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Colesterolo sì, colesterolo no

Data : 29 dicembre 2006
Autore : G.Ressa

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I protagonisti della clinicommedia

I dottori Pensa, Ebiemme e Sonda sono tre medici di famiglia, i primi due hanno piu’ di 50 anni, il terzo 35; condividono lo stesso studio medico (per risparmiare sulle spese) ma sono acerrimi “nemici” nella professione perche’ hanno un approccio diametralmente opposto nella metodologia.
Il dottor Pensa e’ un cultore dell’anamnesi e dell’esame obiettivo, ha fatto sua la massima di Cesare Frugoni il quale affermava: ”Siamo abbastanza moderni per riconoscere l’aiuto dato dagli esami diagnostici e troppo moderni per sopravvalutarlo”.
Il dottor Ebiemme non fa un passo se questo non e’ contemplato nelle linee guida e/o certificato dall’ EBM, la flessibilita’ diagnostica e terapeutica sono, nel suo pensiero, un retaggio dei medici “ipse dixit”.
Il dottor Sonda, con dieci anni di professione, ha come feticcio gli esami strumentali e di laboratorio, senza di essi si sente perduto, anamnesi ed esame obiettivo sono quasi degli inutili “preliminari”, il “sodo” e’ quello che conta.
L’esperienza accumulata negli anni, invece di stemperare questi punti di vista opposti, li ha portati a diventare ancora piu’ “estremisti” per cui il dottor Pensa fa diagnosi di Morbo di Hodgkin in un caso di prurito al naso e il dottor Sonda, dal canto suo, continua a scoprire, con le sue indagini strumentali, “incidentalomi” che mai si sarebbero manifestati clinicamente, ma che egli sfoggia come fiore all’occhiello della sua abilita’ diagnostica; il dottor Ebiemme ha i cassetti della scrivania pieni di algoritmi e istogrammi che consulta continuamente e che, per lui, sono il Verbo.
Ogni primo venerdi’ del mese, i medici organizzano una riunione nel loro studio e, in quella sede, espongono i casi clinici piu’ interessanti, accapigliandosi sulle loro opposte metodologie diagnostiche; non c’e’ molto dialogo, in fondo, ma soprattutto voglia di rimarcare le carenze degli opposti approcci metodologici.
Alle discussioni assiste anche una giovane tirocinante: la dottoressa Saputella, specializzanda in Medicina Interna, la quale si diverte ad assistere alla “singolar tenzone” tra i colleghi piu’ grandi, i quali, da parte loro, la trattano con una certa sufficienza, ripagati con la stessa moneta da quest’ultima.




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La dottoressa Saputella è in gran forma stasera “Cari colleghi, come gestite i presunti casi di ipercolesterolemia familiare ? Fate diagnosi coi criteri classici, oppure inviate i pazienti verso centri specializzati ? Chiedete inoltre a costoro esami non invasivi per documentare una danno aterosclerotico silente (tipo valutazione dello spessore dell'intima media carotidea (IMT), oppure no ? Poi, li trattate tutti farmacologicamente, a prescindere dal calcolo di rischio cardiovascolare ?
Il dottor Ebiemme si scatena e tira fuori un grosso faldone con le linee guida, le tabelle di rischio ed estratti di articoli vari “ Valori persistentemente elevati di colesterolo dopo tre mesi di dieta orientano verso una forma familiare. Poi, se è una forma familiare NON si devono applicare le carte ed il paziente va trattato, in conformità, una volta tanto, con la nota 13 :-) perchè in questi soggetti le carte sottostimano il rischio. Per il sospetto diagnostico ci si può basare sui criteri del registro Bloome: come si può vedere il solo fatto di avere un colesterolo elevato non è sufficiente di per sè per far diagnosi di forma familiare.
Criterio A = CT >290 (prima dei 16 anni > 260) oppure LDL > 189 (154 prima dei 16 anni)
Criterio B = Xantomatosi tendinea nel paziente o in un parente di primo grado
Criterio C = Mutazione genetica accertata
Criterio D = Infarto precoce (prima dei 50 anni) in un parente di secondo grado o prima dei 60 anni in un parente di primo grado
Criterio E = CT > 290 in un parente di primo o secondo grado

Diagnosi definita = A + B oppure A + C
Diagnosi probabile = A + D oppure A + E



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Ritengo sia abbastanza ragionevole trattare farmacologicamente valori elevati di colesterolo (diciamo >= 300 / 320) anche in assenza di una diagnosi formalizzata di ipercolesterolemia familiare. Dobbiamo tener conto infatti che le carte non sono state pensate per chi ha valori che si situano nella coda destra della gaussiana ma sono sostanzialmente applicabili solo a chi ha valori medi o medio-elevati.
Il dottor Pensa entra nell’arena di discussione “Ipotizziamo di vedere una fanciulla 34enne, magra, sana, affetta da ipercolesterolemia familiare (madre con identica situazione biochimica, ma senza nessun evento cv), con valori confermati, dopo wash out e dietoterapia ad hoc, di TC sui 350 mg/dl. Che farmaco prescrivi in prima battuta? A che dosaggio ? Poi come ti regoli nel follow up ?
La medicina è bella perché è varia e la variabilità biologica è MUSICA per le mie orecchie come RUMORE per le LG e i loro epigoni. Ti faccio il caso di una paziente 53 enne, in menopausa, con valori di colesterolo vicini ai 500 che allegramente mi dice di averli da sempre.
Mi lancio in una filippica del peggior Cicerone affermando che è una "mascalzona", le faccio fare ecodoppler arterioso dappertutto (NESSUNA placca, modesto ispessimento), prova da sforzo massimale normale. Le ho prescritto LO STESSO la statina perche' "DEVO avere ragione" ma ella ALLEGRAMENTE non la assume.
Il dottor Sonda, con aria spaesata: “Forse non tutti i soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare hanno lo stesso rischio di sviluppare una malattia aterosclerotica grave ? Se no, come identificare i soggetti che sono a più alto rischio ? Io penso che il rischio di morte vari ampiamente in questi soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare e che le donne siano a più basso rischio”.



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Il dottor Pensa: “Credo che la galassia delle ipercolesterolemie familiari sia composta da individui a rischio diverso ma non so se siano stati standardizzati dei percorsi per stratificarli in varie fasce di rischio. Mi sembra ragionevole ritenere che a questo scopo possa essere utile valutare la presenza o l'assenza di fattori di rischio aggiuntivi (quelli soliti), entità della dislipidemia, se ci sono stati casi di malattie cardiovascolari precoci o meno nei familiari, se ci sono evidenze di arteriopatia periferica o carotidea all'ecodoppler ecc.ecc.”
Il dottor Sonda: “Adesso gli esami ti servono eh? “, il dottor Pensa fa spallucce.
Il dottor Ebiemme : “Ci sono specialisti del campo (non legati a ditte farmaceutiche) che arrivano addirittura a negare che l'ipercolesterolemia sia un fattore di rischio. E' vero che le statine abbassano del 25% il rischio, ma in valore assoluto è un'inezia. Studi autoptici hanno mostrato che l'aterosclerosi dell'aorta è indipendente dal valore del colesterolo. E poi che dire degli effetti collaterali? compreso il rischio di cancro dei farmaci? La recente metanalisi di JAMA sembra rassicurare, ma si sa che la carcinogenesi richiede anni e gli studi sugli animali parlano chiaro, ma vedere anche lo studio PROSPER. Che dire poi della storia della dieta ricca in PUFA? Anche questa è questionabile”
La dottoressa Saputella interviene: “Questa storia dell'ipercolesterolemia familiare viene ripetutamente fuori è non vi sono mai certezze se non quella che la nota 13 prevede per questi soggetti il rimborso del trattamento ipolipemizzante. In realtà non sono mai riuscito a trovare studi sulle ipercolesterolemie famigliari eterozigoti (in cui è verosimile che vi sia un aumento del rischio se va di moda oggi dire, riguardo al colesterolo, meno è meglio è) che però non è quantizzabile in rapporto ai valori di colesterolo, e l'esperienza dice variabile da soggetto a soggetto anche con valori di colesterolemia sovrapponibile.
In letteratura si trova che vi è un aumento di incidenza di coronaropatia, arteriopatia obliterante periferica, ma non di stroke, probabilmente perché in quest'utimo il fattore shear stress da ipertensione o emboligeno sono presupposti necessari, diversamente dalle ipercolesterolemie omozigoti dove è ampiamente dimostrato un aumento della morbilità e della mortalità per malattie cardiovascolari. Per di più molti lavori associano la CAD piu’ che alla ipecolesterolemia famigliare eterozigote ai bassi livelli di HDL colesterolo che non agli aumentati livelli di LDL colesterolo. I fattori di rischio classici contribuiscano ad oltre la metà dei casi osservati di malattia coronaria.



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Il dottor Ebiemme: “Dall'altro lato non sembra neppure così importante la famigliarità come fattore di rischio, che infatti non viene considerata dalle carte. Personalmente sarei dell'idea di considerare il rischio cardiovascolare globale senza considerare se l'ipercolesterolemia sia famigliare o meno: quei pazienti con ipercolesterolemia famigliare che desiderano essere trattati perché hanno timore dei loro livelli di colesterolo, pur appartenendo alla fascia a rischio basso non posso ovviamente fare a meno, per chiari motivi medicolegali, di prescrivere la statina, ed in nota 13. Fra l'altro in soggetti con ipercolesterolemia eterozigote l'abitudine al fumo aumentasse l'incidenza di malattia coronarica in maniera rilevante rispetto ai non fumatori ed indipendentemente dagli altri fattori di rischio classici presenti, per cui nei soggetti fumatori,anche se a rischio basso, se non va in porto il consiglio alla cessazione, oppure nei soggetti con HDL colesterolo ridotto prescrivo più volentieri il trattamento ipolipemizzante, in questo confortato dai dati derivanti dagli studi controllati.
La dottoressa Saputella: “Che usi in proposito?”
Il dottor Ebiemme: “Tenuto conto dei costi dell'associazione ezetimibe-simvastatina, forse è meglio ricorrere all'associazione statine+ fitosteroli che complessano il colesterolo alimentare e competono con il colesterolo per l'assorbimento: 2 grammi al giorno riducono l'assorbimento di colesterolo del 10%".



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Il dottor Pensa: “Nella ipercolesterolemia familiare eterozigote, il rischio cardiovascolare aumenta a partire dai 30 anni di età: il 50% degli uomini risulta affetto da malattia coronarica a 50 anni e il 30% delle donne a 60.
Diverse linee guida raccomandano di iniziare un trattamento ipocolesterolemizzante nei giovani adulti in modo da ridurre il colesterolo LDL alla soglia raccomandata per la popolazione generale. Queste raccomandazioni
però non derivano tanto da studi di trattamento effettuati specificamente su questi pazienti ma si basano probabilmente sulle percentuali di coronaropatia sopra riportate. Quindi più che raccomandazioni EBM sono raccomandazioni basate sul consenso di esperti perchè si ritiene ragionevole pensare che riducendo i livelli di colesterolo si riduca il rischio. Sembra comunque che il rischio della forma eterozigote, dopo i 60 anni, sia sovrapponibile a quello di soggetti con valori simili di colesterolo di tipo non familiare “
Il dottor Ebiemme: “La etero è frequente (1:500) e noi tutti ne abbiamo qualcuno. Sul problema colesterolo come causa di aterosclerosi se fai una ricerca in medline trovi che esistono pareri discordanti. Ho fatto una ricerca veloce e trovo un articolo completo che lo illustra e riporto. Il problema sembrerebbe (uso il condizionale) post hoc ergo propter hoc cioè ci sia un fattore a monte del colesterolo ed il colesterolo sia un effetto e
non una causa. Ovviamente le mie sono argomentazioni dettate da dubbi che mi sono posto e da segugio cerco le informazioni che mi servono. Tutto qui. Se qualcuno è in grado di dimostrare come stanno effettivamente le cose ne saremmo tutti contenti.”



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Il dottor Pensa: “Il discorso sarebbe lungo ed articolato, non siamo certo noi i primi a prenderlo in considerazione, non saremo neppure gli ultimi. Che non esista un rapporto diretto fra livelli di colesterolo, aterosclerosi e,
soprattutto, eventi cardiovascolari, è cosa nota da tempo. Ricordo un articolo pubblicato credo ormai vent'anni fa su NEJM da Maseri intitolato " l'altra faccia della luna" che prendeva proprio spunto dal fatto che molti degli eventi coronarici si verificano in soggetti con valori di colesterolo non particolarmente elevati e talora anche senza i fattori di rischio classici per malatte cardiovascolari. Sempre sul NEJM sono usciti nell'arco di pochi anni due messe a punto sull'aterosclerosi e sui rapporti aterosclerosi-infiammazione, ad indicare che l'argomento suscita un grande interesse. Gli stessi effetti delle statine sulla riduzione degli eventi tanto in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria sembrano essere più legati agli effetti pleiotropici, in particolare la stabilizzazione della placca che all'effetto ipocolesterolemizzante in se. E' verosimile che livelli molto alti di colesterolo come si verifica nelle ipercolesterolemie famigliari omozigoti possano rappresentare, per l'effetto "endoteliotossico" delle LDL il primum movens dell'aterogenesi, mentre livelli meno elevati hanno la necessità di cofattori per innescare la cascata degli eventi che porta alla formazione della placca (è una mia idea, confutabilissima). Tuttavia quando la placca è già presente, anche livelli di colesterolo non particolarmente alti, LDL diverse dalle fisiologiche come le piccole e dense del diabetico, possono rendere la placca instabile o essere causa di disfunzione endoteliale. Il problema è ora capire (per dare piu o meno importanza pratica ai livelli di colesterolo) chi ha già placche e chi no: i soggetti oltre i 18 anni se maschi e 30 se femmine è verosimile possano presentare lesioni ateromatose (dall'ispessimento intimale a placche conclamate: il vecchio studio sui soldati americani morti in Corea docet) e pertanto possono giovarsi di programmi terapeutici per ridurre i livelli di LDL, anche se è ovvio che trattare semplicemente il colesterolo alto e non modificare gli altri fattori di rischio cardiovascolare noti è assolutamente un non senso..."




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