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La ricerca scientifica tra veritą e menzogna
Inserito il 30 luglio 2000 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



La polemica sulle frodi nella scienza non sono nuove; diversi ricercatori hanno anche eccepito che perfino Charles Darwin abbia in realta’ un po’ "spinto" i risultati delle sue osservazioni che, sebbene risultate esatte, darebbero assai difficilmente risultati netti e precisi come quelli esposti dallo scienziato. In epoca moderna il fenomeno si e' ampliato a dismisura malgrado i controlli effettuati dai comitati redazionali delle riviste specializzate per cui in diverse nazioni sono stati istituiti organismi appositi, destinati a controllare la correttezza della ricerca che si svolge con fondi statali sul loro territorio. Sono presenti, ad esempio, in Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Francia e naturalmente Stati Uniti. Una serie di episodi clamorosi hanno messo in luce come, in diversi casi, la ricerca sia stata pilotata o addirittura falsificata da ricercatori o aziende che avevano degli interessi nel settore. I ricercatori sono spinti soprattutto dall’ansia di dover pubblicare per mantenere posizioni e posti di prestigio, le aziende da ovvi motivi commerciali di mercato.
Tralasciando la notissima contesa tra Montagner e Gallo sulla poco chiara scoperta dell' HIV, diversi casi di ricerche non proprio limpide sono stati portati all’attenzione del pubblico:

Nel 1978 Peter Seeburg trafugava dei campioni presso i locali dell’Universita’ di California onde completare il suo lavoro presso una azienda privata (Genentch). Da tale lavoro derivavano prestigiose pubblicazioni su "Nature" e guadagni di miliardi, tuttavia una imprecisione tecnica rilevata nelle pubblicazioni ha fatto si che il ricercatore finisse in Tribunale ove veniva costretto a confessare il malfatto.
Una ricercatrice tedesca (Marion Brach) ha invece confessato di aver ritoccato al computer fotografie di elettroforesi comparse su almeno 47 articoli scientifici tra l’’88 e il ’96.
Robert Davies invece ha sostituito frammenti di tessuto onde pilotare i risultati di una ricerca biochimica.
A fronte di questi "pubblici peccatori" sembra amplissimo il fronte dei "falsificatori artigianali": attualmente il fenomeno e’ favorito e ingigantito data l’enorme mole delle pubblicazioni scientifiche per cui i responsabili hanno maggiore possibilita’ di mimetizzare le scorrettezze. Un’inchiesta condotta nel ’93 dall’ "American Scientist" rivelava che circa il 7% dei lavoratori di un laboratorio era a conoscenza di falsificazioni di dati, mentre una ricerca analoga condotta in Norvegia nel ’95 rilevava addirittura oltre il 20% di tali frodi conosciute dagli operatori del settore.
Sono diverse le tipologie di frode piu’ comunemente riscontrate nelle revisioni e molte di queste possono rientrare nella comune esperienza del lettore::
- Plagio.
- Falsa attribuzione del lavoro ad autori che in realta’ non hanno partecipato, o esclusione di coloro che hanno veramente effettuato il lavoro. Tale tipologia potrebbe essere riscontrata molto frequentemente nei lavori italiani. Chi non ricorda certi ricercatori che arrivavano a pubblicare centinaia di lavori l' anno (con il proprio nome su tutti i lavori pubblicati nell' Istituto di appartenenza)?.
- Presentazione di dati gia’ pubblicati come se fossero nuovi e ripubblicazione degli stessi dati su riviste diverse con lieve cambiamento di prospettive di presentazione in modo da "riciclare" un unico lavoro moltiplicandone il valore. Tale tipologia puo' indirettamente falsare tutta la prospettiva di valutazione di un fenomeno che risulterebbe percio' confermato da un numero di studi superiore a quelli realmente effettuati. E' un comportamento molto frequente che puo' essere giustificabile se finalizzata a diffondere i risultati dello studio in ambiti diversi, con pubblicazione su riviste con tipologia e diffusione differente; andrebbe pero' sempre citatolo studio di riferimento, senza simulare che si tratti di un lavoro originale.
- Conflitto o interferenza di interessi non dichiarato tra la sponsorizzazione e l’effettuazione del lavoro.
- Fabbricazione (o invenzione totale) di dati.
- Falsificazione bruta dei dati.
- Mancata adesione alle linee-guida etiche.

Sono poi arrivati all' attenzione del pubblico episodi di ricerca "pilotata", se non falsificata deliberatamente dalle aziende interessate. E’ stato pubblicato recentemente sul "Lancet", ad esempio, il piano con cui la Philip Morris tentava scientificamente e metodicamente, con una capillare azione di travisamento e disinformazione, di screditare gli effetti delle ricerche sul danno da fumo. In particolare veniva programmata ad arte una produzione di studi negativi sulla relazione tra fumo passivo e cancro da opporre ai dati della ricerca IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) che aveva effettuato una ricerca che dimostrava la dannosita’ del fumo passivo. La strategia di tali multinazionale non si basava tanto sulla falsificazione dei dati quanto su una sottile campagna tesa a screditare i dati e i metodi delle ricerche ufficiali. Venivano coinvolte agenzie di relazioni pubbliche e prestigiosi giornali internazionali. Lo stesso "Lancet" ha dovuto confessare mestamente di aver pubblicato inconsapevolmente una lettera sul fumo passivo sponsorizzata da industrie del tabacco.
Il Saint Paul Pioneer Press aveva gia' riportato che, tra il 1992 e il 1993 il Tobacco Institute (si tratta dell' Ente che gestisce la "comunicazione" delle multinazionali del tabacco) ha pagato docenti universitari e ricercatori perche' criticassero con articoli e lettere dirette alle riviste scientifiche il rapporto sul fumo passivo dell' Agenzia per la protezione Ambientale. Uno degli accusati si e' difeso sostenendo che anche i ricercatori di segno contrario venivano pagati per le loro pubblicazioni.
Le multinazionali del tabacco sono poi state condannate ad una multa "storica" di enorme entita' in base proprio al dolo che esse hanno dimostrato nella falsificazione delle conoscenze in merito.
E’ evidente percio’ come l’obiettivita’ nelle ricerche scientifiche sia un aspetto altamente a rischio, sia per quanto riguarda l’effettuazione vera e propria della ricerca da parte degli studiosi, soggetti a pressioni di vario tipo, sia per quanto riguarda l’interpretazione dei dati che puo’ essere manipolata facilmente da entita’ economiche abbastanza potenti. C’e’ anche il rischio pero’ che le ricerche che presentino dati non allineati con studi precedenti vengano guardate ingiustamente con sospetto e che i ricercatori possano tendere ad "adeguarsi" alle ricerche precedenti onde non correre il rischio di sentirsi accusare di falso o di sensazionalismo scientifico.
Daniele Zamperini. Fonti: varie

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