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Gli esami di laboratorio in pneumologia
Inserito il 14 novembre 2025 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Gli esami di laboratorio in pneumologia sono un supporto utile sia a fini diagnostici che di monitoraggio.

Gli esami di laboratorio rappresentano un complemento fondamentale nella valutazione delle patologie respiratorie. Sebbene l’approccio diagnostico in pneumologia sia prevalentemente clinico e strumentale, i dati laboratoristici possono offrirci informazioni decisive per orientare il sospetto diagnostico, selezionare i pazienti da avviare a ulteriori indagini e monitorare l’evoluzione della malattia o la risposta ai trattamenti.


Marker infiammatori e infettivi

La velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C reattiva (PCR) sono indici aspecifici ma utili per il monitoraggio di processi infiammatori acuti, come una polmonite o una riacutizzazione di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
La procalcitonina (PCT), più specifica, rappresenta un valido aiuto per distinguere le infezioni batteriche delle basse vie respiratorie da quelle virali, contribuendo a una gestione più razionale della terapia antibiotica.

I test microbiologici e sierologici rivestono un ruolo importante nella diagnosi eziologica. La ricerca dell’antigene urinario di Legionella pneumophila e Streptococcus pneumoniae consente una diagnosi rapida delle forme batteriche più frequenti di polmonite comunitaria. La sierologia per Mycoplasma pneumoniae e Chlamydophila pneumoniae e la ricerca antigenica o molecolare dei virus respiratori (influenza, virus respiratorio sinciziale, SARS-CoV-2) completano la diagnostica infettivologica.
Per l’identificazione di un’infezione tubercolare latente restano di riferimento il Quantiferon-TB Gold e il test tubercolinico di Mantoux.


Esami specifici e immunologici

Il dosaggio dell’alfa-1 antitripsina deve essere considerato nei soggetti con enfisema precoce o con familiarità per deficit congenito.
Le immunoglobuline E totali e specifiche (IgE) sono utili nel sospetto di asma allergico e di aspergillosi broncopolmonare allergica.

Nelle interstiziopatie polmonari, soprattutto quando si sospetta una genesi autoimmune, la ricerca di autoanticorpi rappresenta un passaggio chiave. Tra i test più rilevanti: ANA, ENA, ANCA, fattore reumatoide (RF) e anticorpi anti-CCP, che possono indirizzare verso una connettivopatia sottostante.


Biomarcatori emergenti e oncologici

Negli ultimi anni, alcuni marker di fibrosi, come il Krebs von den Lungen-6 (KL-6) e la Surfactant Protein D (SP-D), hanno mostrato potenziale interesse nel follow-up della fibrosi polmonare idiopatica, sebbene il loro impiego non sia ancora diffuso nella pratica clinica.

Nel contesto oncologico, i marker tumorali sierici — CEA, CYFRA 21-1, NSE e Pro-GRP — non sono indicati per la diagnosi iniziale, data la loro scarsa specificità, ma mantengono un ruolo nel monitoraggio della risposta terapeutica e nel follow-up.
Un’importante evoluzione riguarda la biologia molecolare, che consente di analizzare mutazioni e riarrangiamenti su tessuto o plasma (liquid biopsy), permettendo una terapia personalizzata nei tumori polmonari non a piccole cellule. Tra i principali bersagli molecolari figurano EGFR, ALK, ROS1 e l’espressione di PD-L1.


Emogasanalisi e altri test ematochimici

L’emogasanalisi arteriosa (EGA) rappresenta un esame imprescindibile nella valutazione di ossigenazione, ventilazione ed equilibrio acido-base, soprattutto nelle riacutizzazioni di BPCO e nei quadri di insufficienza respiratoria acuta o cronica.
Il dosaggio del lattato consente di documentare una condizione di ipossia tissutale sistemica, mentre la determinazione di carbossiemoglobina (COHb) e metaemoglobina (MetHb) è utile per riconoscere intossicazioni da monossido di carbonio o sostanze ossidanti.

Il D-dimero, nonostante la bassa specificità, mantiene un’elevata sensibilità nel sospetto di tromboembolia polmonare, tanto che un valore normale consente di escludere la patologia nei pazienti a bassa probabilità clinica.
Infine, gli esami coagulativi di base (PT, aPTT, fibrinogeno) restano indispensabili per la valutazione pre-trattamento e per il monitoraggio nei pazienti candidati a terapia anticoagulante.


Conclusioni

Il contributo del laboratorio in pneumologia è sempre più rilevante, sia nel percorso diagnostico sia nel monitoraggio terapeutico. L’integrazione tra parametri biochimici, marker molecolari e valutazione clinico-strumentale permette una gestione più precisa e personalizzata del paziente respiratorio. Le nuove frontiere della biologia molecolare e dei biomarcatori emergenti promettono di ampliare ulteriormente il ruolo del laboratorio, trasformandolo da semplice strumento di supporto a vero protagonista nella medicina respiratoria moderna.


Renato Rossi

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