Nel diabetico con scompenso cardiaco meglio la metformina
Categoria : metabolismo
Data : 10 ottobre 2005
Autore : admin
Intestazione :
Nel diabetico con scompenso cardiaco la metformina può essere preferibile alle sulfoniluree.
Testo :
Generalmente si ritiene che la metformina sia controindicata nei diabetici con concomitante scompenso cardiaco perchè si teme che in questi pazienti possa essere aumentato il rischio di acidosi lattica. Tuttavia alcuni ricercatori canadesi, partendo dall'osservazione che in molti studi osservazionali non c'era alcuna associazione tra livelli di metformina e lattato in pazienti che avevano sviluppato un' acidosi lattica, hanno ipotizzato che la metformina non sia l'agente causale di questa complicazione ma un semplice testimone. Hanno usato quindi il database sanitario del Saskatchewan per identificare 12.272 nuovi utilizzatori di antidiabetici orali dal 1991 al 1996. Di questi, 1.833 svilupparono uno scompenso cardiaco: 208 erano in monoterapia con metformina, 773 con sulfonilurea e 852 assumevano l'associazione metformina + sulfonilurea. L'età media dei pazienti era di 72 anni, il 57% uomini, e il follow-up medio di 2,5±2 anni da quando si sviluppò lo scompenso. Si ebbero 404 decessi (52%) nel gruppo che assumeva solo solfonilurea, 69 decessi (33%) nel gruppo che assumeva solo metformina (HR 0,70; IC95% 0,54-0,91) e 263 (31%) nel gruppo in terapia con l'associazione (HR rispetto alla sola sulfonilurea 0,61; IC95% 0,52-0,72). Si evidenziò anche un ridotto rischio di morte ed ospedalizzazione per la monoterapia con metformina (HR 0,83; IC9% 0,70-0,99) e per la terapia di associazione (HR 0,86; IC95% 0,77-0,96) rispetto alla monoterapia con sulfonilurea. Gli autori concludono che la metformina, da sola o in associazione con sulfonilurea, nei pazienti con diabete tipo 2 e scompenso cardiaco, è associata ad una più bassa mortalità e morbidità rispetto alla monoterapia con sulfonilurea. La metformina appare dunque, almeno secondo i dati dello studio, essere sicura in questa popolazione di pazienti fragili.
Fonte: Diabetes Care. 2005;28:2345-2351
Commento di Renato Rossi
I risultati del più importante studio sul diabete tipo 2, lo studio UKPDS, mostrano chiaramente che tra i vari trattamenti, solo la metformina era in grado di ridurre la mortalità totale mentre questo effetto non era evidente per le sulfoniluree e per l'insulina [1,2]. Recentemente è stato pubblicato uno studio randomizzato e controllato, il PROACTIVE [3], in cui il pioglitazone ha ridotto alcuni end-point secondari ma ha avuto un impatto nullo sull'end-primario, che è quello sul quale viene calcolata la potenza statistica dello studio e sul quale si dovrebbe perciò basare il giudizio nel valutare l'esito di un trial. Nei pazienti con diabete tipo 2 e scompenso cardiaco la terapia consigliata dalle linee guida è una sulfonilurea mentre si ritiene che la metformina sia una scelta non sicura. D'altro canto i glitazoni, proprio nello scompenso cardiaco, sono controindicati [4]. Lo studio citato in questa pillola mostra che la sulfonilurea da sola è inferiore alla metformina ed alla terapia di associazione in termini di mortalità totale anche se non c'era differenza tra le tre opzioni per le ospedalizzazioni, la mortalità correlata al diabete e la mortalità cardiovascolare. Questi dati sono in parte in accordo, in parte in contrasto con i risultati dell'UKPDS, nel quale l'associazione sulfonilurea/metformina aveva prodotto outcomes peggiori. Su quest'ultimo aspetto molti commentatori, a suo tempo, avevano suggerito cautela, in attesa di ulteriori dati. In uno studio osservazionale retrospettivo successivo la metformina (da sola o con sulfonilurea) risultava associata ad una riduzione della mortalità rispetto alla monoterapia con sulfonilurea [5]. Bisogna notare che anche il lavoro canadese di Diabetes Care è di tipo osservazionale retrospettivo e che vi possono essere dei bias di selezione, non essendo randomizzato. Per esempio, i medici curanti, appunto in obbedienza alle linee che guida che considerano la metformina un farmaco potenzialmente pericoloso nello scompenso, potrebbero averlo scelto nei pazienti con malattia cardiaca più lieve e quindi a minor rischio di decesso? E' un'evenzienza possibile che non permette di considerare i dati dello studio immuni da critiche. In effetti non sono disponibili dati circa l'entità dello scompenso, e neppure circa il controllo glicemico e la funzionalità renale. E' arduo quindi dare dei suggerimenti e gli stessi autori ammettono che non è facile dire se i loro risultati debbano comportare automaticamente un uso più esteso della metformina nei diabetici con scompenso cardiaco oppure essere semplicemente uno stimolo per la progettazione di uno studio ad hoc di tipo controllato e randomizzato. Bibliografia 1. UK Prospective Diabetes Study (UKPDS 33). Lancet 1998;352:837-53. 2. UK Prospective Diabetes Study (UKPDS 34). Lancet 1998;352:854-65. 3. Lancet 2005 Oct 8; 366:1279-1289 4. AHA/ADA Consensus Satetement. Circulation 2003;108:2941 5. Johnson JA et al. Diabetes Care 2002;25:2244-2248
|