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Prevenire è meglio che curare?

Data : 31 gennaio 2007
Autore : G.Ressa

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Lo studio è appena stato chiuso all’accesso dei pazienti, un’altra faticosa giornata si è conclusa, il dottor Pensa sta studiando degli esami portati dai suoi assistiti quando, improvvisamente e senza bussare, entra in camera la dottoressa Saputella, aggiustandosi la camicetta e, dietro di lei, il dottor Sonda, “Abbiamo fatto…...e ce ne andiamo!” esclamano congiuntamente.

Il dottor Pensa, scuro in volto, pensa che non ha più speranze di accalappiare i favori della giovane e formosa collega la quale, da troppo tempo, rifiuta una offerta di cenetta romantica con il grigio cinquantenne preferendo la compagnia del rampante trentennne.

“Ah, bene bene !”, esordisce il dottor Pensa con fare allusivo. “Un momento, ma che ti viene in mente !” reagisce stizzita la paciosa specializzanda, assieme al dottor Sonda, “Ma che succede?”, irrompe in sala in dottor Ebiemme, attratto dal trambusto.



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“Succede che Sonda mi ha fatto una bella ecografia mammaria“
“E perche’ mai ?” ribatte il dottor Pensa
“Ma sai, come screening per il tumore ci sta bene” ribatte la dottoressa Saputella.
“Anch’io mi sono fatto, di recente, un bel PSA” rilancia il dottor Ebiemme “E io la mia annuale lastra la torace per le mie sigarette” chiosa il dottor Sonda, rimuovendo il gel dall’apparecchio con un pezzo del lenzuolino del lettino.

“Ragazzi!”, sbotta il dottor Pensa, “ma che caspita state facendo!”
“Ma come ?”, ribattono, in coro, i colleghi di studio “non ci dire che neanche gli screening ti stanno bene!”
“Che intendete per screening , augusti colleghi ?” chiede il dottor Pensa con sorriso sardonico.
“Una procedura che mi permette di sapere in tempo se ho un malattia grave come il cancro” ribatte la dottoressa Saputella, alquanto stupita dell’uscita del cinquantenne dottor Pensa, decano dello studio, oltre che titolare dell’affitto.

“Dopo di che me lo tolgo e salvo la pelle oppure, male che va, aumento la mia sopravvivenza !”, aggiunge il dottor Sonda, smanioso di dimostrare ancora una volta l’importanza degli esami strumentali allo scettico dottor Pensa, coadiuvato, in questo, dai farfugliamenti del dottor Ebiemme il quale comincia a selezionare gli algoritmi appositi.



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“Fosse cosi’, sarebbe tutto così semplice”, afferma, rassegnato e un po’ stizzito, il dottor Pensa.
“E’ vero che il razionale dello screening oncologico si basa sulla presunzione che scoprire anticipatamente un tumore dia più possibilità di trattarlo. In realtà per alcune neoplasie (per esempio i tumori prostatici) lo screening porta solo ad una anticipazione della diagnosi ma non ad un reale beneficio in termini di riduzione della mortalità ed è di questa che dobbiamo parlare, sulla sopravvivenza bisognerebbe intendersi !”

“Mah !”, sbotta Ebiemme “anche campare qualche anno di più non mi dispiacerebbe!”

Il dottor Pensa, sempre più stizzito “Su questo dobbiamo spiegarci bene e, per farlo, dobbiamo pensare alle particolari caratteristiche evolutive di alcuni tumori, cioe’ alla loro storia naturale, in alcuni casi, infatti, scoprirli in una fase preclinica precoce (anche di alcuni anni) è ininfluente sulla prognosi.
Un esempio servirà a chiarire questo aspetto: supponiamo che un certo tipo di tumore si sviluppi all'età di 50 anni e che le sue caratteristiche evolutive siano tali per cui metastatizza subito, quando è ancora di dimensioni ridotte, per sue peculiarità intrinseche. Supponiamo ancora che queste metastasi rimangano nascoste e asintomatiche per 15 anni e poi comincino a svilupparsi autonomamente e portino al decesso del paziente dopo 5 anni. Un paziente che si sottopone allo screening avrà una diagnosi precoce, per esempio gli sarà scoperto il tumore a 58 anni, le metastasi diventeranno clinicamente evidenti a 65 anni e la morte avverrà a 70 anni.
Al contrario, in un paziente che non si sottopone allo screening la diagnosi avverrà più tardivamente, per esempio a 61 anni, le metastasi si renderanno evidenti a 65 anni e la morte avverrà sempre a 70 anni.



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In questo ipotetico caso lo screening non avrà portato alcun reale beneficio, anzi renderà prima consapevole il paziente di avere una neoplasia. Se però qualcuno giudicasse la sopravvivenza dal momento della diagnosi potrebbe erroneamente pensare che lo screening è efficace perché nel primo caso il paziente, dopo la diagnosi, vive 12 anni, nel secondo caso ne vive 9.
Per questo che una pratica di screening, per essere accettata come efficace, dovrebbe dimostrare di ridurre la mortalità specifica per quel tipo di tumore”.

Il dottor Pensa, aggrottando le sopracciglia, conclude “Aggiungo che non serve, anzi è dannosa, la diagnosi precoce di una malattia che non può essere curata o guarita”.

Il dottor Ebiemme interviene, leggendo gli appunti del suo faldone di linee guida e algoritmi “Gli screening oncologici per i quali l’efficacia è sufficientemente provata, ma non senza controversie residue, riguardano il cervicocarcinoma, il tumore della mammella e il tumore del colon retto”

“Ma anche qui i soggetti a cui salviamo la pelle sono pochissimi rispetto alla massa enorme dei soggetti sottoposti a screening, questo le devi dire per competezza !”, interloquisce il dottor Pensa, oramai quasi paonazzo.

“E sì “, ammette sconsolato il dottor Ebiemme “i numeri sono molto bassi, persino nella mammografia, considerata da tutti il paradigma dell’esame di prevenzione, ogni 1000 donne screenate ogni 2 anni per 12 anni si risparmia solo un decesso da cancro della mammella “



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Lo stupore cala nella sala perché dei miti stanno crollando, la dottoressa Saputella è quasi in deliquio, ma il dottor Pensa, crudele e vendicativo, incalza “E poi devi anche dire che alcuni degli studi eseguiti finora hanno dimostrato che alcune pratiche di screening riducono la mortalità specifica (cioè la mortalità dovuta a quel tipo di tumore) ma non intaccano la mortalità totale. Come mai?

Una delle ipotesi è che negli studi si verifichi una errata attribuzione delle cause di morte: può succedere che nel gruppo non sottoposto allo screening decessi dovuti a cause diverse vengono attribuiti al tumore mentre nel gruppo screenato decessi dovuti a complicanze della terapia o del trattamento (infezioni, embolie polmonari post-chirurgiche, complicanze da chemioterapia) non vengano attribuiti alla neoplasia ma classificati in altro modo.

Si realizza quindi una divaricazione per cui alla riduzione della mortalità specifica non corrisponde una riduzione della mortalità totale.
Secondo alcuni autori una riduzione nella mortalità cancro-specifica non dovrebbe essere considerata una prova forte di efficacia quando la mortalità totale è la stessa o più alta nel gruppo screenato”

Il dottor Ebiemme legge un foglio dei tanti presenti nelle sue mani “Uno screening, infatti, può produrre anche effetti collaterali, infatti, come tutti gli esami, anche quelli usati per gli screening hanno una certa percentuale di falsi positivi e di falsi negativi.
Il problema degli screening si incentra proprio sulla gestione dei pazienti falsamente positivi, essi, pur non avendone bisogno, andranno a sottoporsi ad ulteriori accertamenti, alcuni anche cruenti e non esenti da rischi (ad esempio interventi chirurgici o procedure diagnostiche invasive) avranno sofferenze psicologiche e si sentiranno per anni falsamente "a rischio" o "in pericolo".
Nel caso di falsi negativi, al contrario, la negatività del test porterà ad una falsa sicurezza con il rischio che il paziente mantenga abitudini di vita scorrette (per esempio continui a fumare) e talora anche a ritardi diagnostici successivi”

“Insomma, amici miei, come vedete le cose sono molto piu’ complesse di quello che la medicina dagli effetti speciali vuol far credere !”




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