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ANALISI ED ERRORI NEGLI ACCERTAMENTI DI LABORATORIO PIU' COMUNI
Inserito il 30 marzo 2000 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



Introduzione
La disponibilità di analizzatori automatici multicanale permette oggi l’esecuzione di molti esami biochimici, che oggi sono spesso considerati esami semplici. Tuttavia nell’interpretazione dei loro risultati ci sono molti trabocchetti, che possono provocare l’esecuzione di ulteriori indagini o anche errori diagnostici. Ci sono molte cause di anormalità spurie che possono falsamente aumentare o diminuire la concentrazione degli analiti, sia prima del prelievo che durante lo stesso procedimento analitico. La mancanza di specificità tissutale degli enzimi può rendere difficile l’interpretazione della loro attività senza esami addizionali. Anche una malattia finora non sospettata può contribuire a confondere l’interpretazione degli esami.
Intervalli di riferimento
Gli esami biochimici sono di solito interpretati in base a un dato intervallo (= range) di riferimento. Normalmente quest’intervallo di riferimento è definito come l’intervallo in cui cade il 95% centrale di una popolazione apparentemente sana. Se la distribuzione è di tipo gaussiano, l’intervallo corrisponde alla media più o meno due deviazioni standard. Con distribuzioni non gaussiane il range si ottiene eliminando il 2.5% dei valori incolonnati alle estremità superiore e inferiore. In altri termini, una su venti (cioè il 5%) persone apparentemente in buona salute avrà valori al di fuori di questo intervallo. Pertanto, il riscontro di un valore al di fuori del range di riferimento dato non indica necessariamente la presenza di una causa patologica e, più esami si eseguono, maggiore è la probabilità di trovare un risultato esterno al range. Similmente, un risultato compreso nel range di riferimento non esclude la presenza di una malattia. Valori diversi ottenuti mediante analisi sequenziali sullo stesso paziente potrebbero essere dovuti a una genuina modificazione nello status biochimico, oppure a imprecisioni del laboratorio. Se i risultati di due esami eseguiti sullo stesso paziente in due occasioni diverse in condizioni identiche differiscono per più di 2.8 volte la deviazione standard, vuol dire che si è verificata una genuina variazione nella concentrazione dell’analita con una probabilità superiore al 95%. Tuttavia, fattori biologici possono provocare variazioni intraindividuali, influenzando la concentrazione plasmatica di alcuni analiti. Per esempio, la dieta può modificare la concentrazione dei trigliceridi e l’escrezione urinaria del calcio, sono ben note le variazioni circadiane del cortisolo e del ferro plasmatici, e la postura può aumentare la concentrazione di molti analiti, tra cui albumina, calcio, colesterolo, trigliceridi e amilasi. Nelle donne il colesterolo, le proteine totali, l’albumina e il fibrinogeno variano durante il ciclo mestruale, e sono note variazioni stagionali per la vitamina D e l’ormone della crescita. Febbre, farmaci e la risposta della fase acuta possono provocare variazioni in corso di malattia acuta.
Sodio
Ipersodiemia e iposodiemia moderate sono comuni nella popolazione ospedalizzata. Anormalità spurie del sodio possono essere dovute a errori di prelievo: per esempio, fare un prelievo subito dopo un’infusione di bicarbonato o altre soluzioni. Altri indizi che il campione è stato contaminato da liquidi infusi in vena saranno una riduzione nella concentrazione di proteine totali e di albumina rispetto a campioni precedenti, ed una glicemia elevata se il liquido di infusione contiene destrosio. Dopo il prelievo, l’evaporazione di acqua dal campione può provocare ipersodiemia. Con alcuni tipi di analisi, per esempio la spettrofotometria a fiamma, dove è richiesta la diluizione del campione in un grande volume di soluzione, si può verificare una pseudoipersodiemia in pazienti con severa ipertrigliceridemia o paraproteinemia, e molto raramente con severa ipercolesterolemia. Ciò avviene perché una parte dell’acqua del plasma è stata rimpiazzata con lipidi o proteine; la concentrazione del sodio nell’acqua plasmatica è normale, ma c’è meno acqua in ogni litro di plasma. L’osmolalità plasmatica (concentrazione/kg di solvente) in questa situazione sarà normale.
Potassio
Mentre la maggior parte del potassio corporeo totale è intracellulare, è il potassio plasmatico che viene di solito misurato. False ipo- e iperpotassiemia sono comuni e hanno origine da movimenti del potassio tra i compartimenti intra- ed extracellulari in vitro. La causa più comune di pseudoiperpotassiemia è l’emolisi, che può non essere sempre visibile all’ispezione. In campioni di sangue intero che sono inviati in ritardo al laboratorio, particolarmente se conservati a 4°C, ci sarà perdita di potassio dai globuli rossi nel plasma anche se non c’è evidenza di emolisi. Indizi di ciò possono venire da altri esami biochimici quali un coesistente aumento del fosforo. Ci può essere una predisposizione alla pseudoiperpotassiemia isolata su base familiare. La lisi cellulare e il rilascio di potassio provocano notoriamente iperpotassiemia in pazienti con patologie che aumentano la conta dei globuli bianchi, come la leucemia prolinfocitica o l’iperpiastrinemia, per esempio nei disordini mieloproliferativi e nella malattia di Kawasaki, specialmente se si usano campioni di siero. Per evitare ciò, il sangue di questi pazienti dovrebbe essere raccolto in una provetta contenente eparina e portato dritto al laboratorio. E’ stato calcolato che, per ogni aumento delle piastrine di 100 x 109/l, la concentrazione di potassio può aumentare di 0.07-0.15 mmol/l. Anche in campioni con conta delle piastrine normale, l’intervallo di riferimento per il potassio è più alto nel siero che nel plasma, a causa del rilascio di potassio dalle piastrine durante la coagulazione. Meno comunemente, campioni di sangue con conta dei globuli bianca molto elevata possono presentare una pseudoipopotassiemia, in quanto le cellule prelevano potassio dal plasma. Un altro esempio di pseudoipopotassiemia, per prelevamento di potassio da parte dei globuli rossi, si ha quando il prelievo di sangue viene fatto a un paziente subito dopo che questo ha ricevuto insulina per via endovenosa.
Urea e creatinina
Urea e creatinina sono entrambe utilizzate come indicatori di funzione renale; la creatinina è il parametro più attendibile, anche se non è l’ideale. A causa della relazione inversa tra volume del filtrato glomerulare (VFG) e creatinina plasmatica, il dimezzamento del VFG porterà ad un raddoppio della creatinina plasmatica. Tuttavia, per un dato individuo, una riduzione del VFG di questa grandezza può risultare in una creatininemia che rimane nei limiti del range di riferimento. La creatinina proviene dalla creatina fosfato del muscolo. L’intervallo di riferimento è correlato alla massa muscolare, e bisogna fare attenzione a non trascurare significative variazioni della funzionalità renale in pazienti con piccola massa muscolare che potrebbero essere indicativi di insufficienza renale, sebbene la concentrazione attuale di creatinina rimanga nel range di riferimento dato. L’ingestione di un pasto a base di carne può aumentare la creatinina plasmatica del 52% entro 3.5 h, e la misurazione dovrebbe idealmente essere fatta a digiuno.
L’urea è sintetizzata nel fegato e rappresenta il veicolo corporeo principale per l’escrezione dell’azoto. La produzione di urea può essere modificata dal contenuto proteico della dieta e dall’assorbimento di aminoacidi e peptidi dall’intestino dopo un’emorragia gastrointestinale. In corso di malattia epatica severa, la sintesi dell’urea e quindi la concentrazione plasmatica di urea possono essere diminuite, anche in caso di insufficienza renale. Se il flusso attraverso il lume tubulare è basso, per esempio nella disidratazione, l’urea viene riassorbita e la concentrazione plasmatica aumenta, sebbene la creatinina sia inizialmente normale.
Calcio
Nel plasma il calcio esiste in due forme principali, legato alle proteine (circa il 46%) e ionizzato (circa il 47%), e solo quest’ultimo è fisiologicamente attivo. La maggior parte dei laboratori misura la concentrazione di calcio totale, che è, pertanto, circa due volte la concentrazione di calcio ionizzato. L’intervallo di riferimento dato per il calcio totale presuppone un’albumina plasmatica di 40 g/l. Se questa non è tale, bisogna fare una correzione, oppure si può erroneamente diagnosticare un’ipercalcemia in associazione con una concentrazione di albumina maggiore di 40 g/l ed una ipocalcemia con una concentrazione inferiore a 40 g/l. Una formula utilizzabile per questa correzione è la seguente:
Calcio plasmatico corretto (mmol/l) = calcio plasmatico misurato + 0.02[40 – concentrazione di albumina (g/l)].
Questa correzione non è valida in presenza di una marcata alterazione dell’omeostasi dello ione idrogeno o di una grossa disprotidemia.
La stasi venosa fa aumentare la concentrazione di calcio totale. La concentrazione di calcio ionizzato rimane immodificata in condizione di stasi venosa a meno che non sia alterata la concentrazione di ioni idrogeno. L’utilizzo di un laccio emostatico durante il prelievo di sangue provoca emoconcentrazione e un aumento della concentrazione di proteine nel campione, pertanto il calcio totale aumenta. Idealmente, i campioni per la misurazione del calcio dovrebbero essere prelevati senza laccio.
L’EDTA, comunemente usato come anticoagulante nei contenitori di campioni per esami ematologici, chela il calcio e altri ioni metallici bivalenti e, se presente in un campione, perfino in piccolissime quantità come contaminante, può provocare una falsa ipocalcemia. Siccome la fosfatasi alcalina dipende da ioni metallici bivalente per l’attivazione, anche la sua attività nel plasma verrà abbassata dall’EDTA. La forma usuale dell’anticoagulante è l’EDTA potassico, sicché un ulteriore indizio della sua presenza sarà un potassio artificiosamente aumentato.
Fosforo
Il fosforo è presente nel sangue in forma inorganica ed organica (fosfolipidi, fosfoproteine), ma è nella forma inorganica (fosfato) che viene misurato di routine. Per la concentrazione plasmatica del fosforo esistono vari range di riferimento in rapporto all’età. I valori sono più alti nell’infanzia e nell’adolescenza, quando la crescita è massimale, ma per tutta l’infanzia l’intervallo di riferimento è maggiore che nell’età adulta. La concentrazione plasmatica di fosforo aumenta anche durante l’allattamento. L’iperfosforemia spuria è comune ed è risultato dell’emolisi e del ritardo nell’esecuzione dell’analisi. Con alcuni metodi di analisi è stata riportata un’iperfosforemia spuria in campioni contenenti elevate concentrazioni di proteine.
Glucosio
La misurazione e l’interpretazione delle concentrazioni di glucosio è un campo di gran confusione. Il glucosio plasmatico è di circa il 12% maggiore di quello del sangue intero, in quanto il plasma ha un maggior contenuto di acqua, non contenendo globuli rossi. In condizione di digiuno c’è poca differenza tra glicemia arteriosa, capillare e venosa, ma dopo, introduzione di carboidrati, la glicemia in campioni arteriosi o capillari può superare quella di campioni venosi anche di 1.8 mmol/l. Ciò è di particolare importanza pratica nell’interpretazione di test da carico orale di glucosio.
Per la misurazione del glucosio si preferisce un campione contenente fluoruro di sodio per inibire la glicolisi e stabilizzare la concentrazione di glucosio. Se il sangue è raccolto in una provetta senza conservante, la concentrazione di glucosio può diminuire anche del 7% ogni ora come risultato della glicolisi. Una diminuzione clinicamente rilevante della glicemia è stata riportata anche con l’uso di conservanti. Se si usa una provetta senza conservante e si prevede un ritardo nell’invio al laboratorio, è preferibile la conservazione a 4°C.
Bilirubina
Sia la bilirubina coniugata che la non coniugata sono denaturate dalla luce in modo dipendente dalla temperatura. Pertanto, se l’analisi dev’essere ritardata, i campioni per la determinazione della bilirubina nel plasma o nelle urine dovrebbero essere avvolti da una lamina metallica o da una carta scura e conservati in frigorifero.
Esami di funzionalità epatica
La maggior parte dei laboratori ospedalieri misura una combinazione di enzimi, più comunemente fosfatasi alcalina (ALP), aspartato transaminasi (AST, precedentemente chiamata glutamico ossalacetico transaminasi), alanina aminotransferasi (ALT, prima chiamata glutamico piruvico transaminasi) e gamma glutamiltransferasi (GGT). Spesso questi sono chiamati esami di funzionalità epatica, in quanto sono di solito usati per scoprire se c’è un danno epatico.
La fosfatasi alcalina appartiene a un gruppo di enzimi che idrolizzano gli esteri fosforici. Incrementi nell’attività di questi enzimi non sono specifici per danno epatico, in quanto la ALP plasmatica proviene anche dall’osso, dall’intestino e, durante la gravidanza, dalla placenta. Nei neonati e nei bambini il range di riferimento è maggiore a causa di un aumentato contributo osseo, secondario alla rapida crescita. La separazione degli isoenzimi della ALP può differenziare il tessuto di origine.
AST e ALT sono enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo a-amino da un acido a-amino a un acido a-oxo all’interno delle cellule. AST e ALT si trovano in molti tessuti extraepatici tra cui cuore, muscolo scheletrico, eritrociti, polmone, cervello e rene, sebbene il contributo nel plasma sia inferiore per quanto riguarda la ALT, essendo questa più epato-specifica. Una lesione muscolare, l’insufficienza cardiaca acuta e lo shock possono raramente provocare un aumento della AST che superi di dieci volte il limite superiore del range di riferimento. Aumenti fino a sei volte la norma sono stati descritti nell’ipotiroidismo, ma in questo caso l’AST è di origine muscolare piuttosto che epatica, ed è accompagnata da un aumento dell’attività della creatinkinasi.
La GGT è un enzima microsomiale che trasferisce il gruppo g-glutamil da g-glutamil peptidi ad aminoacidi e altri peptidi. Viene spesso misurata come un modo surrettizio per individuare l’abuso di alcool. Tuttavia, tra gli alcoolisti senza epatopatia solo la metà hanno un aumento della GGT, la cui entità non è correlata né alla quantità, né alla durata del consumo di alcool etilico. Un gran numero di farmaci, non solo antiepilettici, aumenta l’attività della GGT, e, raramente, questa può essere aumentata nel carcinoma prostatico e nell’ipertiroidismo.
Creatinkinasi
La creatinkinasi (CK) esiste come dimero composto dalle due subunità M e B che si combinano a formare uno di tre dimeri: MM, MB o BB. Il muscolo scheletrico contiene soprattutto MM, il muscolo cardiaco contiene circa il 40% di MB e il cervello contiene solo BB. La CK-MM, e quindi la CK totale, può essere aumentata in pazienti con una grossa massa muscolare e presenta variazioni in rapporto all’origine etnica, essendo più alta negli Afro-Caraibici. La CK viene comunemente usata come indicatore di infarto miocardio, tuttavia il suo livello nel plasma non comincia a salire prima di 4-6 ore dopo un infarto miocardio, e misurazioni effettuate prima possono dare risultati falsi negativi. Una CK elevata con frazione CK-MB >6% è altamente suggestiva di infarto miocardico. Comunque, una frazione CK-MB superiore al 6% si può avere anche dopo severo esercizio, alcune procedure chirurgiche, lesione muscolare acuta o malattia neuromuscolare. Nei ragazzi sani, la frazione CK-MB può essere alta fino al 25%, riducendo così la sua utilità come indicatore di danno cardiaco in questo gruppo di età.
Misure di controllo di qualità
Come abbiamo già detto, ci sono potenziali problemi con la preparazione dei pazienti, con la metodologia e con malattie coesistenti, che possono portare a trabocchetti nell’interpretazione dei risultati degli esami biochimici. Ma, quali misure si prendono per assicurarsi che i risultati prodotti dal laboratorio siano accurati e precisi? I laboratori eseguono controlli interni di qualità includendo standard con valori noti tra i campioni dei pazienti a intervalli regolari. E’ obbligatorio partecipare a progetti esterni di verifica di qualità, per cui campioni contenenti quantità sconosciute di sostanza devono essere misurati e i valori ottenuti riportati a controllori esterni. I laboratori che non raggiungono standard soddisfacenti vengono sottoposti a revisione.
Conclusione
Gli esami biochimici semplici, se correttamente eseguiti ed interpretati, sono utili nella gestione dei pazienti. Un’interpretazione errata può portare ad ulteriori indagini, ma, per la persona sagace, una anormalità biochimica può essere la prima manifestazione di un processo patologico prima non sospettato.
Postgraduate Medical Journal, marzo 2000


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