La doxazosina è meno efficace nelle patologie cardiovascolari
Categoria : cardiovascolare
Data : 30 settembre 2000
Autore : admin
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E' stato interrotto prematuramente un braccio dello studio ALLHAT (Antihypertensive and Lipid Lowering treatment to prevent Heart Attack Trial) in quanto uno dei farmaci testati, la doxazosina, si è dimostrato meno efficace della terapia tradizionale di confronto (mediante diuretici) nel ridurre alcune patologie cardiovascolari. La decisione è stata presa in base all'evidenza che in una percentuale significativamente maggiore di pazienti del gruppo doxazosina insorgeva insufficienza cardiaca congestizia (che era un end point secondario) ed alla considerazione che la doxazosina appariva meno efficace del clortalidone nella prevenzione della malattia coronarica (end point principale). Lo studio ALLHAT ha portato ad arruolare oltre 40.000 pazienti. Per definizione, tutti i farmaci antipertensivi abbassano la pressione e si ritiene che tale riduzione di per sè riduca morbilità e mortalità, e che tale riduzione di eventi avversi non sia correlata, o lo sia scarsamente, al meccanismo attraverso cui la pressione viene ridotta. Questo concetto del primato dell'abbassamento della pressione è stato rassicurante per i medici e per le autorità sanitarie, e finora la riduzione della pressione è stata ritenuta una prova sufficiente di efficacia per qualsiasi nuovo farmaco antipertensivo. I bloccanti post-sinaptici o gli alfa-litici periferici sono usati da oltre due decenni nel trattamento dell'ipertensione, eppure solo ora è stato evidenziato che un componente di questa classe produce un beneficio inferiore a quello di un diuretico. E' stato ben documentato che gli alfa-litici esercitano un effetto benefico sulla sindrome metabolica dell'ipertensione, determinando in particolare una riduzione dell'insulino-resistenza. E, tra tutti i farmaci antipertensivi, la doxazosina si è dimostrata di fatto quello dotato dell'effetto più intenso sull'insulino-resistenza. Al contrario, i diuretici aumentano la resistenza all'insulina. Pertanto, si è molto sperato che la doxazosina, in aggiunta ai benefici conseguenti alla riduzione pressoria, potesse migliorare anche i fattori di rischio metabolico correlati alla malattia cardiovascolare ipertensiva, dimostrandosi per questo di particolare utilità, o almeno più efficace dei diuretici nel prevenire la malattia coronarica. La decisione del Data Safety Monitoring Board dell'ALLHAT indica evidentemente che non è così. Questo organismo ha invece constatato che la terapia diuretica a basso dosaggio offre complessivamente più benefici cardiovascolari della doxazosina. Lo studio ALLHAT non ha evidenziato alcuna differenza tra i due gruppi relativamente alla pressione diastolica, mentre è emersa una differenza di 3 mmHg nella pressione sistolica, il che non dovrebbe giustificare l'aumento dello scompenso cardiaco, ma potrebbe spiegare perché i soggetti trattati con doxazosina presentavano un 25% in più di eventi cardiovascolari rispetto ai pazienti trattati con clortalidone. La minore differenza nella pressione arteriosa indica che le modificazioni indotte dal farmaco sulla resistenza all'insulina e sulla dislipoproteinemia non sono clinicamente rilevanti, o che un potente fattore di rischio ancora sconosciuto, associato alla terapia con doxazosina, si contrappone all'effetto benefico correlato alla diminuzione pressoria e al miglioramento dell'insulino-resistenza, o che i diuretici offrono alcuni benefici cardiovascolari indipendentemente dal loro effetto antipertensivo. Ora le linee guida dovranno essere riprese in considerazione, per il semplice fatto che la doxazosina, o l'intera classe degli alfa-litici, non potranno ancora essere classificati tra i farmaci antipertensivi di prima scelta. Si potrà ancora utilizzare tale farmaco per la remissione dei sintomi in pazienti con nicturia secondaria ad iperplasia prostatica, anche se probabilmente è da evitarsi in pazienti con scompenso cardiaco congestizio manifesto o latente. DZ. Fonte: F.H. Messerli: Lancet (355:863-864)
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