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Tutti insieme contro il favismo

Categoria : professione
Data : 09 giugno 2005
Autore : admin

Intestazione :

Tutti insieme contro il favismo", questo il titolo dell'opuscolo che l'Associazione Nazionale per la lotta contro la malattia emolitica da deficit di G6PD (ALCMED), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, l’Università di Genova e l’Ospedale San Francesco di Nuoro, ha realizzato e intende distribuire a tutti i cittadini.



Testo :

Il deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è una malattia ereditaria, a carattere recessivo, legata a diverse forme di anemia emolitica, comunemente di natura benigna. I globuli rossi carenti di G6PD, in presenza di agenti ossidanti a concentrazioni elevate, non sono in grado di produrre quantità adeguate di NADPH e GSH e vanno incontro a lisi precoce. La carenza ereditaria di enzima comunemente è molto pronunciata, ma non sono descritti deficit totali. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi, in condizioni fisiologiche stazionarie, anche i globuli rossi carenti dispongono di quantità di NADPH e GSH sufficienti a garantire loro una sopravvivenza normale. Le manifestazioni cliniche più comuni sono l’anemia emolitica acuta a carattere episodico e l’ittero neonatale. Raramente si osserva anemia emolitica cronica non sferocitica (AECNS). Le zone endemiche per il favismo in Italia erano la Sardegna, l'Italia Meridionale ed il Delta del Po. Anche se la malattia era conosciuta fin dall'antichità una più precisa cognizione si ebbe in occasione della guerra di Corea allorquando alcuni soldati trattati con farmaci per prevenire la malaria presentarono anemia emolitica. Nel 1956 che si scoprì che i soggetti predisposti hanno una carenza ereditaria più o meno grave, mai completa, dell'enzima glucoso 6-fosfato deidrogenasi (G6PD), un enzima che controlla lo stato redox delle cellule. Nei soggetti geneticamente carenti, residua comunque un'attività di G6PD sufficiente per le esigenze della maggior parte delle cellule. A livello molecolare il G6PD è indispensabile per la rigenerazione del NADPH, un coenzima essenziale per la riparazione delle conseguenze dello stress ossidativo. In condizioni di assenza di esposizione ad agenti ossidanti nei globuli rossi dei soggetti carenti di G6PD c'è un basso rapporto tra NADPH/NADP+ e dunque la via metabolica dell'esoso monofosfato opera al massimo livello per compensare la carenza di G6PD. A seguito di esposizione ad agente ossidante si assiste ad una riduzione del rapporto NADPH/NADP+ e del glutatione ridotto. Nei globuli rossi manca la catena dell'acido citrico e nei soggetti carenti essi sono normali in condizioni basali, ma se esposti ad uno stress ossidativo il livello ridotto di G6PD non riesce ad impedirne la lisi. Il meccanismo di emolisi del globulo rosso con deficit di G6PD non è completamente noto, ma sono stati dimostrati alcuni effetti irreversibili del danno ossidativo, a livello della membrana cellulare, che favoriscono il sequestro splenico e la lisi intravasale: a) precipitazione di emoglobina denaturata sulla membrana, b) modificazioni della fluidità e dell’elasticità della membrana nonché delle sue caratteristiche immunologiche; c) frammentazione e polimerizzazione delle proteine di membrana; d) alterazione dei siti di giunzione della trama proteica del membrano-scheletro. Lo stress ossidativo può essere causato da infezioni, farmaci e naturalmente dalle fave le quali contengono glucosidi che, una volta idrolizzati nell'intestino, liberano sostanze ossidanti (vicina e isouramile). Il favismo è dunque un tipico esempio di malattia prodotta dall' interazione tra un fattore genetico (enzimopenia di G6PD) ed uno ambientale (agente ossidante). Pertanto si eredita la carenza di G6PD, ossia la predisposizione al favismo. Molti soggetti con carenza di G6PD non sapranno mai di averla e non avranno mai favismo. Il gene della G6PD è localizzato sul cromosoma X, ma a differenza dell'emofilia, paradigma di malattia ereditaria legata al sesso, le donne eterozigoti per G6PD non sono semplici portatrici in quanto, per effetto dell'inattivazione del cromosoma X, metà dei loro globuli rossi sono G6PD-carenti e dunque esse possono avere il favismo, anche se gli attacchi sono di solito più lievi che nei maschi. Fino ad oggi sono state descritte più di 400 varianti biochimiche, classificate in base al livello di attività enzimatica residua e alle manifestazioni cliniche. L’analisi molecolare del gene G6PD ha consentito l’identificazione di solo 130 mutazioni associate alla malattia, suggerendo una eterogeneità molecolare inferiore a quanto atteso dall’analisi biochimica. Le varianti G6PD Mediterranea (563 C>T), A-, (202 G>A; 376 A>G) Seattle (844 G>C) e Union (1160 C>T) si sono rivelate essere le più comuni in Italia e anche nel bacino Mediterraneo. Tra i farmaci di uso comune quelli che comportano rischio certo di attacco emolitico sono: Dapsone, Blu di metilene, Nitrofurantoina, Primachina, ciprofloxacina, norfloxacina, ofloxacina, acido nalidixico, cotrimoxazolo; mentre quelli che comportano un possibile rischio di attacco emolitico sono: aspirina ad alte dosi, clorochina, menadione, probenecid, chinidina. Il favismo, soprattutto in forma grave, è prevalentemente una malattia dei bambini. In alcuni casi l'anemizzazione può essere drammatica per la sua rapidità (caduta di emoglobina nel giro di 24 ore fino a livelli di 4 G/dl). Nell'adulto l'attacco è clinicamente più lieve e di solito non richiede trasfusioni. L'emoglobinuria massiva, può produrre insufficienza renale acuta, ma raramente necessita dialisi. Il recupero della funzione renale è solitamente completo. L'attacco, se si risolve, non lascia postumi. L' enzimopenia G6PD è molto diffusa: si calcola infatti che vi siano nel mondo più di 400 milione di persone sia carente ed il gene predisponente al favismo sarebbe presente nell'1-3% della popolazione in Italia Meridionale, nel 15% in Sardegna, nel 30% in zone dell'Africa tropicale, ed addirittura nell 50% nel Nord-Est della Tailandia. Queste parti del mondo, così lontane tra loro, hanno qualcosa in comune: sono o sono state infestate dalla malaria. I globuli rossi G6PD-enzimopenici sono assai meno idonei di quelli normali a sostenere la crescita del Plasmodium falciparum in quanto sono più sensibili al perossido di idrogeno prodotto dal parassita e la perdita di potassio che si origina è principalmente responsabile della morte del parassita medesimo. Di conseguenza, i soggetti con carenza di G6PD hanno un rischio diminuito di mortalità per malaria. Il Plasmodio falciparum, ha agito selettivamente contro i soggetti normali e pertanto sono sopravvissuti più soggetti G6PD-enzimopenici.

Fonte: Luzzatto L. Interventi 8-6-2005; sito FNOMCeo http://portale.fnomceo.it

Convegno su deficit di G6PD 16 dicembre 2004; ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

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Commento di Luca Puccetti
La conoscenza limita i rischi. Quante volte nella pratica clinica può capitare di prescrivere farmaci potenzialmente pericolosi se somministrati ad un favico, pensiamo agli antibiotici chinolonici, alla clorochina (prevenzione malaria in soggetto che si reca all'estero), al cotrimossazolo, all' aspirina. Che cosa dovremo fare in tali casi? Considerata la natura benigna della malattia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di effettuare lo screening sistematico nella popolazione maschile soltanto nelle regioni con frequenza del difetto enzimatico superiore al 3%. Come abbiamo visto non sempre l'anamnesi aiuta, anche se dobbiamo sempre ricordarci di effettuarla, tuttavia quanti nella bagarre di un ambulatorio affollato chiedono ad un paziente che debba fare profillassi o terapia con clorochina o debba essere trattato con chinolonici se in famiglia qualcuno soffre di favismo, o più genericamente di anemia da farmaci? Ed allora che fare ? Effettuare preventivamente il test per dosare il G6PD nei globuli rossi a tutti coloro che devono essere trattati con farmaci potenzialmente rischiosi ? Non pare una via praticabile e dunque l'unica strada è quella di cercare di effettuare un'anamnesi appropriata specie se si opera in zone a maggior diffusione dell'enzimopatia o se ci si trova innanzi ad un soggetto proveniente da aree a rischio e tale possibilità è oggi molto elevata a seguito della massiccia immigrazione dall'Africa. E' praticabile informare tutti i soggetti cui vengono prescritti tali farmaci di recarsi subito in ospedale se compaiono ittero, urine colorate giallo arancione e febbre dopo assunzione del farmaco? Anche tale ipotesi sembra poco percorribile...rimane l'anamnesi!



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