzione sono le cause principali delle malattie e in particolare delle epidemie. Pensava quindi che i medici, in quanto custodi della salute delle persone, avessero una grande responsabilità sociale e politica e che fosse loro dovere attivarsi per promuovere le riforme sociali, facendosi testimoni delle fasce più svantaggiate della popolazione: curare il singolo paziente è importante ma non sufficiente perché si deve intervenire sulle cause profonde delle malattie attraverso la giustizia sociale e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

Durante la Rivoluzione Industriale in Inghilterra, città come Manchester e Birmingham videro un drammatico peggioramento delle condizioni di vita e un’impennata della mortalità tra le classi lavoratrici. Nel 1842, Edwin Chadwick documentò, nel suo celebre rapporto, come la speranza di vita nei quartieri più poveri di Liverpool fosse inferiore ai 20 anni. Il lavoro, l’ambiente e la povertà erano fattori determinanti di malattia e morte. Il documento, intitolato "Rapporto sulle condizioni sanitarie della popolazione operaia della Gran Bretagna" venne elaborato su richiesta del Parlamento inglese. Chadwick era un avvocato profondamente influenzato dalla filosofia di Jeremy Bentham che nella sua opera principale (Introduzione ai princìpi della morale e della legislazione) teorizzò il principio della maggior felicità possibile per il maggior numero di persone. Chadwick guidò una squadra di commissari che, viaggiando per il paese, cercavano di documentare la vita dei poveri. Inizialmente il Rapporto non venne compreso nella sua importanza e fu visto come una semplice inchiesta sulla febbre nelle classi sociali più povere a causa delle frequenti epidemie di colera che colpivano questi strati della popolazione. Molto in anticipo sui tempi, invece, il Rapporto usava metodi statistici che permisero di studiare le diverse aspettative di vita associate alla classe sociale di appartenenza e alle zone di residenza. Come conseguenza nel 1848 venne approvato il Public Health Act che istituì le autorità sanitarie con lo scopo di migliorare la salute pubblica.

Nel corso di una delle più gravi epidemie di colera che colpì Londra nel 1854, il medico John Snow riuscì a dimostrare il legame tra salute pubblica e infrastrutture urbane. Attraverso un’accurata mappa dei decessi e l’analisi delle fonti idriche, Snow identificò una pompa dell’acqua in Broad Street come la sorgente causale dell’epidemia. Il suo lavoro, oggi considerato uno dei fondamenti dell’epidemiologia moderna, mostrò che condizioni ambientali e scelte urbanistiche possono avere effetti diretti sulla diffusione delle malattie. Non fu solo una scoperta scientifica: fu una lezione sociale, che sottolineava come la malattia non fosse distribuita in modo del tutto casuale, ma colpisse soprattutto le aree povere, sovraffollate, e prive di servizi pubblici essenziali.


Renato Rossi






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