Accertamenti di paternita' mediante esame del DNA
Categoria : medicina_legale
Data : 30 ottobre 2002
Autore : admin
Intestazione :
Testo :
A causa della notevole pubblicita' che e' stata data recentemente ai problemi di filiazione e di fecondazione, un nuovo impulso e' nato circa l'accertamento dei rapporti parentali, gravidi di importanti conseguenze dal punto di vista legale, finanziario, ereditario. I progressi scientifici hanno fatto si’ che i test di accertamento di paternita' siano rmai alla portata di quasi tutti i laboratori di analisi, i quali offrono questo servizio come una comune analisi ematologica. In realta' l'esame di accertamento di paternita' e' particolarmente complesso e necessita di competenze particolari. In cosa consiste l’ esame? Si tratta, fondamentalmente, di un esame del sangue che tende ad accertare, mediante il confronto di marcatori geneticamente trasmessi, di un rapporto parentale (generalmente padre-figlio) tra due soggetti. Inizialmente (si parla degli anni ’20) gli unici marcatori conosciuti erano quelli del sitema ABO. A questo si aggiunse il sistema MNSs e, negli anni ’40 il sistema RH. Questi marcatori, esprimendo solo una manifestazione fenotipica avevano pero’ una capacita’ discriminatoria piuttosto modesta e offrivano risultati sovente ambigui e di difficile interpretazione. Venne introdotto poi il sistema HLA, legato agli antigeni leucocitari, dotato di elevato potere discriminatorio e, alla fine degli anni ’90, l’ esame diretto del DNA. Tale esame non consiste, come credono i profani, nell’ analizzare un frammento qualsiasi di DNA: la parte piu’ complicata e’ consistita invece proprio nell’ individuazione di quelle parti del cromosoma che, assendo variabili da individuo a individuo, fornissero un assetto tipico per ciarcuna persona, analogo a quanto si rileva nell’ esame delle impronte digitali (DNA fingerprint). La prima applicazione pratica in un test di paternita' giudiziario risale al 1985 in Inghilterra; da allora molti passi sono stati compiuti, con la scoperta di loci genetici sempre piu’ discriminativi (“minisatelliti” e “microsatelliti”) e con la scoperta di nuove tecniche analitiche. E’ stata fondamentale la scoperta di Mullis della reazione di DNA-Polimerasi (PCR) che consente di ottenere una elevata quantita’ di materiale genetico da quantita’ scarse di DNA. Le tecniche attuali, basate su confronto delle bande elettroforetiche del materiale ottenuto con tale tecnica, si e’ definitivamente affermata anche perche’ evita alcuni problemi propri delle tecniche precedenti, come l'impiego di sostanze radioattive, i lunghi tempi di attesa e le possibili difficolta' interpretative. Mentre i primi esami di paternita' si basavano su un esame di 4-5 marcatori al massimo, adesso e' normale effettuarne 10-12 o 15. L'elevato numero di marcatori e la loro distribuzione su diversi loci cromosomici garantiscono l'affidabilita' del risultato evitando errori che possono essere conseguenti a mutazioni o a delezioni cromosomiche. Attualmente sono in commercio dei kit che consentono l’ analisi di gruppi precostituiti di marcatori. Quali sono le sue indicazioni principali? Le indicazioni principali dell’ esame del DNA sono due: l’ identificazione personale da residui bilogici e l’ identificazione del rapporto parentale. Identificazione personale: assume rilievo soprattutto in ambito penale. Consente l’ identificazione dell’ autore di un delitto da residui organici anche minimi. L’ esame puo’ essere effettuato su qualsiasi materiale che abbia una componente cellulare da cui estrarre il DNA: sangue, sperma, bulbi piliferi, saliva, sudore. Il DNA conteunto in tali materiali puo’ degradarsi con diversa velocita’, a seconda delle condizioni ambientali (grado di umidita’, temperatura, inquinamento batterico ecc.) in un tempo che puo’ essere di poche ore o di pochi giorni nei casi piu’ sfavorevoli, puo’ rimanere analizzabile anche per molti anni se conservato in ambiente adatto. E’ intuibile percio’ come in certe evenienze (ad esempio nei casi di stupro) sia essenziale un tempestivo prelievo di tale materiale. Il materiale biologico surgelato puo’ essere conservato dal laboratoro per un numero indefinito di anni; a temperatura ambiente il materiale asciutto (per esempio una goccia di sangue raccolta su una carta asciugante) si conserva per periodi molto piu’ lunghi che se mantenuto in forma liquida. In caso di analisi su cadavere si puo’ ottenere materiale utile dall’ esame del midollo osseo, piu’ “riparato”, anche dopo anni. Accertamento parentale E’ l’ evenienza piu’ comune, con la tendenza a diventare routinario in seguito alle attuali leggi che conferiscono ai figli naturali gli stessi diritti ereditari e di mantenimento dei figli legittimi. L’ iter giudiziario prevede, attualmente, che l’ esame emetologico costituisca tappa pressoche’ obbligata, e divisa in due parti: prima il “disconoscimento” (l’ accertamento che il padre “ufficiale” non e’ quello biologico), poi il “riconoscimento” (l’ identificazione del vero padre. Oltre che per via giudiziaria le indagini di paternita’ possono essere chieste da privati per propria informazione e per valutazione preliminare anteriore alla causa in Tribunale. L’ effettuazione dell’ esame prevede il consenso di tutte le parti interessate, che potrebbero pero’ rifiutarsi. Non e’ infrequente, infatti, che la madre si rifiuti di fornire il proprio sangue e l’ accertamento venga effettuato su due soli individui. L'esame viene compiuto generalmente su materiale ematico raccolto in quantita' di pochi cc. in provette con anticoagulante. Nel caso di bambini piccoli e' possibile effettuare un prelievo di poche gocce di sangue su una carta asciugante, oppure un prelievo di saliva dalla mucosa buccale mediante tamponi sterili. La valutazione dei risultati: Le possibilita’ di errore: Le analisi basate sulla tipizzazione del DNA sono attualmente altamente attndibili, tuttavia non possono essere considerate esenti da errori. Oltre a banali errori umani (scambio di campioni, cattiva conservazione dei reperti) esiste una serie di fattori interferenti di cui occorre sempre tener conto: - E’ possibile che alcuni alleli non vengano evidenziati durante indagini effettuate tramite PCR (cosiddetti "alleli silenti"). Questo fenomeno si verifica soprattutto nell’ analisi di alcuni sistemi aventi una differenza sostanziale del peso molecolare tra i due alleli. Puo’ allora verificarsi la mancata amplificazione dell’ allele pesante con possibilita’ che ne conseguano erronee esclusioni di paternita’. Sono pero’ ben noti i sistemi che possono produrre tale fenomeno, per cui l’ operatore esperto ne puo’ tener conto, verificando con altri metodi. - Possono verificarsi mutazioni genetiche: E’ stato riscontrato che le mutazioni ricorrono nei microsatelliti con una frequenza media abbastanza elevata , di una mutazione ogni 1000-10000 meiosi. Puo’ quindi essere lecito il dubbio, in caso che un solo marcatore risulti incompatibile, di un errore dovuto appunto ad una mutazione. Eccezionalmente anche le incompatibilita’ di due marcatori possono offrire il fianco a questa critica. In questi casi e’ posibile effettuare il controllo con altri marcatori, in numero adeguato, in modo da poter confermare la paternita' biologica. In caso si riscontri un’ unica incompatibilita’, quindi, questa viene ad essere considerata come un fattore di diminuzione di probabilita’ piuttosto che come perentoria esclusione. 1) Incompatibilita’ genetica: non e’ padre biologico Ogni figlio presenta, per ogni locus genetico esaminato, due alleli, dei quali uno sara' di provenienza materna e uno di provenienza paterna. Dato che sulla madre esistono raramente discussioni, vengono dapprima scorporati gli alleli di provenienza materna e viene poi verificata la compatibilita' degli alleli rimasti con quelli di origine paterna. La presenza nel figlio di polimorfismi genetici incompatibili (secondo la legge di Mendel) con quelli del presunto padre puo’ far escludere con certezza un rapporto di paternita’. E’ stato superato il problema dei vecchi marcatori basati sui polimorfismi enzimatici, allorche’ le esclusioni non erano quasi mai perentorie ma andavano valutate anch’ esse con criterio probabilistico. L'esame diretto del DNA invece permette una esclusione netta e sicura con poche probabilita' di errore dovute agli inconvenienti sopradescritti, che pero' sono ben conosciuti dagli operatori del settore. 2) Compatibilita’ genetica. Valutazione delle probabilita’: Qualora venga evidenziata la compatibilita' di tutti i marcatori, o si sia verificata una “falsa” incompatibilita’ dovuta ai fattori sopradetti, occorre dare un peso statistico a questo risultato. Sono stati studiati e raccolti in banche-dati gli indici statistici che indicano, in sostanza, la diffusione dei polimorfismi genetici nella popolazione generale. Questi dati servono per la base di calcoli successivi, abbastanza complessi. Viene utilizzato di solito, nella pratica, il cosiddetto "indice di paternita'" oppure il termine di “probabilita' di paternita'”. Questa probabilita’ viene espressa generalmente, nella pratica corrente, in forma percentuale. Piu’ alto e’ il numero di marcatori compatibili, piu’ alta sara’ tale probabilita’. La tecnica di calcolo, di tipo statistico esprimente un’ approssimazione all’ infinito, non permette mai di poter esprimere una probabilita’ del 100%, e questo residuo margine di incertezza puo’ costituire fonte di frustrazione per gli interessati. Occorre tener presente che l’ indice di probabilita’, al di sopra di certi valori, viene ad essere praticamente equivalente ad una certezza, con un criterio analogo a quello usato nel caso delle impronte digitali, in quanto la probabilita’ contraria (se si eccettuano casi particolarissimi di popolazioni estremamente ristrette e con pool genetico molto condiviso) vengono essere cosi’ basse da non potersi ipotizzare una coincidenza. Non esiste in Italia una norma precisa che stabilisca la soglia oltre la quale una probabilita' di paternita' sia da considerare equivalente a una "pratica certezza": si fa riferimento in genere alle legislazioni di altri paesi europei come la Germania (che ha stabilito un limite del 99,72%), o ai Paesi Bassi, i piu' severi, che hanno stabilito un limite del 99,90%. Non e' infrequente, con le tecniche odierne e con l'alta capacita' discriminatoria degli alleli presi in esame, raggiungere probabilita' anche piu' elevate del 99,99%. Casi particolari -E' possibile esaminare un rapporto parentale anche in assenza della madre, con un confronto diretto tra padre e figlio. Questo impone ovviamente l'esame di un numero molto elevato di marcatori, ma consente spesso risultati molto soddisfacenti sia in termini di riconoscimento che di disconoscimento. -Qualora il genotipo di un componente della famiglia (la madre, ad esempio) non possa essere esaminato direttamente, esso puo' essere ricostruito, in alcuni casi, esaminando la cerchia parentale consanguinea e ricostruendo da questa il suo patrimonio genetico Modalita’ pratiche: Data la diffusione dei kit di analisi (che non richiedono piu’ l’ uso di strumentazione molto complessa) molti laboratori hanno introdotto tali indagini nella loro offerta al pubblico. E’ utile pero’ che ci si rivolga a Centri che abbiano reale competenza in materia, in modo da poter valutare la possibilita’ di mutazioni, di alleli silenti o altre cause di errore. Generalmente tali centri sono ubicati presso Universita’, grandi ospedali, laboratori privati di alto livello. Solo pochi centri possono servirsi (per il costo elevato) di particolari apparecchi (come il sequenziatore) che facilitano le indagini minimizzando il rischio di errore interpretativo. Il referto non deve contenere solo il giudizio “sintetico” di paternita’ o non-paternita’ ma deve riportare la costellazione di marcatori esaminati e la percentuale di probabilita’ calcolata. L’ analisi del DNA e’ molto costosa ed e’ effettuabile soltanto in regime privato: i prezzi apparivano, fino a pochi anni fa quasi proibitivi (parecchi milioni in lire attuali). Attualmente sono molto diminuiti ma la necessita’ di personale altamente specializzato e di apparecchi sofisticati li mantengono abbastanza elevati (due-tre milioni di lire). Daniele Zamperini Occhio Clinico n. 2 pag. 30-31, 2002
|